12° appuntamento della rassegna teatrale Città di Lamezia Terme Sabato, in scena “A morte 'e Carnevale”
Lamezia Terme – Tutto pronto per il dodicesimo appuntamento della rassegna “Vacantiandu – Città di Lamezia Terme”, diretta da Nicola Morelli, Walter Vasta e Sasà Palumbo, che quest’anno ha offerto al numeroso pubblico spettacoli di grandissima qualità. Sabato, alle ore 20.45 al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme andrà in scena “A morte ‘e Carnevale” con la regia di Emanuele Passaro e Antonio Pollio, che vedrà sul palco gli attori della compagnia “Amici del Teatro” di Napoli.
L’azione, così come l’anno di scrittura, si svolge nel 1928 ai “Quartieri Spagnoli”, precisamente al Vico della Concordia dove, in un malandato, ma non trascurato, basso, abita Pasquale Capuozzi detto “Carnevale” e la sua concubina ‘Ntunetta, Antonietta, la quale, entrata in casa da giovincella come serva, ne resta “padrona”, come vuole il popolino che quasi adorna l’esterno dell’abitazione, perché entrata nelle grazie del proprietario, sposato e in seguito vedovo, anche a causa della situazione creatasi. Il vecchio “Carnevale”, malato e ormai alla fine dei suoi giorni, è un usuraio della peggiore risma, più che avido, dal quale viene fuori tutta la cattiveria di chi, in modo ben evidente, ha “l’interesse per i soldi”, quei “ denari dati con l’interesse”.
La commedia si dipana, nel primo atto, rappresentando gli ultimi istanti di vita di Pasquale Capuozzi, sempre accudito da ‘Ntunetta, con l’aggiunta presenza del suo unico nipote Rafele, Raffaele, squattrinato scansafatiche che, trovatisi per caso ad assistere a uno dei frequenti attacchi di cuore, approfitta del momento per tentare di aggraziarsi, prima, il fratello del padre, qual’era il “Carnevale”, per rimanerne unico successore dell’ingente eredità, poi, visto l’ingarbugliarsi della storia, della “Zia”, eventualmente a ereditare fosse lei. I colpi di scena che si susseguono nei successivi due atti, prima all’esterno del basso, poi di nuovo al suo interno, danno ritmo e ilarità alla storia, come nel costume degli scritti del “Napoletano”, anche se Stabiese di nascita, Raffaele Viviani, portando il pubblico ad assistere ad un appassionato rincorrersi di circostanze, con quei Personaggi che, pur fermi, corrono e si affannano per entrare nelle grazie del moribondo Carnevale, per ricevere quella fetta di eredità “perché gli spetta”, millantando parentele più o meno strette, accompagnate da quel fittizio bene “nato spontaneamente” solo per il proprio interesse.