“Destra – Reggio – mafia: la verità su un’infame menzogna”
redazione | Il 14, Ott 2012
Mimmo Battaglia non ha partecipato al convegno organizzato dalla Fiamma tricolore
“Destra – Reggio – mafia: la verità su un’infame menzogna”
Mimmo Battaglia non ha partecipato al convegno organizzato dalla Fiamma tricolore
Alla fine la tanta attesa e discussa partecipazione di Mimmetto Battaglia al convegno “DESTRA-MAFIA-REGGIO: la verità su un’infame menzogna”, organizzato dal MSI-Fiamma Tricolore e tenutosi ieri mattina, non c’è stata a causa di problemi familiari dello stesso che ha comunque promesso di intervenire nei prossimi giorni, attraverso la stampa, per dare il suo contributo alle intenzioni del convegno dei missini. Il dibattito aperto in ogni caso c’è stato grazie alla spontanea partecipazione di Giampaolo Catanzariti, esponente del Nuovo PSI e figlio di Francesco Catanzariti, storico sindacalista della CGIL, ed al suo apprezzato intervento in sala.
Il primo a ricevere la parola dal moderatore dell’incontro, nella persona del senatore Renato Meduri, il quale si è mostrato subito estremamente appassionato all’argomento nelle parole e nei sentimenti, è stato Luigi Iacopino, responsabile giovanile della Fiamma reggina, il quale ha subito premesso le ragioni che hanno spinto alla realizzazione dell’incontro di ieri mattina. Ragioni che nascono qualche mese fa dopo la comune manifestazione della sinistra reggina a piazza Orange la quale “attraverso un documento vergognoso ha lanciato nei confronti della nostra area un’accusa gravissima. Ha sostenuto – dice Iacopino nel suo intervento – sulla base di proprie valutazioni e considerazione, che oggi, come in passato, a Reggio Calabria si sia verificando la riproposizione di un accordo tra ‘ndrangheta, massoneria deviata e neofascisti. È pur vero che la sinistra adopera il termine fascista, in modo offensivo e denigratorio, per indicare tutto ed il contrario di tutto, ma questo uso improprio e volutamente scorretto delle parole è diventato ormai intollerabile, ove si consideri che soprattutto oggi, con la crisi pietosa in cui è caduta la politica, non c’è più spazio per certi equivoci. Perché la mistificazione, l’uso improprio o scorretto delle parole, il tentativo di creare confusione, e la consapevolezza di tutto ciò, sono espressione di una incapacità di sostenere un confronto sincero e leale, di paura di essere sconfitti proprio sul piano delle idee e dei valori.” È partendo da questa premessa che si sviluppa la tesi del giovane missino volta ha distruggere le mistificazioni di quel documento della sinistra reggina, il quale dichiara che, oggi come ieri, ci sarebbe una riproposizione, si badi: riproposizione, di un rapporto tra mafia, massoneria e neofascismo così come ai tempi della Rivolta. Ma, ci dice sempre Iacopino, “la rivolta si è conclusa e le promesse del pacchetto Colombo non sono state mantenute, il Golpe Borghese è fallito, eppure la mafia ha ottenuto ugualmente una quantità indescrivibile di benefici: in primo luogo l’ingresso nella massoneria, e quindi, l’ingresso nelle istituzioni, nell’amministrazione in generale, negli apparati economici, nel traffico di droga. C’è qualcosa che non torna. Questo sembrerebbe un premio, una ricompensa. E la domanda, pertanto, sorge spontanea: se la mafia è intervenuta nella rivolta in modo tale che venisse egemonizzata dalla cosiddetta estrema destra per ottenere una storica vittoria contro lo Stato e una fetta del nuovo potere costituitosi, c’è da chiedersi come sia stato possibile che, dopo la fine della Rivolta stessa e il fallimento del Golpe, non abbia subito ritorsioni da parte dello Stato vincente. Invece tutto il contrario. Le nuove leva della mafia capeggiate dai fratelli De Stefano, quelli che volevano cambiare le regole per poter entrare in contatto con le istituzioni e per ottenere il controllo dell’economia e del traffico di droga, hanno avuto tutto. Mentre persone come Aloi e Meduri hanno subito calunnie, offese, diffamazioni, tentativi gravi di delegittimazione, isolamento politico, processi costruiti sul nulla. Eppure Cosa Nostra ha subito feroci repressioni con inchieste, condanne e arresti importanti, dopo i gravi eventi verificatisi a cavallo degli anni 80 e 90.” Conclude, quindi, Iacopino con un forte invito che parta dalla “questione morale e rinnovamento culturale; confronto su proposte e progetti, battaglie comuni e prospettive che possono essere condivise; superamento delle divisioni, degli steccati ideologici, della ormai morta dicotomia destra-sinistra in favore di un progetto che si basi sulla condivisione comunitaria di valori e principi, come la responsabilizzazione, la partecipazione e la collaborazione, e che ci proietti verso un obiettivo comune, ovvero il riscatto della nostra terra. In poche parole serve una nuova rivolta di carattere soprattutto morale perché è necessario riscoprire lo spirito che caratterizzò la rivolta per riproporlo come spinta propulsiva che ci induca a ribellarci con forza a sistemi politici marci e corrotti, soprattutto se basati sullo sfruttamento del disagio.”
A questo punto è la volta di Adriano Tilgher, già presidente del movimento neofascista extraparlamentare Avanguardia Nazionale, il quale si dimostra sin da subito un grande oratore ed un grande appassionato alla sua storia ed alla storia del suo movimento. Gli spunti dell’intervento di Tilgher sono tratti dai dossier della giornalista Alessia Candito per la testata “Il Dispaccio”, la quale ricostruisce i presunti rapporti fra neofascismo e ‘ndrangheta sulle parole del pentito di mafia Giacomo Lauro. Lauro che, tra l’altro, non è nemmeno testimone oculare, ma che si limita a fornire informazioni che avrebbe ascoltato o ricevuto, magari è che ha una lunga storia nella estrema sinistra calabrese. Inizia subito con appassionata polemica Tilgher, “ogni volta che vengo a Reggio mi emoziono, perché qui ho vissuto una alcune delle pagine più belle della mia vita, e perché voi reggini avete costruito una delle più belle pagine della storia recente d’Italia! E tutto questo non può essere disconosciuto dal resto d’Italia perché qui a Reggio si è fatta la storia e noi dobbiamo leggere documenti che buttano fango su questa città, di questa gente come questa Candito che non è degna di essere cittadina di Reggio. Come si fa a confondere il sangue di Labate, di Iaconis, di Campanella con la ndrangheta e la massoneria? Come si fa a confondere il carcere, le ferite, le menomazioni subite per quella rivolta di unità nazionale. Perché Reggio non si voleva staccare dall’Italia, Reggio voleva giustizia!” Ricorda poi il convegno del 1992, dove tutte le varie e composite anime della Rivolta si ritrovarono per celebrare il ventennale della Rivolta, e ricorda come tutti condividevano “il fatto che quei Moti erano di Popolo, di tutto il Popolo reggino. La città tu in un tutt’uno che si ribellava al sopruso politico al grido di boia chi molla contro le lusinghe del potere e contro le angherie e i soprusi dei vari Mancini e Misasi. Reggio è stata la sintesi di tutte le forze vitali di quella città, non c’era più destra e sinistra, ma un Popolo contro il sistema dei partiti e contro il potere.” Continua ancora Tilgher “nella Rivolta c’erano tutti, il sindaco Battaglia era un democristiano, c’era il partigiano Perna, c’era Ciccio Franco di Avanguardia Nazionale, c’era repubblicano Matacena, e non c’era discriminazione l’un l’altro. Cera una volontà unica sulla quale occorre ricostruire l’Italia del domani. Fu un grande esempio un grande esempio il vostro, un esempio che dovremmo seguire oggi più di ieri. Ma quando è scoppiata la Rivolta nessun partito politico ha capito la Rivolta. E Reggio ha ripagato distruggendo tutte le federazione e bruciando in piazza la stampa di partito, a dimostrare che era una città unita contro tutte le baronie partitocratiche che in quel momento imperavano. Ma mi spiegate che centra la ndrangheta con tutto questo? Su una spontanea protesta popolare?” Conclude Tilgher fra gli applausi mentre legge tutti i nomi degli Avanguardisti che, a servizio della città e della sua Rivolta, hanno pagato amaramente con la detenzione in carcere. Ma ancora prima vuole parlare con interrogativi ironici dei dossier che continuano ad infangare Reggio e la sua Rivolta perché “espressione di una mentalità, quella mentalità e quel metodo leninista che fa del falso la campagna politica. Dice falsità, dice frasi ad effetto buttati qua e là, ripesca vecchie cose già smentite dai processi e dalla realtà e le vende come se fossero nuove ed emergenti. Dice delle cose che sono contraddittorie fra di loro. La storia dei cinque anarchici che sono morti? Gli stessi anarchici che si incontrarono a Vibo Valentia con i nostri di Avanguardia la sera prima di partire per Roma dove dovevano andare a fare una manifestazione e non per portare importanti documenti. E si erano incontrati per decidere una strategia in cui insieme si poteva aiutare a difendere la città di Reggio. E questi giovani vanno a finire sotto un camion e si inventano che il camion e i trasportatori fossero al servizio di Borghese. Cose smentite dalle indagini della polizia e dai processi! Però dopo tanti anni torna fuori questa menzogna per la suggestione. Il pentito Lauro? Lauro ha detto però sono stati assolti, Lauro è credibile però sono stati assolti. Ma mi spiegate come fa ad essere attendibile se tutte le accuse sono state smentite e tutti gli imputati sono stati assolti? Non viene mai condannato uno per le affermazioni di Lauro, ma ogni volta viene coinvolto questo nome. E ancora si legge Stefano Delle Chiaie come responsabile materiale e morale delle stragi. Ancora? Nel 2012 quando la storia delle stragi è scritta?! È scritta sulla pelle di chi doveva essere accusato delle stragi, di chi doveva essere ucciso perché i processi ai morti non si fanno e le condanne non dovevano essere fatte. Ci sono chilometri di sentenze che hanno smentito tutte queste menzogne! E la vita di Stefano Delle Chiaie è stata rigirata come un pedalino tanto che alla fine è stato assolto pienamente e gli hanno dovuto chiedere scusa. Ma di che cosa stiamo parlando? La strage di Gioia Tauro? Ci sono le perizie, ci sono le ordinanze, ci sono le sentenze, ci sta tutto che dice che è stato un incidente materiale. C’è il verbale della polizia il quale esclude che sotto tutti i punti di vista si possa parlare di un attentato terroristico. Ci sono i periti che dicono la stessa cosa, ma la signora Candito dice l’esatto opposto. Dice proprio il falso! Ma come si fa a spargere tanto veleno su questa città? Le cose contraddittorie poi, ad esempio l’evento di Montalto in cui doveva esserci il comandante Borghese. Peccato che ne hanno arrestati 72 ma il comandante Borghese non c’era. Non voglio infierire ma, vedete la stessa giornalista scrive sui suoi dossier che tutti sono stati assolti ma la verità emerge 23 anni dopo, ancora una volta è Lauro a fare luce. Ma ci vuoi prendere per i fondelli? Ci hai presi per idioti?”
L’ultimo a prendere la parola, dopo l’intervento di Giampaolo Catanzariti, è l’on Natino Aloi il quale dopo aver ricordato anche lui la trasversalità della Rivolta, incentra il suo intervento sulla questione morale. “Per la sinistra un moto popolare si sarebbe potuto fare solo se ci fossero delle condizioni sociali visibili, e qui fu il suo errore di lettura. Perché le condizioni sociali c’erano in fondo, ma lì c’era il capoluogo. Ecco il fatto morale, questo capoluogo. Perché dai Vespri Siciliani alla Rivolta il mezzogiorno si è sempre espresso attraverso rivolte morali. Certo le esigenze c’erano, ma senza la motivazione del capoluogo non ci sarebbe stata nel Sud la Rivolta, e Avola e Battipaglia. La mafia, ma a chi la raccontiamo sta storia? La mafia, come diceva il prefetto Mori, è una vecchia baldracca che si struscia con chi ha il potere. Ma il controllo del territorio, con migliaia e migliaia di poliziotti e carabinieri, ma voi pensate che questo potesse essere una condizione favorevole per la mafia e per poter agire liberamente e tranquillamente nei sui affari, e quindi la mafia potesse vedere di buon occhio ed appoggiare la Rivolta? Volevano che finisse anzi, perché non potevano fare le loro operazioni.” E continua Aloi in conclusione “Reggio ha una strada, che è la rivolta morale. E voi ragazzi avete una strada sola, questa strada morale. E io ragazzi vengo da voi proprio per questo, perché voi avete un ruolo storico, ovvero costruire la rivolta morale. Con una vostra identità, con una vostra differenzazione rispetto agli altri, perché ormai la destra ufficiale è finita e fatta di personaggi che ci stanno facendo vergognare! Voi siete ormai uno dei punti di riferimento! E voi dovete avviare questa rivolta morale così come è stata la Rivolta di Reggio. E forse avrete tanto spazio davanti a voi. Perché i calabresi e gli italiani hanno bisogno di vedere pulizia, di vedere gente trasparente, di vedere gente che non offende la propria storia.”
Dopo poco più di un’ora e mezza il convegno si conclude fra la soddisfazione generale, e ricordando il prossimo appuntamento per sabato 20 alle ore 18.00 per la presentazione del libro “L’aquila e il Condor” presso la sala Giuditta Levato a palazzo Campanella, sede del Consiglio della Regione Calabria, con l’autore Stefano Delle Chiaie.
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