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Gioia Tauro, ricorre oggi l’anniversario della strage della “Freccia del Sud”

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Il 22 luglio del 1970, poco prima di arrivare alla stazione della città del Porto, deragliò il convoglio partito da Palermo e diretto a Torino

di MARIA TERESA BAGALA’

Gioia Tauro, ricorre oggi l’anniversario della strage della “Freccia del Sud”

Il 22 luglio del 1970, poco prima di arrivare alla stazione della città del Porto, deragliò il convoglio partito da Palermo e diretto a Torino

 

di Maria Teresa Bagalà

 

 

Ricorre oggi il quarantaquattresimo anniversario della strage della “Freccia del Sud” che avvenne a poche centinaia di metri dalla Stazione di Gioia Tauro il 22 luglio 1970. Erano, infatti, le 17 di un comunissimo pomeriggio d’estate quando, poco prima di arrivare alla stazione della città del Porto, deragliò il convoglio partito da Palermo e diretto a Torino. A bordo c’erano circa 200 passeggeri, tra cui una cinquantina di pellegrini diretti a Lourdes. I vigili del fuoco dovettero estrarre i corpi dalle lamiere. I morti furono in tutto sei, i feriti una settantina. Alcuni di loro rimarranno invalidi.
Non si è mai fatta pienamente luce su questo caso, che apparve fin da subito avvolto nel mistero. Certo è che quello per la nostra terra era un periodo “caldo”. Infatti, dal 14 luglio erano iniziati a Reggio Calabria i moti, scoppiati appena si era diffusa la notizia che sarebbe stata spostata a Catanzaro la sede dell’Assemblea Regionale.
In un primo momento il Questore di Reggio Calabria dell’epoca affermò che il deragliamento fosse stato dovuto al cedimento strutturale di un carrello del treno e poi ad un errore umano. I periti, invece, nominati dal sostituto procuratore della repubblica di Palmi, ipotizzarono che all’origine del deragliamento ci fosse lo scoppio di un ordigno, anche perché furono riscontrate delle similitudini con altri tre attentati avvenuti nello stesso periodo sulla linea Rosario-Gioia Tauro-Villa San Giovanni.
Ma la “verità” riguardo ciò che successe quel 22 luglio, arrivò solo dopo ventitré anni, quando cioè il pentito Giacomo Lauro raccontò di aver all’epoca dei fatti lui stesso consegnato l’esplosivo a Vito Silverini, Giovanni Moro e Vincenzo Caracciolo, dietro il compenso di alcuni milioni di lire provenienti dal “Comitato d’azione per Reggio capoluogo”. Quindi il treno non era deragliato, ma si era trattato di un attentato dinamitardo. Testimonianza confermata da un altro collaboratore Carmine Dominici.
Nelle deposizioni fu inoltre sostenuto che elementi della criminalità organizzata, collegati a frange dell’estremismo di destra, avevano ideato e organizzato azioni dirette a colpire le vie di comunicazione e gli elettrodotti realizzando attentati a tralicci, rotaie e stazioni ferroviarie.
Nel 1995, per la strage di Gioia Tauro, furono indagati dalla procura distrettuale di Reggio Calabria, l’armatore Amedeo Matacena, Angelo Calafiore, ex-consigliere provinciale di Reggio Calabria per il Msi- Destra nazionale, l’On. Fortunato Aloi ed il senatore Renato Meduri, entrambi di Alleanza nazionale, i quali si dichiararono tutti innocenti, addebitando la “colpa” dell’accaduto alle Ferrovie. Furono prosciolti in istruttoria, anche se fu definitivamente stabilito che la Freccia del Sud non era deragliata, ma aveva subito un attentato.
A causa di morte naturale e per motivi legati prettamente alle procedure, i processi condotti in seguito non hanno portato alla condanna di esecutori e mandanti della strage. Fu rinviato a giudizio nel 1996 solo Giacomo Lauro, ma nel 2001 fu anch’egli assolto. Verdetto confermato nel 2003 dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria.
Si dovette aspettare il 2006 perché, dopo che la Corte di cassazione accogliesse il ricorso della procura generale, la Corte di assise di appello di Reggio Calabria, stabilisse definitivamente che il reato di Giacomo Lauro fu di concorso in omicidio plurimo, ormai estinto per prescrizione.
Insomma nessuno ha mai pagato per la strage che avvenne nel 1970 a Gioia Tauro e che è entrata a far parte dei “misteri d’ Italia” fino allo scorso 22 aprile, quando cioè il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha firmato la direttiva per la declassificazione degli atti. Grazie a tale provvedimento, infatti, oggi tutti i cittadini possono consultare i documenti processuali e quelli redatti in fase di indagine riguardanti questi tristi episodi. Atti che erano ricoperti prima dal segreto di Stato.