REGGIO CALABRIA – Dopo che lo scorso 4 agosto il Senato ha dato il via libera all’arresto del senatore Antonio Stefano Caridi cui è seguito il suo trasferimento a Rebibbia in seguito alle accuse di collusione con la ‘ndrangheta nell’ambito dell’operazione Mamma Santissima portata a segno dalla procura di Reggio Calabria è ora il momento della fare giudiziaria.
Il senatore, nel corso dell’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, però, si è avvalso della facoltà di non rispondere, su consiglio dei propri difensori, il senatore Antonio Caridi in carcere con l’accusa di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima della Dda di Reggio Calabria. Caridi è stato trasferito nel carcere di Reggio Calabria nel corso del week end. A renderlo noto sono gli avvocati del parlamentare Valerio Spigarelli e Carlo Morace. Caridi nel corso del week end è stato trasferito a Reggio Calabria.
«Tale scelta – spiegano i legali – è stata imposta dalla materiale impossibilità, da parte dello stesso senatore Caridi, persino di prendere mera visione del contenuto del fascicolo processuale che egli non ha fin qui avuto l’opportunità neppure di leggere. Tanto è dovuto – proseguono i legali di Caridi – da un lato alle stravaganti, vetuste ed inadeguate regole del Senato, per cui gli atti non vengono messi a disposizione né di chi giudica, l’Assemblea, né di chi è giudicato, cioè il parlamentare sottoposto alla procedura di autorizzazione; dall’altro al fatto che dopo essersi presentato spontaneamente presso il carcere di Rebibbia, il senatore Caridi è stato trasferito a Reggio Calabria, nel corso del week end, senza avere possibilità di incontrare i propri difensori e ricevere dagli stessi almeno parte degli atti ritirati presso l’autorità giudiziaria».
I legali hanno aggiunto che si tratta di «atti che, comunque, mai avrebbe potuto conoscere approfonditamente in vista dell’interrogatorio, posto che sono costituiti da centinaia di migliaia di pagine. L’interrogatorio di garanzia dovrebbe essere uno strumento di difesa ma, in tali condizioni, evidentemente, finisce per trasformarsi in tutt’altro. Sarà dunque di fronte al Tribunale del Riesame che la difesa potrà far sentire, con cognizione di causa, la propria voce».