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Gioia Tauro, la Corte di Cassazione mette fine alla operazione “Joy’s Seaside”. I DETTAGLI

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Il 25 marzo 2021, la polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, dava esecuzione a 19 ordinanze cautelari emesse dal GIP distrettuale nei confronti i soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico internazionale, concorso in detenzione, vendita e cessione a terzi di sostanze stupefacenti, anche in ingente quantitativo, del tipo cocaina, hashish e cannabis sativa, concorso in detenzione di armi e munizioni, danneggiamento, estorsione ed altri reati.
In particolare, l’indagine aveva permesso di delineare l’esistenza ed operatività, sul territorio della marina di Gioia Tauro, di un gruppo mafioso e di una frangia collegata che si dedicava prevalentemente ai traffici di droga.
Veniva smantellata, quindi, una fitta rete di spacciatori guidata da una associazione a delinquere dedita la narcotraffico a sua volta riconducibile ad una associazione mafiosa, operante nel Rione Marina di Gioia Tauro.
Tra i soggetti arrestati, Cutri Alessandro e Giuseppe Sansotta, condannati in primo e secondo grado perché ritenuti participi al sodalizio e Francesco Fondacaro, responsabile di una cessione di droga commessa al fine di agevolare l’associazione mafiosa.
I legali di fiducia (Avv. Luca Cianferoni e Avv. Guido Contestabile per Alessandro Cutri e Avv. Guido Contestabile e Avv. Girolamo Curti per Giuseppe Sansotta e Francesco Fondacaro), proponevano ricorso specificando nei rispettivi motivi le ragioni in diritto e chiedendo l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria che, invece, aveva condannato i 3 gioiesi.
La Corte di Cassazione, accogliendo le tesi dei difensori ha annullato senza rinvio la condanna inflitta mettendo la parola fine sull’argomento stabilendo che l’associazione dedita l narcotraffico non è mai esistita.
Analogamente aveva già deciso il Tribunale di Palmi che era stato chiamato a decidere gli stessi fatti con il rito ordinario.
Per Fondacaro, la Suprema Corte ha affermato che il reato commesso non ha avuto alcuna finalità agevolatrice della consorteria di ‘ndrangheta e quindi ha annullato con rinvio.