Con il governo Monti e con il varo del primo decreto “Salva Italia” si archivia la seconda Repubblica
Dic 16, 2011 - redazione
“Come era prevedibile il Governo ha posto la fiducia. Non si può essere entusiasti dei contenuti del decreto. E’ pesante”
di BRUNO MORGANTE
Con il governo Monti e con il varo del primo decreto “Salva Italia” si archivia la seconda Repubblica
“Come era prevedibile il Governo ha posto la fiducia. Non si può essere entusiasti dei contenuti del decreto. E’ pesante”
di Bruno Morgante
Come era prevedibile il Governo ha posto la fiducia sul Decreto “Salva Italia”. Non si può essere entusiasti dei contenuti del decreto. E’ pesante.
Si era pronti a misure severe e rigorose, ma sicuramente si poteva fare di più e meglio, soprattutto dal punto di vista dei tagli strutturali alla spesa pubblica e di lotta ai privilegi.
Comunque bisogna prendere atto che, come hanno dichiarato il presidente del consiglio e autorevoli ministri, vi è la consapevolezza nel governo che c’è bisogno in tempi rapidi di una seconda manovra tutta tarata su misure per la crescita e per la competitività del sistema Italia.
Tra queste misure vi è la lotta ai privilegi.
Preoccupa la mezza marcia indietro su prime misure di liberalizzazioni riguardanti taxi e farmacie e l’affermazione del ministro Passera che in Italia liberalizzare è più difficile di quanto pensasse.
Non voglio pensare che il Presidente Monti, che in Europa si è opposto con successo al monopolista Bill Gates, batta in ritirata in Italia non solo di fronte a gestori in regime di monopolio di gas, trasporti, autostrade, ma anche di fronte ad avvocati, notai, farmacisti, taxisti, pur essendo libero da vincoli di consenso.
E’ pur vero che sulle misure il governo deve avere il consenso delle Camere e quindi dei partiti, che sono succubi delle corporazioni, ma è anche vero che in questo momento nessun partito, che aspira a governare l’Italia, si può permettere il lusso di portare il Paese alle elezioni anticipate, facendo cadere il governo e aggravando la crisi con drammi per le famiglie e per le imprese per difendere privilegi che sono la zavorra che concorre a frenare lo sviluppo del Paese.
Bisogna recuperare competitività come sistema Italia e quindi, oltre alla riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali, riforma necessaria a completamento della legge sulle pensioni, bisogna adottare riforme per rendere moderna ed efficiente la burocrazia, per adeguare la macchina della giustizia, per migliorare il sistema formativo, per garantire concorrenza e per valorizzare il merito.
La crisi ha generato paura nella gente che chiede cambiamenti, è disposta a fare sacrifici, ma pretende che non vi siano più aree di privilegio. Questo sentimento diffuso crea le condizioni per interventi strutturali coraggiosi, inimmaginabili in periodi normali.
Un segnale importante sarebbe il recepimento della legge europea sulla corruzione, che da anni non viene presa in considerazione, anche se siamo l’unico paese europeo a non averla recepita.
Un primo importantissimo risultato comunque è stato raggiunto.
Siamo informati della situazione reale del Paese e con semplicità, che dimostra rispetto nei nostri confronti, ci vengono spiegati i motivi che hanno portato ad assumere determinate misure, il lavoro che questo governo sta facendo sulla base di obiettivi precisi.
Dopo anni di demagogia e di disinformazione è un bel cambiamento.
Questo tipo di approccio costringe tutti i politici a misurarsi e a confrontarsi con i problemi e con il merito delle proposte.
La seconda repubblica, basata sul concetto del leader-capo, ci aveva abituati a parlamentari che intervenivano, anche in maniera vivace, per difendere il capo che li aveva nominati anche su aspetti indifendibili e per aizzare la propria tifoseria, per cui oggi si trovano spiazzati e quasi impreparati a ragionare nel merito di provvedimenti, ad individuare percorsi per costruire il futuro.
Sono abituati a demonizzare l’avversario, a parlare alla pancia della gente ricorrendo a demagogia e a populismo, a denunciare con falsa indignazione il cattivo funzionamento del sistema paese, addossando sempre la responsabilità all’avversario, di fatto precostituendo un alibi per coprire la propria inattività.
Essendo questa la loro preparazione politica oggi continuano sullo stesso piano e avanzano critiche demagogiche alle misure del governo per strizzare l’occhio a proprie clientele pensando alle future elezioni, ma sembrano suonatori stonati e danno anche fastidio, perché ci indicano a quale degrado culturale e morale è arrivata la politica in Italia.
Continuano ad imbrogliare gli italiani, anche perché denunciano carenze dei provvedimenti, ma non ci dicono, dato che questo governo si è insediato da meno di un mese, su quei problemi cosa hanno fatto loro negli anni precedenti.
Gli imbroglioni per eccellenza sono i leghisti, che fino ad un mese fa e per ben otto anni negli ultimi dieci, sono stai al governo con potere decisionale enorme ed oggi vengono a fare l’elenco dei problemi del paese che questo governo, che ripetiamo si è insediato da meno di un mese, secondo loro non ha affrontato.
Ogni occasione di dibattito in Parlamento diventa l’occasione di volgari sceneggiate, che specialmente in questi frangenti offendono il senso civico degli italiani.
Anche al Nord sono una netta minoranza, perché non voglio credere che il nord produttivo, colto si riconosca in gente che parla per insulti, che si esprime con gesti volgari, quali l’alzare il dito medio, che, per fare dimenticare il proprio fallimento, scommette e punta le proprie fortune elettorali sul fallimento dell’Italia, con conseguente nascita, secondo loro, del fantomatico stato della Padania, con la moneta padana.
Sono falsi e imbroglioni perché tentano di speculare sul malcontento e sulla paura, sperando solo di guadagnare voti e di accrescere il loro potere a livello locale, perché anche loro sanno che un non augurabile fallimento dell’Italia comporterebbe tragedie e lacrime e sangue anche nelle aree più sviluppate del Paese.
Comunque siamo fiduciosi che questo non accadrà e che l’Italia ce la farà a superare la crisi uscendo più forte e coesa di prima perché abbiamo un governo che ha chiari i problemi da affrontare e perché siamo un paese che di fronte alle difficoltà sa trovare la forza per affrontarle e per superarle.
Se, come tutti ci auguriamo, questo governo ci traghetterà fuori dalla crisi niente sarà più come prima.
Sicuramente ritornerà la politica vera che si basa su valori, sulla partecipazione attiva dei cittadini, sulla responsabilità rispetto alle decisioni che si assumono, sulla capacità di dare risposte ai problemi di oggi e di progettare il futuro e probabilmente cambieranno anche le attuali formazioni.
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