Il politologo Alessandro Campi intervistato da “Calabria on web”
redazione | Il 15, Ott 2012
Sul mensile edito dal Consiglio regionale l’esperto spiega il quadro politico nazionale, a suo dire “confuso e complicato”
Il politologo Alessandro Campi intervistato da “Calabria on web”
Sul mensile edito dal Consiglio regionale l’esperto spiega il quadro politico nazionale, a suo dire “confuso e complicato”
Cento intellettuali e una rivista (la testata è: “Rivista di Politica”, edita dall’editore calabrese Rubbettino e fa capo all’Istituto di Politica con sede a Roma e Perugia, composto da un network di studiosi e di intellettuali non solo italiani) “per creare una rete, per dare vita ad una comunità virtuale composta da persone che condividono le stesse preoccupazioni come cittadini e gli stessi interessi come studiosi”. A coordinarla è il politologo Alessandro Campi, docente di storia del pensiero politico all’Università di Perugia, già direttore scientifico della Fondazione “FareFuturo”, che, intervistato da “Calabria on web” (www.calabriaonweb.it) il mensile edito dal Consiglio regionale della Calabria, si sofferma sulla situazione politica italiana con un occhio attento al Mezzogiorno (Campi è nato a Catanzaro). A colloquio con Luigi Pandolfi, il politologo spiega che “il quadro politico nazionale è a dir poco confuso e complicato. Peraltro, è caratterizzato da una circolarità perversa tra politica e mondo dell’informazione. Spesso i commentatori – argomenta – politici sono più partigiani degli stessi esponenti politici. Il che rende appunto necessario un punto di osservazione per così dire neutrale e distaccato quale quello che abbiamo cercato di costruire con l’Istituto di Politica. Mettersi nella condizione di osservatori e analisti non significa, ovviamente, rinunciare alle proprie preferenze e passioni, ma queste ultime non possono avere il sopravvento sul ragionamento e sulla capacità di giudizio, che per essere efficace deve necessariamente accompagnarsi al senso critico e al dubbio. Gli italiani, negli ultimi vent’anni in particolare, hanno vissuto la politica alla stregua di una passione calcistica, si sono divisi in due tifoserie, senza più nemmeno disporre, a giustificazione delle proprie preferenze, di un retroterra ideologico o culturale. Si è stati pro o contro Berlusconi in maniera istintiva o pregiudiziale. Questo eccesso di febbre politica, mano a mano che il sistema politico ha dimostrato di non funzionare, ha determinato alla fine un eccesso di segna opposto: l’antipolitica, la protesta indifferenziata contro il Palazzo, della disillusione la più totale. Se questo è il quadro, bisogna cercare di recuperare uno spazio di discussione politica all’insegna della moderazione, della serietà, del rigore e dell’obiettività”. Tra i collaboratori del prestigioso trimestrale, studiosi francesi, inglesi e statunitensi, ma anche giovani, attivi nel Mezzogiorno d’Italia: “Sono infatti convinto che nel Sud e nelle sue Università – chiarisce il prof Campi – ma talvolta anche al di fuori del circuito accademico, ci siano numerose energie intellettuali, il cui unico rischio è quello di restare disperse e isolate”. Sul Mezzogiorno, il professor Campi è quasi lapidario: “La triste realtà è che quella che un tempo si definiva la questione meridionale è totalmente scomparsa dall’agenda politica nazionale. La Lega ha forzato l’attività del governo Berlusconi in senso, appunto, nordista. Il governo Monti, dal canto suo, ha dovuto fare i conti con un’emergenza finanziaria talmente grave da non poter dare seguito ai buoni intendimenti riguardo il Sud e il suo sviluppo che pure aveva manifestato al momento del suo insediamento”. Infine, Campi invita le classi dirigenti italiane (non solo i politici) “a rendersi conto che senza un repentino cambio d’atteggiamento l’Italia è destinata ad un triste declino. L’Italia, nella sua storia, prima e dopo l’unificazione politica, ha conosciuto momenti di degrado e decadenza, determinati proprio dal venire meno della funzione di guida e indirizzo delle sue élite. Il risultato è stato lunghi periodi storici di ristagno produttivo, di imbarbarimento dei costumi e della società, di perdita d’influenza sulla scena mondiale e di marginalità dal punto di vista culturale. Guardando alla storia – e considerate le potenzialità che il nostro Paese comunque ancora possiede – forse ci vorrebbe una scatto d’orgoglio unito ad un ritrovato senso della responsabilità da parte di tutti coloro che, a vario titolo, rivestono ruoli di vertice in questo Paese”.