Reggio Calabria ancora bistrattata dallo Stato
ApindustriaCalabria interviene sul trasferimento del Prefetto Piscitelli
Reggio Calabria ancora bistrattata dallo Stato
ApindustriaCalabria, Associazione delle PMI di Reggio Calabria, porge il benvenuto e l’augurio di un proficuo lavoro al Dr. Claudio Sammartino, nuovo Prefetto della città. Quello attuale, infatti, è un momento estremamente delicato per l’intero territorio reggino in termini di ripristino della legalità, di lotta alla criminalità organizzata, delle collusioni e delle interessenze della c.d. “zona grigia” e, soprattutto, degli ancora più nefasti consequenziali risvolti di assuefazione, demotivazione, disinteresse e sfiducia nelle Istituzioni da parte della popolazione, aggravati in misura esponenziale, altresì, dalla pesantissima crisi economico-finanziaria in cui essa versa. Confidiamo, pertanto, nell’attenzione che il nuovo Prefetto saprà attribuire alla Comunità reggina, al pari di chi lo ha preceduto.
Siamo, però, preoccupati dalle note di eminenti voci apparse sulla stampa di questi giorni che palesano strumentalizzazioni e sospetti in merito alla sostituzione del Dr. Piscitelli, precedente guida della Prefettura cittadina, stimatissimo in città per la professionalità dimostrata.
Senza voler entrare nel merito delle motivazioni che hanno determinato lo spostamento del Dr. Piscitelli da Reggio Calabria, che ci auguriamo avranno una loro ragion d’essere, certamente il risultato mediatico che ne è derivato è assolutamente deleterio – sostiene ApindustriaCalabria – pur nulla avendo da eccepire sul valore del Dr. Sammartino, con il quale, sin d’ora, ci scusiamo per l’incresciosa evidenza comunicativa in cui è stato incolpevolmente coinvolto.
Per quanto è dato capire, da quello che si legge, è una conseguenza logica accostare questo episodio di avvicendamento all’abbandono, se non alla rappresaglia, da parte dello Stato, cui viene costantemente lasciata l’intera Provincia: la percezione che se ne è avuta è che – continua ApindustriaCalabria -, mentre alcune Istituzioni combattono per fare emergere la legalità, il potere che decide, viceversa, d’imperio, continui a relegare Reggio a un ruolo di emarginazione. E’ inammissibile infatti che, al di là di quanto avvenuto in passato, in questo particolare contesto, oggi e negli ultimi anni, quando sarebbe stato necessario lasciare, e incutere quasi, serenità di giudizio e di pensiero, vengano viceversa rimosse figure di primo piano, cambiati in corso d’opera i protagonisti del diritto e lasciati vacanti per lungo tempo posti di primario rilievo in termini di sicurezza sociale. Aldilà di tutte le legittime possibili giustificazioni applicabili al caso, sembra sentirsi dire che per Reggio non c’è nulla, e che gli abitanti di Reggio sono talmente insignificanti che non meritano da parte di chi governa neanche l’attenzione di non indurli ad erronee interpretazioni dei fatti: non sono cittadini, ma solo servi della gleba. O si è voluto farlo con coscienza, o non si è pensato alle conseguenze che un simile provvedimento avrebbe comportato. In entrambi i casi, tanto risulta essere la dimostrazione dello scarso interesse al nostro territorio.
Da quello che si legge quasi quotidianamente, appare ormai acclarato che a Reggio, da tempo, graviti una diffusa, pur se latente e spesso marginale, illegalità, anche (o soprattutto ?) nella amministrazione della cosa pubblica. E il risultato, senza demagogia e mistificazioni, ma nella crudezza della realtà, è sotto gli occhi di tutti : Reggio è alla fame, e, cosa ancor più grave, Reggio è senza speranze, non ha la forza di reagire, accetta inerme gli eventi. Decenni di malagestione, di corruzione, di soprusi, anche istituzionalmente tollerati, se non addirittura avallati, hanno determinato il convincimento nella popolazione, tra gli imprenditori, tra i giovani, che il sistema dell’illegalità, privo di valori, sia quello vincente : o entri, accetti queste regole, a costo di cedere la tua dignità, e ne diventi schiavo, forse contento, o resti tagliato fuori dal “business” e dai tavoli “buoni” e se puoi, sopravvivi tappandoti il naso, e non alzando la testa. Oppure te ne vai.
L’illegalità si combatte, certamente, con la legge, con la sua corretta applicazione e con la certezza delle pene, che diano sicurezza e garantiscano la libertà, di pensiero in primis; con il lavoro, che dia dignità e contribuisca ad evitare la deviazione in negativo delle coscienze; ma si combatte anche con una adeguata comunicazione, diretta e indiretta, che incrementi la cultura del diritto e l’idem sentire di “res publica”. Eviti, dunque, il governo nazionale, di emettere provvedimenti senza valutarne preventivamente le conseguenze, ovvero, ove le valuti, di farlo con concretezza, oltre che con equità e giustizia. A meno che, ovviamente, il risultato ottenuto non ne costituisca il suo reale obiettivo. E di tanto, però, ne dovrà rispondere.