“La vicenda di Vania Vannucchi e Rosaria Lentini uccise da uomini che confondono l’amore col possesso, ripropone il drammatico tema della violenza alle donne che esige una reazione delle Istituzioni straordinaria e forte, perché questi ‘fatti’ ci riguardano da vicino e incidono sulla stessa qualità della democrazia”.
E’ quanto afferma la consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco che aggiunge: “Gli ultimi ‘casi’ tratteggiano uno scenario consolidato: da un parte, un uomo violento e una donna uccisa e, dall’altra, una società che, pur discutendo molto di femminicidio, è inerme nella difesa della libertà delle donne. Uno scenario inaccettabile che va urgentemente modificato nella parte che implica la responsabilità di tutti noi. E’ stato detto che siamo in presenza di una guerra ‘di sempre più uomini contro le donne viste come nemiche da distruggere’, pertanto non possiamo esimerci dal domandarci che cosa possiamo fare per porre fine a questa guerra. Le più recenti notizie su donne uccise o ferite gravemente con conseguenze disastrose per i minori, impongono una riflessione per indurre tutti noi, donne e uomini, a fare di più e in una logiche di rete che va resa dinamica, reattiva ed espansiva”. Aggiunge la consigliera regionale: “Si assiste ad un vortice di violenza che prende di mira le donne e non c’è parte del Paese che si salvi da questa mattanza, né dalla sottocultura che alligna nelle pieghe della modernità e che ha nel disprezzo verso la donna uno dei suoi effetti più disastrosi. Dinanzi a questa emergenza, è tempo che si denunci il contesto culturale entro cui matura la violenza e, nel contempo, si dimostri con i fatti che l’uomo violento non ha speranza di farla franca e che la donna che denuncia non è sola, ma ha con sé pezzi di società che hanno il dovere di farsi carico del suo vissuto e della sua disperazione, affermando, tutelando e sostenendo le sue ragioni”. Non è più tollerabile la carneficina in atto ai danni delle donne da parte di uomini che hanno problemi enormi con l’altro sesso”.
Aggiunge Flora Sculco: “A livello nazionale se ne sta discutendo, sollecitando, da parte dei centri e degli avvocati che difendono le donne, lo stanziamento dei fondi (2015-2016) previsti per i centri antiviolenza e gli indennizzi per gli orfani del femmincidio, ma è altrettanto necessario che ciascuno si muova e faccia la propria parte. La cosiddetta ‘cittadinanza attiva’, soprattutto dinanzi a questi drammi, dovrebbe dare il meglio di sé. Oltre che discuterne, occorre attrezzare e far funzionare efficacemente una sistema di difesa delle donne, dentro e fuori le mura domestiche, che coinvolga sia le agenzie di formazione, pubbliche e private sia gli organi preposti ad agire preventivamente. Spesso si conoscono situazioni familiari in cui la violenza sulla donna è quotidiana, ma si chiudono gli occhi per un vile senso del quieto vivere che diventa automaticamente complice dell’assassino. Così come è fondamentale procedere ad irrobustire la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio che sono gli unici soggetti in grado di intervenire, quando una donna è sola di fronte al pericolo incombente ed ha persino paura a denunciare”. Conclude Flora Sculco: “Sono vent’anni che si fanno leggi per tutelare le donne: nel ’96 la legge contro la violenza sessuale definita non più reato contro la morale ma contro la persona, nel 2009 quella contro lo stalking, tre anni or sono quella contro il femminicidio, ma qualcosa non funziona considerato che le donne continuano ad essere uccise e maltrattate con modalità e frequenza tali da indurre allo scoramento. Dall’inizio dell’anno si sono avuti 60 omicidi e non passa giorno senza che le cronache riportino casi di maschi che infieriscono sulle donne: se ne deduce che lo Stato e le sue rappresentanze periferiche non riescono a tutelare le vittime della violenza maschile. Le donne che denunciano prima che i persecutori vengano allontanati, sono lasciate sole, evidenziando una sottovalutazione del fenomeno che, al contrario, imporrebbe processi veloci e un piano di prevenzione ad hoc”.