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A Mormanno si “perciano” le botti e si degusta il vino novello

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L’avvicinarsi delle feste natalizie, per il piccolo borgo di Mormanno, in provincia di Cosenza, si prepara con un “frizzante” appuntamento, molto atteso e amato dai locali e non solo. L’identità di questo comune, che orbita nell’area del Parco del Pollino, è rinomato per le tradizioni religiose, culturali, gastronomiche, dolciarie e vinicole, anche in inverno. Si aspetta la vigilia della festa religiosa dell’Immacolata Concezione per “perciare” le botti, dal quale nasce il Perciavutti, un genius loci, per ritrovarsi a sentire il calore della comunità, della propria identità, per coltivarla e condividerla.
L’evento, organizzato ogni anno, è la tradizionale festa del vino novello mormmanese che si svolge il 7 e l’8 dicembre, con i mercatini di perciavutti, l’accensione delle luminarie natalizie, il tradizionale palio delle botti e altri momenti di intrattenimento.. Si assaggia il vino nuovo, accanto alla valorizzazione di alcuni prodotti locali e tipici, eccellenze agroalimentari di tutto il territorio. C’è tutto un background, un faticoso e generoso lavoro dietro le quinte, sponsorizzati dalle quattro cantine, che rappresentano i quattro quartieri di Mormanno (Torretta, Costa, Capoloserro e Casalicchio), che alla degustazione del vino, si accompagna la gastronomia locale, un grande ed encomiabile lavoro degli organizzatori, atteso bene curato nei minimi particolari. Sono momenti che mirano a valorizzare il territorio, in maniera propositiva, un evento identitario di forte attrattiva culturale e turistico-esperienziale, che si aggiunge ad altre sagre che si svolgono durante l’anno come la festa del bocconotto, dolce tipico di Mormanno.
Sotto il profilo antropologico, questa pausa, dove si gusta il sapore e il sapere del vino e di altri prodotti, ha a che fare con la gioia di prendersi un tempo per assaporare e godere un momento piacevole, dal quale spesso ci si lascia catturare e prendere dalle cose, trascurando la gioia del legame e della partecipazione, che sono molto più di un incontro.
In un tempo di solitudine, dove si è più prossimi allo schermo del proprio iphone, ipod, ipad, evitando la fatica del contatto e degli sguardi, questi eventi ricreano un po’ di vita comune, il cui scopo non può essere il profitto economico. Non tanto si gusta il buon vino, lasciando che il suo aroma indugi in bocca, c’è una propedeutica dell’arte della preparazione del vino, del sapere, tutta un’attenzione, la fatica della raccolta e della vendemmia settembrina, e dopo aver recuperato le forze, si assapora. È un’arte che va imparata, non è tanto buttare giù un sorso di vino, nel quale si sta nella gioia di dare gioia agli altri, una gioia che si fa contagiosa.
Gustare il vino novello, è una premessa per assaporare la vita, le relazioni, la fraternità, la solidarietà, la condivisione, un lasciarsi abbandonare all’ebbrezza del piacere e della libertà, senza eccedere, nella giusta misura, valori che dimenticano l’ossessione dei problemi, soprattutto quando la vita stessa si prende troppo sul serio.
Non per nulla, il vino, nella Sacre Scritture, è un importante simbolo, di festa, e un segno della novità cristiana rivelativo della comunione con il divino. La sua presenza nel rito della consacrazione del pane e del vino durante la Messa, dove diventano il corpo e il sangue di Gesù, il segno del calice, è la nuova alleanza, nel quale Egli si offre con abbondanza, un segno di festa.
Ritengo giusto in questa riflessione, fare un passo in avanti, dove non c’è contraddizione con la fede religiosa, anzi, cultura e religione, devono continuare a dialogare, una reciproca circolarità che dà a questo evento un respiro di interiorità, ampio, dilatato, per entrare in sintonia con se stessi, con gli altri, con il mondo e con Dio.