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Cinquefrondi, sindaci “ribelli” uniti per il Sud

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di Giuseppe Campisi

CINQUEFRONDI – Amministratori resistenti che, ribaltando la prospettiva del potere, hanno puntato tutto sulla gente che li ha eletti. E’ questo il messaggio venuto fuori dall’incontro tra Luigi De Magistris, Mimmo Lucano, Renato Accorinti e Michele Conia svoltosi nel contesto tematico di un sud che confronta le rispettive buone pratiche amministrative. Amministratori intenti a pensare al popolo più che alle poltrone senza l’ansia da prestazione dovuta ai consensi oppure impegnati a costruire un progetto-ponte assieme alle associazioni ed ai movimenti che li sostengono è stato il commento di Danilo Loria, coordinatore di Rinascita per Cinquefrondi e Federico Alagna di Cambiare Messina dal basso, che hanno introdotto il dibattito. Ma un invito a metterci la faccia, a puntare sul sud e stare accanto agli amministratori è venuto anche da Arcangela Galluzzo, assessora alla cultura al comune di Fiumicino e cinquefrondese d’origine, che ha voluto ricordare come «i sindaci non devono essere eroi» perché quando lo diventano «è perché sono lasciati soli».

Quindi le testimonianze di sindaci in prima linea, come Mimmo Lucano a Riace, uno che parlando il linguaggio dei semplici ha spiegato perfettamente cosa significhi fare accoglienza e ridare slancio ad un comune di 1800 anime di cui ben 500 nuovi innesti. «E’ una normale convivenza- ha chiarito subito Lucano, inserito dalla rivista americana Fortune tra le 50 persone più influenti al mondo – perché anche noi abbiamo vissuto il
fenomeno dell’emigrazione». Una storia politica, la sua, che ha voluto raccontare senza fronzoli e con tanta umanità. Dall’insuccesso degli inizi «abbiamo preso 40 voti, non ci hanno votato neanche i parenti» al sogno inseguito con tenacia di poter creare un pezzo di mondo più giusto non attraverso l’integrazione ma con l’interazione concretizzatosi nella vittoria amministrativa del 2004 e con un certo «sospetto del potere, non dimenticando mai che venivo da un’altra parte» per sburocratizzare certo, ma anche per piantare i tre pilastri della sua azione amministrativa fondata su accoglienza incondizionata, acqua incondizionata e salario incondizionato. Con un monito: «Il rifugiato – ha detto puntando il dito contro il sistema politico occidentale troppo impegnato a seminare guerre in giro per il mondo – non deve certificare a nessuno le sue sofferenze per essere accolto». Renato Accorinti si è dimostrato il prototipo ideale del sindaco outsider. Uno che intende il potere come mezzo, non come fine. Un piantatore di semi insomma, i cui frutti, lenti, si dovranno raccogliere più avanti. «Trovare soluzioni, questa è la politica. Perché la politica è il bene comune e basta». Un’opera di sensibilizzazione delle coscienze frutto della caparbietà di battaglie da affrontare con convinzione per ottenere una società più giusta e migliore. Magari invertendo i paradigmi stessi della politica: «Sovvertire dall’interno, senza cercare il consenso in ogni modo perché il cambiamento nasce solo se viene dalla gente. Il mondo è di tutti e siamo tutti migranti – ha chiarito ancora Accorinti -. Gli esseri umani hanno tutti gli stessi diritti» e per capirlo occorre solo «cambiare le prospettive». Anche Michele Conia, sindaco della città, ha portato come contributo la propria esperienza amministrativa quale frutto dell’apprendimento da modelli rispecchiati nei sindaci ospitati nella manifestazione ed applicata nella forma delle “pratiche diverse”. Puntare sul sud per il riscatto sociale ed economico di questi stessi territori è la chiave di volta, secondo Conia, di una «politica delle
pratiche che va oltre la politica degli annunci» per creare «contro i poteri forti, un forte potere che parta dal basso» perché «spetta al sud cambiare e salvare l’Italia».

Luigi De Magistris ha riavvolto il nastro della sua storia professionale e politica che è iniziata, ed in un certo qual modo, finita e risorta con la Calabria. Dagli esordi in magistratura, passando per le inchieste scottanti del caso “Why not” che poi gli costarono la carriera, varcando quindi l’ingresso del portone della politica attiva, quella stessa a cui aveva, in un certo senso, guardato prima con circospezione. Quindi il racconto della prima vittoria, contro ogni pronostico, a Palazzo San Giacomo che ha
significato una piccola rivoluzione per Napoli. Una Napoli “ancora piena di problemi” ha chiarito il sindaco ma che ha invertito la rotta mostrandosi al mondo non solo per le sue bellezze ma anche per un’azione amministrativa che ha voluto parecchio incidere sul modus operandi delle prospettive sociali. Una “liberazione” endogena e “senza appartenenza” ha affermato De Magistris perché «gli alleati arrivano sempre dopo». Una
serie di sferzate ai governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi hanno colorito il suo intervento non mancando di ricordare come «le peggiori violenze si fanno con le carte da bollo». Sindaci pazzi, città tenaci e Renzi definito il “saldatore di tutto” e che non lo vuole incontrare da due anni sono stati il contrappunto ad un modo di amministrare che ha denominato gramscianamente “la connessione sentimentale” con la città. Una città che vuole essere rifugio, senza muri e fili spinati. Una città che accoglie e che non ha perso l’umanità ma che ha «creato una nuova s.p.a: solo per amore» è stata la battuta dell’ex magistrato. «La rivolta verrà dal mezzogiorno questa volta, perché sono 150 anni che ci hanno ucciso» ha chiosato De Magistris che ha chiesto vicinanza alla gente per poter ancora rimuovere i pioli piantati dalla malapolitica.