C’è stato un tempo in cui gli applausi e le cerimonie con ghingheri e abiti setati, facevano da padrone in una Taurianova in giacca e cravatta ma con le finestre pronte per essere chiuse. C’è stato un tempo in cui i sorrisi facevano parte dei programmi elettorali, ma dietro quello spalancare della bocca, c’era il trucco perpetrato con teorici “atti di sodomia”.
C’è stato il tempo degli scioglimenti e delle rinascite, così come ancora nuovamente si avvertiva quel sapore acre della polvere. Quella degli sconfitti, di chi osserva senza battere ciglio e lo fa solo se si viene toccati all’ala, anzi, meglio alla coda perché in essa annida la paglia. Poi ci sono stati i “ripulitori”, altrimenti detti commissari prefettizi durante i due scioglimenti consecutivi per infiltrazione mafiosa, ma quel tempo è stato solo un tempo e niente più. Poi c’è stato il cambiamento, alcuni dicevano che Taurianova sarebbe cambiata con la “cumbia”, ma di quelle macerie rimaste non vi è più traccia per un “cesaricidio” consumato all’ora di cena in una fresca sera di dicembre e non nelle idi di marzo, il che ci condanna anche sul fatto che non ci può essere nemmeno la speranza che una rondine potesse fare primavera.
Dopo il “fatto” in cui la quadra è stata trovata nelle firme, il silenzio, quel baratro del silenzio che nemmeno dentro i monasteri di clausura si avverte così intenso.
In attesa che il letargo finisca finché non ci saranno nuove elezioni e in quel caso, visto il periodo, le rondini saranno degli stormi di primavera. E questa città ha bisogno di primavere, possibilmente fatta di rondini che nulla hanno a che fare con chi pensa che uno stormo sia un “cacaticchio di parvenza” e nulla più.
Ma, le stagioni passano, i momenti si susseguono, le parole si perdono nel tempo e l’ex sindaco Fabio Scionti da quel 4 dicembre oramai è solo un ricordo sbiadito nel tempo. Come se fosse stato un sindaco degli anni ’70, quando ancora si utilizzavano i pantaloni a zampa di elefante e non il maglione a rombi degli anni ’80. Di quel ragazzo che programmava non vi è alcuna traccia. Ma nemmeno degli altri! Quei sorrisi smaglianti da passati con la “cera Liù” in quei corridoi non vi è traccia, un vuoto. Non c’è traccia nemmeno degli “hovercraft” umanizzati da corridoio, nulla. Amen!
Nonostante tutto “the show must go on”, non c’entra un fico secco però mi piaceva scriverlo, fa pendant (e non pensate a male, “pendant”, armonica corrispondenza e non altro).
Ma quel che rimane sempre intatto nel tempo e ciò che stamani abbiamo visto nel loro “splendore”, i bagni pubblici. Perché un bagno pubblico è un luogo culturale per antonomasia e quel luogo colmo di profonde riflessioni “liberati” nel tempo come un “Tantra” purificatore. Non i bagni pubblici della villa comunale “Fava” di Taurianova, no quelli no, lì le riflessioni “cozzano” con i minimi criteri igienico sanitari. Lì c’è l’abbandono e l’indifferenza, c’è il lugubre e lo squallido. A pochi metri dall’opera d’arte dello scultore Monteleone, “La mietetrice”, posta su un piedistallo, dando le spalle allo squallore di quei bagni pubblici. Lì dove il tempo si è fermato, il tempo dell’indifferenza e dell’incuria. In attesa che arrivi primavera e che ci sarà chi vi romperà i cabbasisi con il voto, mentre oggi (vergognosamente) tutto tace, Noi caro Commissario Surace che vogliamo bene alla città, ripeto, Noi che vogliamo bene alla città, cerchiamo di porre in essere un problema, un’anomalia che si protrae da moltissimi anni, perché in fondo Scionti o Topo Gigio, non cambia nulla per chi vuole bene la città. Francamente prima c’era un sindaco oggi c’è un commissario prefettizio e noi ci rivolgiamo a lui, essendo coerenti con il nostro pensiero propositivo di denuncia sociale e di osservatori della politica. Perché, caro commissario Surace, Noi, vogliamo bene alla città e non solo nei periodi elettorali anche in quelli delle “marvizze”, ovvero dei tordi seppur avulsi dai cinguettii in quanto non ammalianti come il canto delle sirene. Ci fermiamo qua, non pretendiamo miracoli, ma pubblichiamo solo le foto, il resto beh…bontà vostra lor signori.