“Necessario invertire la rotta tralasciando di programmare provvidenze per i datori di lavoro (siano essi pubblici o privati) e attivandosi, invece, per programmare provvidenze per i cittadini in cerca di lavoro”
Bilardi (Grande Sud): “La disoccupazione è un’emergenza da affrontare”
“Necessario invertire la rotta tralasciando di programmare provvidenze per i datori di lavoro (siano essi pubblici o privati) e attivandosi, invece, per programmare provvidenze per i cittadini in cerca di lavoro”
Riceviamo e pubblichiamo:
Nella duplice qualità di genitore e di meridionale – prima che di parlamentare – registriamo i dati da “bollettino di guerra” che vengono periodicamente comunicati ai media riguardo alla disoccupazione italiana, meridionale e, tra di essi, calabrese, da parte degli organi istituzionali e degli istituti di rilevazione, persuadendoci che essi concorrono a creare un clima di sfiducia sia tra chi ha perso il lavoro – ed appartiene spesso alla fascia di difficile ricollocazione degli over 50 – sia tra chi – i giovani – con il lavoro non ha avuto ancora la fortuna di “farne la conoscenza”, oppure si trova a viverlo nella galassia del precariato. E se il Meridione e la Calabria sono sempre stati fornitori e apportatori di maggiori risorse di lavoro al Nord creando una valvola di sfogo per le aree del sud, oggi con la crisi economica, anche questo aspetto è cambiato determinando l’aumento, in Calabria, così come in altre regioni dell’Italia meridionale, del numero di giovani, di meno giovani, di espulsi dal mondo del lavoro, che rinunciano alla ricerca frustrante di un’occupazione che ovunque non c’è.
E’ nostra opinione che il circuito della frustrazione e della rabbia soggettiva per l’assenza di lavoro concorra negativamente – e non in termini minimali – alla utile riflessione operativa ed al “passare all’azione”; ciò determina uno sfavorevole impigrimento mentale e/o un “arrotolarsi su se stessi”. Riteniamo che l’equazione crudele rabbia & sfiducia (quest’ultima, talvolta assiduamente coltivata in una certa concezione e consuetudine di pensiero collettivo, inteso anche come comunicazione) determinino nell’immaginario la “condivisione di un medesimo destino” che diviene l’unico collante esistenziale.
Senza nulla voler togliere alle sacrosante prerogative dei media, delle istituzioni e degli istituti e senza alcuna volontà accusatoria verso i medesimi, va detto che questo benemerito clima di fiducia da ricercare, se certamente deve essere dote e qualità della classe politica, è pur vero che appare inaccessibile a causa di un apriorismo epocale e di un pensiero pubblico (e divulgato) che prende forma negativa e si connota negativamente spesso per un giudizio ed una biasimo di carattere politico e partitico dinanzi ad un problema che è di costituzione universale.
Ma il clima di sfiducia verso le istituzioni e la società politica derivante dall’assenza di offerte di lavoro assale anche le famiglie, che reagiscono con un ripiegamento su se stesse che ha risvolti sociali, comportamentali, economici, di equilibrio domestico, di volontà (oltre che capacità) di spesa e di consumi; in sintesi risvolti disgreganti (anche in termini di valutazione rappresentativa e/o di astensione dai diritti) che coinvolgono tra occupati, inattivi non garantiti ed inattivi salvaguardati per limite d’età l’intero nucleo familiare, determinando talvolta all’interno di esso un clima di qualunquismo reattivo che alla fine determina un clima sfavorevole alle attese soggettive, non propositivo, bellicoso verso le istituzioni, di rinuncia e di abdicazione.
Già dai primordi programmatici del governo Letta, “Grande Sud” ha evidenziato con forza l’ordinaria emergenza occupazionale del Paese e, segnatamente, del Mezzogiorno. Oggi “Grande Sud” si considera impegnato a sostenere interventi per l’occupazione che abbiano come indirizzo precipuo e peculiare i disoccupati, anziché le imprese e la pubblica amministrazione come avvenuto da qualche decennio fino ai giorni nostri. Ciò nella consapevolezza che si debba invertire la rotta – in alveo di ricerca di processi a sollievo della disoccupazione – tralasciando di programmare provvidenze per i datori di lavoro (siano essi pubblici o privati) e attivandosi, invece, per programmare provvidenze per i cittadini in cerca di lavoro.
Su tale determinazione “Grande Sud” vuole confrontarsi – in Parlamento e coi cittadini – nella consapevolezza che in tema di lavoro (e di diritti) troppo si è concesso al Privato ed al Pubblico con risultati che – fatto salvo lo scenario economico e finanziario intercontinentale – in Italia non hanno determinato quelle aspettative e quei volani auspicati. Provvidenze “in alternativa”, auspica “Grande Sud”, o per meglio dire “in alternanza”, nella consapevolezza che vada sostenuto “l’anello debole” del sistema occupazionale: il cittadino-lavoratore, in tutti i suoi gradi di espulso, di precario, di “candidato” al lavoro. Ed in quest’ottica “Grande Sud” considera interessante la cosiddetta “staffetta generazionale” se essa potrà esser modulata con eguali opportunità nel pubblico e nel privato e con trasparenti modalità finanziarie nel privato e nel pubblico, nonché con regole di accesso uniformi ed oneste in ambedue i comparti, per il tramite di un controllo consentito degli atti e di una incentivazione delle deliberazioni.
Questa augurabile staffetta generazionale, che non risolverà il problema occupazionale ma, oltre a divenire un importante sgravio contabile del fenomeno, determinerà una naturale e straordinaria rigenerazione professionale delle forze lavoro, avrà maggiore valenza e certezza del diritto se si salvaguarderanno gli ordinari aspetti contrattuali. Cioè se si modulerà in una filosofia di palingenesi dell’offerta di servizio e non nella mera ottica di una panacea emergenziale.
Va rilevato – e “Grande Sud” se ne fa carico con determinazione – che la staffetta generazionale non potrà essere l’unico (o peggio: l’immediato) sistema di iniziativa occupazionale, nella considerazione che non si possa escludere una fascia importante di attendenti al lavoro per assenza di requisiti, determinando così una dicotomia di un diritto ed un corporativismo normativo.
In verità tra le occasioni di avviamento al lavoro dipendente – ad opinione di noi di “Grande Sud” – vi deve essere l’inaugurazione di una grande stagione dei concorsi, al fine di restituire alla competizione ed alla meritocrazia l’acquisizione di una posizione professionale dipendente. I concorsi – in ossequio agli indirizzi privatistici del rapporto del lavoro – non possono (e non devono) più essere appannaggio della Pubblica Amministrazione, lasciando alle grandi aziende di interesse pubblico e di rilevanza nazionale per la categoria e l’importanza dell’offerta, dei servizi e delle forniture, lo scettro della discrezionalità nell’acquisizione della forza lavoro e fors’anche, in talune occasioni, l’uso disinvolto dell’interesse e dell’opportunità nelle assunzioni; mentre neppure si vuole prendere in considerazione l’esistenza di forme di ricatto verso le aziende in tema di assunzioni in determinate aree e contingenze.
Cosicchè auspichiamo un concorso sia del pubblico che del privato (inteso come aziende che nella prima repubblica venivano connotate col denominatore “a partecipazione statale”) alla stagione – trasparente – dei concorsi, che – incentivati e defiscalizzati – potranno riqualificare e rigenerare la forza-lavoro della Nazione innescando quei meccanismi di fiducia, di spesa e di capacità d’indebitamento che sono stati in un non lontanissimo novecento il motore di una capacità di crescita e di ricchezza travolgente (e diffusa) per le famiglie italiane.
Sen. Giovanni Bilardi
“Grande Sud”