Riceviamo e pubblichiamo
Nel difficile e tortuoso processo di ri-democratizzazione della nostra Regione non si può rimanere indifferenti all’intervento dell’On. Bindi, che risulta demagogico e per di più giunto in “articulo mortis”. Le considerazioni sviluppate in questa occasione sono relative alle parole pronunciate ieri mattina dalla Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, a margine del convegno sulla legalità svoltosi in prefettura a Reggio C., e di seguito riportate:
“Per quanto riguarda lo scioglimento dei comuni: è una misura assolutamente fondamentale; se non ci fosse stato in questi anni credo che il potere delle mafie… sarebbe stato ancora più forte; dopo molti anni di applicazione è una legge che forse ha bisogno di qualche intervento. Noi come Commissione Parlamentare Antimafia l’abbiamo segnalato”. Anche la parlamentare del PD, finendo in contraddizione con se stessa, dichiara che la legge sugli “Scioglimenti” vada modificata. Pertanto viene spontaneo pensare che lo faccia per la necessità di uniformarsi al coro di alti magistrati ed eminenti personalità pronunciatesi in tale direzione, in questi ultimi mesi.
Con la Bindi, un altro “big” della politica nazionale è approdato a Reggio Calabria per sottoscrivere il registro della cittadinanza consapevole contro la ’ndrangheta. Questo atto mette in risalto lo strano modo con cui siffatti leader politici hanno scelto di combattere una vera e propria guerra: quella dello Stato contro la ‘ndrangheta, che andrebbe combattuta con le armi della prosperità sociale e dell’isolamento del fenomeno anziché utilizzare scientificamente la desertificazione e la criminalizzazione generalizzata. Per Loro, praticamente, è sufficiente una firma accompagnata da foto per i media e poi il resto della campagna elettorale e dell’intero mandato trascorrerli in Toscana o nelle Marche per non essere (inevitabilmente!) “contaminati”. …Null’altro! Niente lavoro per i giovani; minori investimenti dello Stato al Sud rispetto al Nord; nessuna tutela per gli amministratori locali, primo presidio democratico costituzionalmente riconosciuto; nessuna garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza alla salute, etc. etc.
È del tutto evidente che, stando ai risultati maturati in questi anni, il cosiddetto “sistema” antimafia abbia (ahimè!) miseramente fallito a partire dalla responsabilità dei parlamentari “nominati”, mostratisi inadeguati a proporre iniziative concrete ed efficaci. Soggetti, in larga parte, imbelli ed incapaci che, piuttosto di legiferare su una ormai indifferibile riforma della giustizia, in questi anni si sono preoccupati di rimanere politicamente inerti quando non (addirittura!) subalterni e proni alla magistratura ed alle alte burocrazie.
Dell’inefficacia e della perniciosità per la democrazia, per i diritti e per l’economia di un’intera Regione, derivanti da queste norme oggi in vigore e degne di ben altre epoche storiche, ne sono saggio significativo:
– il numero elevatissimo di “scioglimenti” che, stando alle motivazioni di volta in volta “pubblicate”, è basato sempre su elementi moralmente insufficienti ad interrompere la democrazia di una comunità in uno Stato di diritto (es.: amministratori che hanno partecipato al funerale di persona incensurata con ha avuto, in vita, l’unica colpa di essere congiunta o parente di un pregiudicato …oppure amministratori che hanno semplicemente svolto la loro professione di avvocato penalista in un processo per mafia, addirittura prima ancora di essere eletti);
– l’enorme cifra di interdittive antimafia alle aziende calabresi, esponenzialmente più elevata rispetto a quelle campane, nonostante la camorra campana incida almeno quanto la ‘ndrangheta in Calabria;
– la quantità altissima di persone scarcerate, da magistrati attenti, dopo aver evidentemente subito una ingiusta custodia cautelare derivante da un provvedimento troppo sbrigativo. Etc. Etc.
Alla fine di cinque interminabili anni di mandato ci saremmo aspettati che l’On. Rosy Bindi, anziché in prefettura, fosse intervenuta in piazza, congedandosi dai reggini e ringraziandoli perché l’hanno votata ed eletta, magari tentando pure di spiegare per quale ragione il suo partito non abbia apprezzato il suo lavoro non avendole neppure chiesto di ricandidarsi. …Cercheremo di farcene una ragione!