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Gioia, Tar respinge ricorso ditta su porta a porta

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di Domenico Latino

GIOIA TAURO – Si sbroglia finalmente la complicata vicenda legata all’assegnazione del servizio di raccolta domiciliare dei rifiuti: il TAR di Reggio Calabria si è infatti pronunciato con sentenza rigettando il ricorso avanzato dalla ditta con sede a Seminara, rappresentata dall’ avv. Manuela Carla Buffon, che dopo essersi aggiudicata in via provvisoria la relativa gara d’appalto, bandita dalla Suap, se l’era vista revocare definitivamente dall’ente con una determina del settembre scorso, in conseguenza del fatto che la Prefettura aveva preannunciato esito negativo per l’attesa certificazione antimafia.

A breve, entro una quindicina di giorni, visto che pare ci siano i termini per assegnare il servizio alla seconda in graduatoria (una ditta siciliana con sede a Siracusa che ha già acquisito le certificazioni necessarie), si potrebbe partire con l’esternalizzazione del servizio con tutto ciò che comporta, quindi una netta inversione di rotta nella gestione dei rifiuti e, dal punto di vista occupazionale, la possibilità di assorbire quei lavoratori dell’ex partecipata Pianambiente in attesa da tempo di una ricollocazione.

La sentenza del TAR di Reggio, inoltre, valorizza il buon operato dell’Amministrazione nel seguire scrupolosamente le corrette procedure. Nelle motivazioni si evidenzia come la Prefettura di Reggio abbuia comunicato il preavviso di diniego all’iscrizione della ditta nella white list “interdittiva antimafia”, considerate le disposizioni della sentenza n. 3566/2016 emessa dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato che ha confermato la validità dell’informazione di contenuto interdittivo. Con la sopracitata determina, che la ditta sostiene di aver appreso attraverso la pubblicazione sull’Albo pretorio online dell’ente, lo stesso Comune disponeva la revoca dell’aggiudicazione definitiva, avvenuta il 29 giugno, in presenza della pure indicata nota prefettizia che rendeva preavviso di rigetto dell’istanza preordinata all’iscrizione della stessa nella white list.

Nell’evidenziare come la Prefettura non abbia, allo stato, emesso alcun provvedimento definitivo di diniego (né alcun provvedimento interdittivo), la ditta sosteneva l’illegittimità della revoca, in quanto esclusivamente fondata su un atto cosiddetto “endoprocedimentale”, quale il preavviso di rigetto. Né, altrimenti, rileverebbe la sentenza del Consiglio di Stato, con la quale è stata riformata una precedente sentenza del TAR del 2012 (recante accoglimento del ricorso promosso dalla ditta avverso l’informativa interdittiva del 4 maggio 2010) ponendo l’accento sul modificato quadro fattuale rispetto ai presupposti che avevano indotto l’adozione del provvedimento. Per il TAR, viceversa, “l’operato dell’Amministrazione comunale, in presenza dei presupposti precedentemente indicati, rivela piena legittimità”. Emergerebbe infatti la reviviscenza dell’informativa interdittiva del 2010 a indicare la presenza di un elemento preclusivo ai fini della aggiudicabilità della gara e della conseguente stipula del contratto con la Stazione appaltante. Secondo il TAR, la comunicazione prefettizia, inoltre, assume significato se riguardato in ragione del presupposto (la sentenza di appello precedentemente indicata) del quale si è avuto modo di sottolineare la piena ed attuale rilevanza ai fini della adottabilità della revoca dell’aggiudicazione; l’informativa, in poche parole, per come “ripristinata” per effetto della sentenza d’appello più volte rammentata, è, allo stato, pienamente idonea a dispiegare gli effetti inibitori. Il Tribunale ha condannato la ditta alle spese di giudizio (1500euro) in favore del Comune, difeso dall’ avv. Nicola Minasi, oltre accessori come per legge.