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Asnali, Fondo per il rilancio delle attività economiche di commercio al dettaglio: da martedì 3 maggio le domande

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Dal 3 al 24 maggio 2022, via alla presentazione dell’istanze di fondo perduto commercio al dettaglio: (Verifica i codici ATECO a cui spetta allegato).
Per accedere al fondo è necessario presentare domanda al MISE, in via telematica, dalle ore 12:00 del 3 Maggio2022 fino alle ore 12:00 del 24 maggio 2022 (non è un click-day in quanto l’ordine di presentazione non è penalizzante per l’esito della domanda). Il soggetto richiedente deve essere in possesso della Carta Nazionale dei Servizi (CNS – FIRMA DIGITALE) e PEC attiva comunicata al Registro Imprese.
Possono accedere al contributo le imprese che svolgono in via prevalente un’attività di commercio al dettaglio, identificate dai codici ATECO 2007, che presentano un ammontare di ricavi, riferito al 2019, non superiore a 2 milioni di euro e che hanno subito una riduzione del fatturato nel 2021 non inferiore al 30% rispetto al 2019. Le medesime imprese, inoltre, devono possedere i seguenti requisiti alla data di presentazione dell’istanza:
avere sede legale od operativa nel territorio dello Stato e risultare regolarmente costituite, iscritte e «attive» nel Registro delle imprese;
non essere in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatorie;
non essere già in difficoltà al 31 dicembre 2019, come da definizione stabilita dall’articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, fatte salve le eccezioni previste dalla disciplina europea di riferimento in materia di aiuti Stato;
non essere destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Le risorse finanziarie destinate all’intervento agevolativo sono ripartite tra i soggetti aventi diritto, riconoscendo a ciascuno un importo determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile dei ricavi relativi al
periodo d’imposta 2021 e l’ammontare medio mensile dei medesimi ricavi riferiti al periodo d’imposta 2019, come segue:
60%, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d’imposta 2019 non superiori a euro 400.000;
50%, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d’imposta 2019 superiori a euro 400.000 e fino a euro 1.000.000;
40%, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d’imposta 2019 superiori a euro 1.000.000 e fino a euro 2.000.000.
Ricordiamo che le domande di accesso alle agevolazioni potranno essere presentate dalle ore 12 del 3 maggio 2022 e sino alle ore 12 del 24 maggio 2022, esclusivamente tramite la procedura informatica (fare domanda online sul portale MiSE )

• Per ulteriori informazioni: As.N.A.L.I. – COMITATO REGIONALE CALABRIA
Tel. 0966 1974591 – 09661974593 – e.mail: direzionecalabria@asnali.org

Il cd. decreto Pnrr 2 – avente ad oggetto “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza” – dapprima approvato in Consiglio dei ministri e mai approdato in Gazzetta Ufficiale, e poi nuovamente approvato in seconda lettura in occasione del Consiglio dei ministri tenutosi il 21 aprile 2022 – profondamente rimaneggiato rispetto alla prima versione – ha riservato (dal punto di vista numerico) poche novità per imprese e professionisti; quelle poche, tuttavia, sono di grande impatto.
Non vi è, infatti, solo la questione dell’ampliamento dei soggetti chiamati a adempiere agli obblighi in materia di fatturazione elettronica, della quale ampiamente si è già discusso, ma anche un’azione fortemente incentrata sulla moneta elettronica e sull’utilizzo della stessa quale strumento di controllo dell’evasione.
Innanzi tutto, anche in seconda lettura è stata confermata l’introduzione anticipata, rispetto a quella che era la precedente previsione normativa, delle sanzioni comminabili in caso di mancata accettazione dei pagamenti elettronici. Le sanzioni scatteranno a partire dal 30 giugno 2022, invece che a partire dal 1° gennaio 2023, come inizialmente previsto.
Il riferimento di norma è l’articolo 15, comma 4-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221: laddove un soggetto che effettua attività di vendita di prodotti o prestazioni di servizi, anche professionali, rifiuti di accettare un pagamento attraverso carte di debito / credito, scatterà una sanzione fissa pari a 30 euro, cui si aggiunge il 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento elettronico (salvo che ricorra il caso di oggettiva impossibilità tecnica, quale ad esempio l’assenza di connettività).
Si noti che la sanzione scatterà indipendentemente dall’ammontare del pagamento rifiutato. Pertanto, se per esempio un barista rifiuterà di accettare un pagamento effettuato con carta di un corrispettivo di due euro, la sanzione sarà pari a 30 euro + il 4% di 2 euro, ovvero un totale di ben 30,08 euro di sanzione per aver rifiutato un POS da due euro!
Non accettare un pagamento bancomat o carta di debito o credito – basta avere la possibilità di accettare anche solo un tipo di carta – potrà costare molto caro, laddove scattasse l’accertamento della violazione (il rapporto deve essere trasmesso al prefetto della provincia nella quale la violazione è stata commessa), tanto più che per questo tipo di violazione è espressamente esclusa la possibilità di procedere al pagamento in misura ridotta (ovvero, entro 60 giorni, per un terzo del massimo della sanzione, oppure, se più favorevole, il doppio della sanzione minima edittale oltre le spese di procedimento).
In estrema sintesi, tutti gli esercenti attività di impresa e professione a partire dal 30 giugno 2022 dovranno farsi trovare “accessoriati” di terminale necessario per l’accettazione della moneta elettronica sotto forma di carta di debito o credito, e non potranno rifiutare tale forma di pagamento, qualsiasi sia l’importo da incassare. Quest’ultimo punto merita di essere nuovamente sottolineato visto che, a tutt’oggi, non è infrequente trovarsi dinnanzi a cartelli che recitato “pagamento bancomat non accettato per importi inferiori a…”. Tutto questo avrà fine.
Se di questa novità si era già stati messi a corrente con la prima versione del decreto, il quadro si è ulteriormente arricchito in seconda battuta, con l’introduzione di un’ulteriore previsione le cui conseguenze in capo ai contribuenti infedeli potrebbero essere ancora più incisive ed efficaci.
Nascosta tra i meandri di un passaggio che, ad una prima lettura, non risulta immediatamente intellegibile, si nasconde infatti una previsione di grande impatto.
Viene disposto che: “All’articolo 22, comma 5, ultimo periodo, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, in materia di trasmissione dei dati relativi alle operazioni giornaliere saldate con mezzi di pagamento elettronici, le parole «di cui al comma 1-ter» sono soppresse”.
Traduciamo dal fiscalese… Il D.L. 124/2019, cd. decreto Crescita, articolo 22, era la misura con la quale era stato introdotto il credito di imposta riconosciuto sulle commissioni per pagamenti elettronici. Tornando indietro con la memoria, facilmente ricorderemo che tale misura era stata assunta poiché da un lato si intendeva incentivare l’utilizzo della moneta elettronica, ma contestualmente si voleva venire incontro agli esercenti costretti al pagamento di maggiori commissioni bancarie, derivanti appunto dall’incrementato ricorso a questa forma di incasso.
Il credito di imposta per pagamenti elettronici si era poi arricchito un’ulteriore previsione, con l’incremento al 100% delle commissioni, laddove l’esercente avesse adottato i cd. sistemi di incasso evoluti, ovvero pos collegati direttamente al registratore telematico. Con riferimento a questo credito di imposta, previsto dal comma 1-ter dell’articolo 22, il comma 5 ultimo periodo richiedeva che i gestori della moneta elettronica (e quindi le società che gestiscono le carte di credito e i circuiti bancari bancomat) trasmettessero l’ammontare del transato all’Agenzia delle Entrate, per la verifica del credito di imposta spettante.
Ebbene, coordinando il tutto, in sostanza il decreto Pnrr2, andando a cancellare quel riferimento al comma 1-ter, altro non fa che imporre a chi gestisce i circuiti di moneta elettronica (Visa, Mastercard, Bancomat ecc.) di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate l’importo complessivo delle transazioni giornaliere effettuate.
Lo scopo della misura è palese: l’Agenzia delle Entrate potrà in questo modo disporre, per ciascun contribuente, da un lato dei dati emergenti dai corrispettivi elettronici trasmessi dal contribuente stesso, e dall’altro lato dell’ammontare degli incassi effettuati in moneta elettronica da quel contribuente, grazie ai dati trasmessi dai gestori della moneta elettronica. Di conseguenza, potranno facilmente emergere le discordanze tra incassi e “scontrini”, con conseguenti possibili verifiche.
Si noti che ad essere trasmesso sarà l’ammontare complessivo delle transazioni, non il dettaglio delle transazioni stesse. Pertanto, l’Agenzia delle entrate verrà messa a conoscenza del totale giornaliero incassato in moneta elettronica da ciascun esercente, ma non dei dati dei soggetti che hanno effettuato i pagamenti. Pertanto, non saranno tracciabili profili di spesa, e quindi non si pongono problemi di privacy in capo a imprese e consumatori che pagano con moneta elettronica.
( fonte FISCAL FOCUS )
• Per ulteriori informazioni: As.N.A.L.I. – COMITATO REGIONALE CALABRIA Tel. 0966 1974591 – 09661974593 – e.mail: direzionecalabria@asnali.org