ROMA – Calabria sempre più povera in un Sud sempre più distante dal Nord. Il Rapporto Svimez inchioda ancora una volta quello che è un’Italia divisa e diseguale e dove nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) a testimonianza della permanente criticità dell’area.
“Il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa – si legge – negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%”. Nel periodo 2001-2014 il Sud fa inoltre molto peggio della Grecia. Dal 2001 al 2014 il tasso di crescita cumulato è stato + 15,7% in Germania, +21,4% in Spagna, + 16,3% in Francia. Negativa la Grecia, con -1,7%, ma mai quanto il Sud, che, con -9,4% tira giù al ribasso il dato nazionale (-1,1%), contro il +1,5% del Centro-Nord.
Il peggior andamento del Pil meridionale nel 2014 è dovuto soprattutto ad una più sfavorevole dinamica della domanda interna, sia per i consumi che per gli investimenti.
Anche gli andamenti di lungo periodo confermano un Paese spaccato e diseguale: negli anni di crisi 2008-2014 il Sud ha perso -13%, circa il doppio del pur importante -7,4% del Centro-Nord. Il divario di Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, tornando, con il 53,7%, ai livelli del 2000.
La crisi nel 2014 si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno in tutte quelle del Sud: a livello regionale nel 2014 segno negativo per quindici regioni italiane su venti; si distinguono soltanto le Marche quasi stazionarie (+0,1%), lo +0,3% dell’Emilia Romagna e del Trentino Alto Adige, +0,4% del Veneto. Miglior performance in assoluto a livello nazionale per il Friuli Venezia Giulia, +0,8%. Le regioni del Centro-Nord oscillano tra il -0,3% del Lazio e della Toscana e il -1-1% dell’Umbria.
Nel Mezzogiorno la forbice resta compresa tra il -0,2% della Calabria e il -1,7% dell’Abruzzo, fanalino di coda nazionale. In posizione intermedia la Basilicata (-0,7%), il Molise (-0,8%), la Campania (-1,2%). Giù anche la Sicilia (-1,3%), e Puglia e Sardegna, allineate a -1,6%.
Guardando agli anni della crisi, dal 2008 al 2014, anche se risultano negative tutte le regioni italiane, a eccezione dell’Umbria (-13,7%), delle Marche (-13%) e del Piemonte (-12%), le perdite più pesanti sono al Sud, con profonde difficoltà in Puglia (-12,6%), Sicilia (-13,7%), Campania (-14,4%). Situazione ancora più negativa in Basilicata (-16,3%) e Molise (-22,8%).
“In termini di pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi”, si legge nel rapporto Svimez. In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno.
Nel 2014 la regione più ricca è stato il Trentino Alto Adige, con 37.665 euro, seguito dalle Valle d’Aosta (36.183), dalla Lombardia (35.770), l’Emilia Romagna (33.107 euro) e il Lazio (30.750 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (22.927 euro); seguono la Sardegna (18.808), la Basilicata (18.230 euro), il Molise (18.222 euro), la Puglia (16.366), la Campania (16.335), la Sicilia (16.283). La regione più povera è proprio la Calabria, con 15.807 euro. Il divario tra la regione più ricca, il Trentino Alto Adige, e la più povera, la Calabria, è stato nel 2014 pari a quasi 22mila euro.