Gli studi di Domenico Caruso
Fondazione di San Martino e di Radicena
Gli studi di Domenico Caruso
Lo sviluppo di Radicena, Iatrìnoli (o Jatrìnoli) e S. Martino, antichi casali di Terranova che per la loro posizione geografica si trovano al centro di un importante sistema viario, può considerarsi parallelo. André Guillou, richiamandosi a un documento di donazione, dimostra che Radicena esisteva fin dal 1050 e menziona dello stesso periodo il monastero di Santa Lucia.
Per Padre Russo S. Martino risulta di tarda fondazione bizantina. Il toponimo Radicena deriverebbe (secondo Gerhard Rohlfs) dal latino tardo radicina (radice) e Jatrìnoli (per G. B. Marzano) dal greco (medicare, guarire). Domenico Sofia-Moretti è dell’opinione che Radicena (dal gr.) significhi tenda di rami, essendo il paese circondato da vasti oliveti e giardini.
Per De Salvo la storia di S. Martino, oggi fiorente e popolosa Frazione del Comune di Taurianova (prov. Reggio Cal.), trae origini dall’antico oppidum Tauroentum o Tauriana, detta oggidì Le Pietre Nere, un luogo frequentato e molto noto fin dal primo secolo dell’era cristiana, di cui Plinio Secondo ci tramandò il nome, cioè Portus Orestis .
Tauriana, negli ultimi tempi della sua esistenza, cioè verso la metà del decimo secolo, benché quasi in gran parte distrutta e spopolata, era la sola città marittima che ancora durava nel versante occidentale dell’estrema Calabria .
In quel periodo il territorio apparteneva ai Bizantini che avevano istituito un governatore a Reggio, sfornito di sufficiente milizia per poter presidiare validamente il litorale, tanto che la gente di queste contrade doveva fidare sulle proprie forze nel difendersi dalle incursioni dei Saraceni, oppure scamparla con la fuga. Una di tale scorrerie, la più micidiale di quante erano succedute, fu quella avvenuta nel 951, allorché l’emiro di Palermo, Hasan-Ibn Alì di casa Kelbita, per il mancato tributo dovutogli dai Bizantini, decise di occupare tutta la Calabria: e chiesti perciò aiuti al califfo d’Africa, questi mandò prontamente in Sicilia, Farag Mohadded con un poderoso esercito di Agareni e una numerosa armata . Nell’estate di detto anno, Hasan – dopo aver assaltato Reggio – invase le riviere occidentali dell’estrema Calabria, apportando ovunque devastazioni, saccheggi e menando schiavi terrazzani e cittadini in grandissimo numero . Intanto la parte più eletta dei cittadini taurianesi, temendo l’incursione dei Saraceni nel loro territorio, insieme col vescovo e gli ecclesiastici, si ripararono nel vicino castello di Seminario (Seminara) .
Nacque, allora, pure il villaggio di San Martino.
Sul luogo, e precisamente in vallem Salinarum (nella Valle delle Saline), in quel momento vi erano – senz’altro – soltanto poche case coloniche sparse.
Per quanto riguarda Radicena, essendo piazza Garibaldi tuttora denominata Chianu ‘i San Basili, potrebbe darsi che ivi già sorgesse uno dei 137 conventi basiliani che il Marafioti afferma esservi stati nella Piana e che un certo numero di profughi di Tauriana vi trovasse rifugio dando origine alla città.
La derivazione di Radicena e Iatrinoli da S. Martino è, comunque, plausibile. Pure lo storico polistenese D. Valensise sostiene (come si legge in una nota del De Salvo) che «si ha per tradizione che i mandriani delle campagne di Tauriana, per loro sicurezza, si stabilirono al di là del fiume Metauro, in una pianura ferace di pascoli e vi costruirono un casale, a cui diedero il nome di San Martino» (noto per la Sua divina protezione). Ricco di chiese e conventi e munito di un Castello, esso divenne un importante centro civile e religioso. Il suo progresso e la sua tranquillità cessarono con la discesa dei Normanni alla conquista della Calabria. Ruggiero dopo aver saccheggiato e devastato S. Martino, convinto d’averlo sottomesso, si allontanò lasciandovi poche milizie. Ma i fieri calabresi, fin quando non furono costretti alla resa, insorsero e trucidarono gli invasori. In seguito, Ruggiero istituì la sua sede a Mileto, da dove si mosse per espugnare Reggio (1060) prima di passare in Sicilia. Nel frattempo fece ritorno a San Martino, sposò Giuditta di Grantmesnil (1062) e proseguì per Mileto che fu elevato a sede vescovile. San Martino, a sua volta, prima divenne Contea e poi sede di Corti Generali. La sua grandezza venne meno quando dall’altra parte del Marro sorse un altro borgo che i profughi chiamarono con il nome della loro patria, Tauriana Nova – poi Terranova. La località, ritenuta dai Normanni più sicura, fu promossa prima a Contea e successivamente a Ducato.
Così Radicena, Iatrinoli e S. Martino ne diventarono casali seguendone le sorti.
Terranova passò – quindi – sotto il dominio feudale dei Lauria, di Saladino Sant’Angelo (1423), dei Caracciolo (1425), di Marino Correale (1° genn. 1458). Nel 1496 la Contea fu conquistata e governata dal generale francese d’Aubigny e nel 1502 fu ripresa da Consalvo de Cordova (il quale poi l’ebbe in dono da Ferdinando ed Elisabetta col titolo di duca). Nel 1558 il Ducato fu venduto al senatore Tommaso de Marinis, per poi finire ai principi Grimaldi di Gerace (1574). Il Flagello del 1783, sconvolgendo la Calabria, rase al suolo anche Terranova.
Dal libro di Domenico Caruso: La nostra storia – La Calabria – La “Vallis Salinarum” – (Ilmiolibro.it – Gruppo Editoriale “L’Espresso”, 2012), pagine 121/126 – Fra alcuni giorni disponibile anche nelle librerie Feltrinelli.