di Agostino Pantano
A Cinquefrondi l’anno orribile della riscossione dei tributi è il 2017, mentre il vizio di svuotare le liquidità di cassa – devolvendo i “fondi vincolati” per scopi politici diversi e sopraggiunti – è una costante nel triennio preso in esame dalla Corte dei Conti. Non è tenero con l’amministrazione guidata da Michele Conia, l’organo regionale di giustizia contabile che nella camera di Consiglio del 3 aprile ha censurato alcune costanti patologiche nelle politiche di Bilancio. Niente di irrimediabile, sia chiaro, perché il documento – che Approdonews ha visionato in esclusiva e ora dovrà essere illustrato al Consiglio comunale – descrive anche le azioni che dovranno essere pianificate se si vuole evitare future sanzioni.
Il dato politico su cui è facile prevedere che ci sarà battaglia, però, restituisce l’immagine di una compagine amministrativa che spende quello che non potrebbe spendere per le sue politiche ed ora – ammonisce la Corte – “dovrà rimborsare entro fine esercizio le anticipazioni di tesoreria ricevute”. Questa è la grana principale, visto che gli uffici sono tenuti a rifare calcoli sulle 4 criticità emerse per “monitorare la situazione di liquidità”, evitare di sforare sul fonte dei pagamenti visto che gli “incassi non sono sufficienti”, “porre rimedio alla scarsità e alla lentezza delle riscossioni, e infine “migliorare una pianificazione, nei propri bilanci preventivi, che sia in linea con i postulati della veridicità e attendibilità”. Dubbi su un esercizio finanziario, corretto solo sulla carta, e ammonimenti chiari quelli contenuti nelle 25 pagine di una nota che, questo è l’altro dato politico incandescente, censura la discrezionalità del Bilancio, documento che non può essere inteso come una coperta che si sposta per coprire parti a piacimento o a richiesta di questo o quell’assessore.
E se è vero che quella della riscossione dei tributi è una “bestia nera” che ovunque in Calabria turba i sonni degli amministratori, a Cinquefrondi è sintomatico quello che in questo caso annotano i giudici contabili. Preso in esame il triennio 2015/2017, la Corte ritiene che “l’autosufficienza finanziaria dell’ente è fortemente compromessa” anche per via del tracollo della riscossione dell’Imu. Si è passati dal 70% di riscossione del 2015, al 53,2 % del 2017 per un inspiegabile collasso delle entrate, che il sindaco di sinistra riterrebbe certamente dovuto “all’aumentata povertà degli italiani”, e che però ha costretto il Comune ad arrangiarsi. Sono state prosciugate le liquidità di cassa e destinati per scopi diversi i fondi vincolati nel nome di una “finanza creativa” di tremontiana memoria, che sebbene abbia creato consenso politico – tratteggiando l’immagine di un sindaco che in tutta la regione e fuori vanta un proprio “modello” – dall’altro dipinge un’amministrazione che non ha schiodato la riscossione, ad esempio dei tributi per il servizio idrico, da “incassi estremamente esigui nel triennio – scrive la Corte – intorno al 7 o 8 % dell’accertato”.
UNO STRALCIO DEL DOCUMENTO