Lo studioso Salvatore Guadalupo ha individuato la “mano” del pittore nel testo sacro
di TERESA COSMANO
Leonardo e la Bibbia
Lo studioso Salvatore Guadalupo ha individuato la “mano” del pittore nel testo sacro
Lo studioso di Novate Milanese, Salvatore Guadalupo, nel corso dei suoi studi su Leonardo da Vinci, ha trovato un collegamento tra quest’ultimo e la Bibbia. Secondo Guadalupo, bisogna seguire «l’iter della Bibbia, dai manoscritti fino alla stamperia». «Il progetto della Bibbia stampata – spiega lo studioso – venne concluso da Gutenberg il 23 febbraio 1455 presso la “Hof zum Humbrecht”. Gutenberg nel 1450, costituì una società allo scopo di stampare il testo sacro a 42 linee a sulla base della vulgata. Gli esperimenti di Gutenberg andarono a buon fine, essendo infatti in grado di procedere alla composizione e alla stampa sia di fogli singoli che di libri voluminosi». «Nel 1545 – continua Guadalupo – con il Concilio di Trento, venne autorizzata come unica versione latina autorizzata della Bibbia la Vulgata. Per ribadire tale autorizzazione, il Concilio richiese al Papa una versione standard, per porre fine alla varietà di innumerevoli edizioni prodotte durante il Medioevo ed il Rinascimento. L’edizione venne commissionata da papa Sisto V (1585-1590), e pertanto fu chiamata Vulgata Sistina (Biblia Sacra Vulgatae Editionis Sixti Quinti Pontificis Maximi iussu recognita atque edita). Si basò sulla edizione di Robertus Stephanus (1528, la cosiddetta vulgata di San Gerolamo d’Ippona) corretta in base alla versione greca. Il lavoro però fu affrettato e risentì di numerosi errori di stampa. Venne pertanto intrapresa una nuova edizione, portata a termine all’inizio del pontificato di Clemente VIII (1592-1605). L’edizione prodotta è detta Vulgata Sisto-Clementina. La Clementina divenne dal 1592 la versione ufficiale adottata dal rito latino della Chiesa cattolica. San Girolamo non ritradusse completamente l’ebraico e il greco originale e non è nemmeno chiaro quanto testo abbia revisionato. Il Santo tradusse l’Antico testamento dall’ebraico eD i Vangeli dal greco, ma non si sa con sicurezza se abbia tradotto altre parti del Nuovo testamento oppure rivisto e corretto antiche traduzioni latine».
«Il testo di San Girolamo – precisa lo studioso – è stato la base per molte delle successive traduzioni della Bibbia, fino al XX secolo quando per l’Antico testamento si è cominciato ad utilizzare direttamente il testo masoretico, ossia il testo della Bibbia ebraica (antico testamento) corredato di un sistema di vocali ed indicazioni per la lettura. La parola ebraica mesorah ( מסורה ) si riferisce alla trasmissione di una traduzione. Infatti, in senso lato, si riferisce all’intera catena della tradizione ebraica. Ma nell’ambito del “testo masoretico” la parola assume un significato specifico, e cioè relativo a succinte note marginali nei manoscritti (e più tardi a stampa) della bibbia ebraica, nelle quali sono annotate particolarità del testo, solitamente relative alla pronuncia esatta della parola (i masoreti nel controllare gli scritti e le traduzioni bibliche traevano ed aggiungevano). La versione dei Settanta (Septuaginta in latino, indicata anche, secondo la numerazione latina, con LXX o, secondo la numerazione greca, con la lettera omicron seguita da un apice O’, è la versione dell’Antico testamento in lingua greca, che la tradizione vuole tradotta direttamente dall’ebraico, da 70 saggi ad Alessandria d’Egitto, tra il III e il II secolo a.C. In questa città cosmopolita e tra le maggiori dell’epoca, vi era una grandissima e famosa biblioteca e vi si trovava una importante e attiva comunità ebraica. Questa versione costituisce tuttora la versione liturgica dell’Antico testamento per le Chiese ortodosse orientali di tradizione greca. La Septuaginta era tenuta in grande considerazione nei tempi antichi; Filone di Alessandria e Giuseppe Flavio sostenevano che i suoi autori erano stati inspirati divinamente. Oltre alle vecchie versioni latine, la LXX è anche la base per le versioni dell’Antico testamento nel vecchio linguaggio slavonico della Chiesa, in siriaco, per quella nell’antica lingua armena, nell’antica lingua georgiana e in lingua copta».
Dopo questa introduzione, Guadalupo spiega come Leonardo abbia avuto modo di “mettere le mani” sulla Bibbia. «Nel 1506 a Venezia – precisa lo studioso – la stamperia di Filippo Giunti, fu la più attiva ed esportava i testi liturgici in Europa. Aldo Manuzio detto “Il vecchio”, per distinguerlo dal nipote era anche lui stampatore. Umanista insigne, divenne il tipografo italiano più famoso ed imitato nella storia della stampa e nel 1490 aprì una stamperia con l’intenzione di pubblicare i testi classici greci. I primi lavori comparvero, senza data, nel 1494. Leonardo da Vinci ebbe modo d’inserirsi nella Bibbia in quanto era amico di tutti questi personaggi. Oltre ai fratelli Giunti, vi erano anche Piero della Francesca, Leon Battista Alberti e Fra Luca Pacioli. Leonardo prese in prestito il capolettera “B” (di cui abbiamo parlato nello scorso articolo, ndr) da Giovan Battista Ramusio, amico di Manuzio. Giovan Battista Ramusio, umanista trevigiano, storico e geografo, fu educato a Padova dove compì anche studi giuridici. Fu in stretta relazione con Giovanni Fra Castoro, Antonio Navagero, Pietro Bembo, Paolo Giovio. Segretario del Senato veneto e bibliotecario della Repubblica veneta, profondo conoscitore del latino e del greco, focalizzò i suoi interessi sulla cosmografia, geografia e storia, traducendo egli stesso resoconti sulla conquista del Perù; curò per Aldo Manuzio alcune edizioni di Quintiliano e di Livio».
Secondo Guadalupo, Leonardo, essendo amico di questi stampatori, potè “accedere” ai testi della Bibbia, introducendo il suo Codice del volo, come dimostrano alcuni versi specifici, ossia: «Ezechiele cap. 1.6 – … e avevano quattro ali . Cap 1.8 – Sotto le ali ai quattro lati avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali. Cap 1.9 – E queste ali erano unite l’una all’altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a se. Cap. 1.11 – Le loro ali spiegate verso l’alto, ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Cap. 1.15 – Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro. Cap: 1.16 – Le ruote … Cap. 1.19 – Quando quegli esseri viventi si muovevano anche le ruote si muovevano … e, quando essi si alzavano da terra anche le ruote si alzavano. Cap. 1.23 – E sotto il firmamento vi erano le loro ali distese, l’una contro l’altra…. Cap. 1.24 – …. il rombo delle ali … Quando poi si fermavano ripiegavano le loro ali». «A questo punto sembra chiaro – specifica Guadaluto – che i brevetti di volo siano più di uno, ossia le ali posticce tipo Icaro; le doppie ali come libellule; l’ornitottero con le ruote azionate dall’uomo; il movimento di ruote nelle quattro direzioni per merito di ingranaggi. Quale di queste materie era sconosciuta al maestro?». In conclusione, lo studioso milanese promette di dare risposte più complete riguardo questo argomento, anticipando che nella Bibbia vi è anche «un Codice del cenacolo, una matematica di Fra Luca Pacioli e una risposta al suo stesso Codice forster, riguardante l’apostolo con la mano armata, seduto ala destra di Gesù nel cenacolo».
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