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Il pasticcio taurianovese dei “nipotini” di Almirante

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Seen here is the Piazza Del Popolo in Rome, June 28, 1971, during a speech by the deputy Almirante at a rally organized by MSI, the neo-fascist party, which had record gains at local elections. (AP Photo)


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di Ferdinando Milicia

TAURIANOVA – Due nomine nel giro di poche ore. Ma la seconda è una contraddizione in termini rispetto alla prima. Una prassi politica consolidata nel tempo fatta di regole, consuetudini che trovano forma e consistenza nei vari statuti di partito, riposti, questa volta, nel cestino. Lo spunto per una riflessione più ampia sulla politica e i partiti odierni parte dalla vicenda dell’incarico alla giovane Simona Monteleone come commissario cittadino del locale circolo di Fratelli d’Italia, avvenuto nei giorni scorsi, la cui reggenza, prima dell’arrivo del commissariamento, voluto dal coordinamento provinciale di FdI, come scritto in una nota stampa, era in mano al portavoce Aldo De Leo.

Una recente assemblea del circolo di FdI-An a Taurianova

E fin qui niente di strano. Dopo qualche ora dalla nomina, nella stessa giornata, fresco di scrittura, arriva un secondo comunicato in cui si annuncia che alla presenza del «neo-commissario i tesserati del circolo di Taurianova si sono riuniti per discutere le nuove strategie da mettere in campo per la crescita del partito…e nel corso della riunione – si legge ancora – Monteleone ha proposto ai presenti di nominare un presidente di circolo che sia figura di garanzia per tutti i tesserati…» il cui nome è lo stesso Aldo De Leo il quale, qualche ora prima, era stato esautorato dalla scure provinciale del partito e in seguito il suo destino è stato commutato in una nuova nomina. Una contraddizione lampante, evidente, troppo forte per lasciarla cadere. Un tempo, come anche oggi, con il termine “commissariare” una sezione di partito, sia essa cittadina, provinciale o regionale significava, e significa ancora adesso, azzeramento di tutte le cariche e delle tessere per mettere ordine in un contesto presumibilmente rissoso tra gli iscritti e di rallentamento, o di inconsistenza, dell’azione politica di un partito nella realtà in cui agisce. Un’emergenza, insomma, a cui dall’alto si risponde con un provvedimento straordinario.

Così è sempre stato e indica tassativamente che per un periodo di tempo definito le tessere e, soprattutto, le cariche sono congelate. Questo cosa denota? Che siamo all’improvvisazione più completa, che i partiti, in particolare nelle loro diramazioni periferiche, oramai sono delle scatole vuote. Con un consenso nazionale che si forma altrove: Tv, social, nuovi media e, a volte, paradossalmente, basta un tweet, un post, un’intervista, senza che la periferia muova un dito, per accrescerlo. E con l’effetto finale che della sezione o del circolo si può quasi fare a meno. Il tempo della politica del dibattitto e della contrapposizione delle idee, sviluppata con passione nelle sezioni “fumose” e vissute dei partiti della prima repubblica, è stata sostituta dalla “politica dei selfie”, cioè da quell’essenza effimera ed esasperata di presenzialismo, vuota, solo immagine, senza contenuti e sostanza. Per rimediare alla frittata taurianovese occorreva prendere in mano lo statuto del partito per capire che si stava commettendo una “cappellata”. Ma dove non arriva la tradizione, oggi arriva l’innovazione tecnologica.

Digitando su una tastiera di un tablet o di uno smartphone la parola chiave “commissariare…significato” si può leggere «…sostituire i dirigenti di un ente, di una struttura organizzata, di un partito, attribuendo la gestione a un commissario nominato d’autorità»; oppure come definisce l’autorevole dizionario Treccani «…provvedimento che impone la gestione commissariale in un ente, partito, o istituto quando gli organi ordinari preposti all’amministrazione di questi non vogliano o non siano in grado di funzionare». Per non mettere in croce nessuno, in modo

Manifestazione del Msi-Dn negli anni ’80, da sinistra: Nino Tripodi, Giorgio Almirante, Franco Servello, Raffaele Valenzise

particolare la giovane neo commissario FdI, con l’unica colpa di avere poca esperienza politica e avere sentito qualche suggerimento di troppo e sbagliato, il problema deve essere allargato nella sua ampiezza.

Si tratta di una questione più generalizzata, più profonda che interessa tutti i partiti diventati, chi più chi meno, post ideologici e fin troppo “leaderizzati” dopo l’89, caduta del muro di Berlino. Il pensiero delle sezioni, come riferimento di una comunità politica, primo livello di selezione di una classe dirigente che abbracciava dentro di sé una scuola di formazione, fatta di idee, etica, è un lontano ricordo. Oggi quel mondo è scomparso del tutto portandosi via quell’armamentario fatto di studio, approfondimento, confronto, rispetto, coraggio, sacrificio, azione, gerarchia, meritocrazia. Spazzato via da una superficialità e da un edonismo sociale che ha colpito pure i partiti, stravolgendoli. Restano in piedi solo elementi residuali, dei riti, per così dire “modificati geneticamente” in fattori beceri e degenerativi rispetto al passato: la rincorsa infinita alle cariche, al cosiddetto “pennacchio”; e il tesseramento, inteso non più come appartenenza e orgoglio di partito, ma

Anni ’70, affollata riunione in una storica sezione del Msi a Roma. Si tratta di quella di Ottaviano dove si scorge seduto Pino Romualdi, il leader di Fuerza Nueva spagnola Blas Pinar e il segretario di sezione Gabriele Limido

solo un numero da utilizzare come clava e ricatto verso i livelli più alti delle strutture organizzative dei movimenti. E in quell’area politica occupata un tempo dall’Msi e poi da Alleanza Nazionale il vuoto organizzativo è ancora più evidente. Tanti i partiti nati a destra di An, con poca fortuna e scarsi risultati elettorali.

Poi il dissolvimento degli aennini dentro il PdL e l’avvio successivo della diaspora della destra, causa interruzione, per un periodo di tempo, di una linea organizzativa ben radicata in tutta la Penisola, presente già a partire dal secondo dopoguerra. Ora il tentativo di recuperare una storia importante e uno spazio politico strategico, che è stato dal ’46 al ’95 della fiamma missina e successivamente di An, con l’azione politica di Giorgia Meloni, Fabio Rampelli, Ignazio La Russa e tanti altri. Fratelli d’Italia, con buone prospettive elettorali, all’interno di un perimetro del centrodestra, sta costruendo la sua rete organizzativa territoriale fatta anche alla vecchia maniera.

Ma non essendoci più una classe politica di livello, di razza, almeno in alcuni casi, che era stata prima dell’Msi-Dn e poi in modo minore di An, a livello periferico si punta al meno peggio dove emergono carenze e, talora, approssimazione.

Il senatore Ciccio Franco, storico leadet dei “Boia chi Molla” con il segretario nazionale del Msi-DN Giorgio Almirante

In questo nobile intento di ricostruire la “Casa del padre” che fu dello storico leader della destra italiana Giorgio Almirante, ma anche di Lillo Valenzise, Nino Tripodi, Ciccio Franco, per restare in Calabria, i suoi “nipotini” assimilano atteggiamenti e comportamenti che, un tempo, erano mitigati da una dirigenza missina intransigente, rigorosa e preparata, che faceva da filtro limitando i danni, ora, invece, no. Tende a prevalere una rincorsa esasperata, quasi isterica, al famigerato “pennacchio”.

La ricerca di visibilità, di un posto al sole, rispetto ai contenuti e alle iniziative , si avverte, si percepisce, in tutti i partiti, senza che vi siano ricadute positive sull’azione politica nel territorio in cui si esercita la propria attività. Della serie, tanto onore ma poco lavoro. L’incarico bisogna averlo, cascasse il mondo, con il risultato finale del “pasticcio taurianovese”. Un commissario che nomina un presidente, anche si trattasse di un’onorificenza, non si è mai vista in nessuna forma partitica, presente o passata. Questa nomina nasconde con molta probabilità tensioni all’interno del movimento. C’è da scommettere che tra il primo e il secondo comunicato, a poche ore di distanza, sono volati gli stracci. Ma alla vigilia delle elezioni politiche e con un Congresso nazionale che si sta svolgendo in queste ore a Trieste tutto fa brodo anche avere un “presidente di garanzia”.