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Bevacqua scrive una lettera aperta al Governatore Zaia

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Gentile Presidente Zaia,

le scrive un umile consigliere regionale della piccola e terronia Calabria, dopo aver letto quanto Ella ha scritto sulla Sua pagina facebook e pubblicato da un noto quotidiano nazionale sull’autonomia del nord e sulle paure che susciterebbe negli sfaticati amministratori del sud, mai pronti, a Suo dire, a una piena assunzione di responsabilità.

Illustre Governatore, la mobilitazione che da queste parti stiamo mettendo in atto, e che mi vede fra i promotori e i protagonisti, contro la “riforma” autonomista da Ella prospettata, nasce esattamente da quel diritto di parola che i cittadini meridionali possiedono per natura e che non ha bisogno del Suo beneplacito per essere esercitato.

Perché, vede, noi del Sud siamo gente concreta, terra terra, e, quando ci troviamo di fronte ai paroloni, vogliamo capire a cosa corrispondono nella realtà di tutti i giorni.

Autonomia è una parola nobile ma, evidentemente, viene declinata diversamente a seconda della latitudine.

Quando, nella proposta approvata dal Consiglio della Regione Veneto, leggiamo che la ripartizione delle risorse dovrebbe essere agganciata esclusivamente al gettito tributario  dei rispettivi territori e che, testuali parole, << i tratti della nuova autonomia richiesta si allineano al quadro che già è stato realizzato nel confinante Trentino Alto Adige >>, allora noi, che ancora sappiamo fare 2 + 2, capiamo bene che, così facendo, si svuoterebbe ogni ipotesi di Fondo Perequativo e ogni principio di solidarietà nazionale.

Quando noi pensiamo all’autonomia, sappiamo che essa presuppone alcuni prerequisiti che, forse, Ella, per mera distrazione, dimentica. Dimentica che la perequazione infrastrutturale fra le diverse aree del Paese, prescritta dal decreto del 26 novembre 2010, non ha mai avuto attuazione. Dimentica che, così come disciplinati dalla legge delega 42 del 2009 approvata dal governo Berlusconi e dall’allora ministro Calderoli suo collega di partito, i fabbisogni standard devono tenere conto delle numerose variabili socio-economiche che caratterizzano le singole Regioni. Dimentica, poi, che lo stesso dovrebbe valere per il riparto delle risorse del Fondo Sanitario nazionale.

Vede, Illustre Governatore, la parte politica alla quale appartengo ha commesso errori madornali anche in questa materia e lo scotto pagato in occasione delle elezioni del 4 marzo è pienamente meritato; ma questo non può significare che noi meridionali dovremmo saltare, allegri e sorridenti, dalla padella nella brace.

La Riforma del Titolo V del 2001 ha mostrato diverse criticità ma, di certo, il suo spirito non era e non può essere quello di fare a pezzi l’unità sostanziale del Paese.

Il nostro è un atteggiamento sfidante e propositivo e non intendiamo muoverci sulla linea di un meridionalismo piagnone e recriminatorio. Tutt’altro. Siamo pronti a tutte le sfide istituzionali finalizzate a sostenere un regionalismo finalmente capace di approdare a un Paese più coeso e unitamente competitivo: la nostra asticella è puntata verso l’alto e vuole eliminare le zavorre che frenano il Sud, non certo zavorrare le migliori performance del Nord.

Solo che, prima di ogni ulteriore concessione autonomista, bisogna realizzare la perequazione di sanità, istruzione e mobilità, nonché definire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per tutti gli italiani. Ciò che è accaduto nella riunificazione di Germania Ovest e Germania Est, qualcosa dovrebbe pure insegnare.

Quando si apre il capitolo dell’autonomia, non si può scegliere solo ciò che fa più comodo.

Altrimenti (sa, lo dico nel Suo interesse), qualcuno potrebbe pensare che tutta la nobile battaglia autonomista nasconde soltanto una misera questione di soldi e una mascherata secessione dei ricchi.

Con il rispetto istituzionale per il ruolo da Ella rivestito, La saluto cordialmente.

Domenico Bevacqua​