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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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La dirigenza scolastica nella XVII legislatura in 10 punti

La dirigenza scolastica nella XVII legislatura in 10 punti

| Il 18, Feb 2013

Ecco la nota del presidente nazionale dell’Associazione professionale e sindacale dirigenti Miur Attilio Fratta

La dirigenza scolastica nella XVII legislatura in 10 punti

Ecco la nota del presidente nazionale dell’Associazione professionale e sindacale dirigenti Miur Attilio Fratta

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

PREMESSA

La crisi economica, sociale, culturale e segnatamente etico-morale in cui versa il nostro Paese non può lasciare indifferente nessun cittadino di una repubblica democratica come la nostra e men che meno chi si occupa direttamente della gestione e organizzazione della scuola pubblica.

La scuola italiana di oggi, registrando un’evidente disattenzione dei governanti per l’intero settore, i suoi operatori e particolarmente per i dirigenti scolastici, ha profondamente risentito del degrado scaturito dalla crisi, subendo perdita di consenso, obbligando da tempo i dirigenti a destreggiarsi nelle ambasce di tagli ai fondi e dimensionamenti indiscriminati, nella gestione di istituzioni accorpate e non di rado anche molto distanti tra loro.

La mole dei problemi è destinata a crescere anche per effetto della spending review , per il ridotto numero di dirigenti scolastici (poco più di 7.500 unità a fronte di 18.000 degli anni ’80) e per l’inesistenza di un middle management che condiziona pesantemente la gestione delle istituzioni scolastiche.

Vanno altresì sottolineate le criticità strutturali in materia di sicurezza attestante che l’edilizia scolastica non è prioritaria nell’agenda politica italiana:

• solo ¼ degli edifici è stato costruito negli ultimi 30 anni;

• il 33,5 % non possiede un impianto idrico antincendio;

• il 32,4 % è in area a rischio sismico;

• il 10,67 % è in area a rischio idrogeologico.

Sicché, pur essendo istituzionalmente e costitutivamente il luogo dell’esercizio del diritto allo studio e dell’uguaglianza di opportunità per tutti, d’integrazione e inclusione, ascensore sociale e contesto di ricostruzione civica del Paese, la scuola italiana contraddice di fatto questa sua mission: le indagini nazionali sono eloquenti (per citarne alcune, si analizzino gli esiti delle prove INVALSI, lo studio della Fondazione Agnelli del 2011, il Rapporto Censis del 2012 sulla situazione sociale del Paese) e internazionali (v. il rapporto secondo cui l’Italia occupa il 31° nella classifica dei 32 Paesi OCSE).

Di tali situazioni il caprio espiatorio privilegiato è sovente il dirigente chiamato sempre più spesso a rispondere per inadempienze non di competenza e nelle quali non ha alcun potere di intervento.

L’assenza di valorizzazione del merito e la mancanza di un competente organismo che valuti le scuole pesa sia sugli insegnanti, ancor oggi alla mercé della logica sindacale omologante degli anni ’70, sia sullo stesso dirigente, nonostante il suo essere figura di professionalità apicale, attore e promotore delle autonomie.

Invero, quella del dirigente è una figura pressoché assente da ogni agenda politica malgrado egli sia caricato da un compito gravoso eppure penalizzato da tangibili forme sperequative, denunciate dettagliatamente dalla scrivente associazione e che si riferiscono a due forme di sperequazione:

a. quella esterna tra i dirigenti scolastici e i dirigenti ministeriali;

b. quella interna fra gli stessi dirigenti delle scuole dell’Area V, cui conseguono differenti e talvolta consistenti trattamenti economici a dispetto della loro qualifica dirigenziale pleno iure .

E’ incomprensibile ed insopportabile l’attuale sperequazione retributiva che viola anche i più elementari principi costituzionali e le norme vigenti.

Non si può accettare che dirigenti di II fascia percepiscano una retribuzione di gran lunga inferiore a quella di altri dirigenti di pari fascia e che tra gli stessi dirigenti scolastici vi siano ben quattro diverse retribuzioni.

La disparità retributiva tra i dirigenti scolastici è dovuta al mancato riconoscimento della R.I.A. (retribuzione individuale di anzianità) che viene riconosciuta a tutti gli altri dirigenti del pubblico impiego.

Nella preoccupante temperie del “triste primato dell’istruzione” e nella convivenza di vecchie e nuove norme, spesso tra loro inconciliabili – che invocano nell’azione dirigenziale l’arte della mediazione con i vari stakeholders – il dirigente scolastico esercita una funzione e un ruolo assolutamente inediti e la cui declinatoria di competenze è evidentemente diversa da quella voluta per il capo d’istituto dall’art. 369 del D.Lgs n. 297/’94 (v. declinatoria art. 25 D.Lgs. 165/2001.

Cionondimeno, il dirigente viene ancora erroneamente assimilato, non solo nominalmente ma di fatto, al ruolo e alle funzioni contenute nel T.U. del 1994; e, pertanto, non adeguatamente considerato per il suo specifico attuale.

Il dirigente scolastico, in qualità di unico rappresentante legale dell’istituzione nonché titolare delle relazioni sindacali (funzioni non delegabili), è chiamato a governare una scuola autonoma non più incardinata nel sistema verticistico–piramidale e a una gestione, mix riflessivo di managerialità e leadership educativa, che coniughi le accresciute potestà dirigenziali con il carico delle responsabilità (oltre a quelle relative alla sua funzione dirigenziale, anche altre di natura civile, penale e amministrativa) ulteriormente sancite dal D.Lgs. 150/2009, dovendo perseguire comunque, e a dispetto delle situazioni che ben poco dipendono da lui, l’efficacia, l’efficienza e l’economicità richieste anche dalla scuola europea.

La Dir-Presidi-Scuola – associazione professionale e sindacale di dirigenti scolastici, impegnata nella promozione di una scuola pubblica di qualità, nella tutela dei diritti e nella formazione della categoria, avvertendo il disagio, il malcontento e la preoccupazione per la situazione attuale e lo scarso se non addirittura nullo interesse da parte dello Stato e della politica verso il settore Istruzione/Università/Ricerca (uno dei più deboli, con urgente bisogno d’interventi strutturali su vari fronti, ancorché strategico per l’adeguato funzionamento, la crescita economica e sociale, lo sviluppo civile e culturale di un Paese) – con il presente documento fa appello a tutte le forze politiche chiedendo loro impegni ufficiali per l’assoluzione dei problemi evidenziati.

La Dir-Presidi-Scuola preliminarmente ricorda che la scuola pubblica, in ossequio agli artt. 2, 3, 33, 34, 28 e 97 della Costituzione, è tenuta ad essere laboratorio e volano di crescita sociale e culturale di un popolo capace di fronteggiare oltre alle emergenze soprattutto le sfide crescenti del terzo millennio.

E sottolinea che il capitale umano che si coltiva peculiarmente nella scuola richiede da parte di tutti – ed in primis della politica, dello Stato e dei governanti – una totale inversione di tendenza, attenzione e considerazione non solo e tanto proclamate, ma agite con una forte e produttiva intenzionalità.

Le risorse destinate all’Istruzione/Educazione/Cultura/Università/Ricerca, a quelle dei suoi operatori e delle professionalità che ne sono a capo, non sono spesa ma investimento: è in questo settore che si costruisce il futuro di un’intera Nazione e con cui si può contrastare la crisi che, molto spesso, è causata proprio dalla scarsa attenzione all’ istruzione e alla formazione. In momenti di crisi non si tagliano i fondi alla scuola e alla cultura in genere; paradossalmente si incrementano proprio perché bisogna prendere atto che la crisi è prioritariamente di valori, di principi, di formazione e, quindi, di cultura in genere.

Alle forze politiche, che si candidano al governo del Paese, la DIR-PRESIDI-SCUOLA chiede la consapevolezza della responsabilità che sono tenute ad assumere in ordine al cogente problema suaccennato, acquisendo più accurata conoscenza del pianeta scuola, delle rivoluzioni in esso intervenute negli ultimi decenni e di cui molte aree sono ancora abbastanza ignote proprio a chi dovrebbe promuovere la centralità del sistema di formazione delle future generazioni.

Ed è specificamente a sostegno di questo valore che, ai politici di qualsivoglia coalizione, la DIR-PRESIDI-SCUOLA chiede di attivarsi concretamente anche sulla base delle istanze provenienti da chi gestisce la scuola pubblica vivendone la complessità della c.d. modernità liquida, e spesso complicatezza dei casi quotidiani, con responsabilità enormi, oneri e i rischi che ne derivano.

Il fine è quello di condividere una vision e una mission tali da realizzare la rimozione degli ostacoli “di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”(art. 3 Cost.) in modo che “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi” siano messi in condizione “di raggiungere i gradi più alti degli studi” (art. 34 Cost.) per il bene di tutti e della Nazione.

Questi i punti in cui si esplicita l’appello:

1. Intervenire efficacemente sulle criticità strutturali in materia di sicurezza. Occorre una più equilibrata revisione di spesa e l’utilizzo di fondi ricavati dalla lotta alla mafia e all’evasione fiscale (più soldi alle scuole).

2. Rivedere i commi 4 e 5 dell’art. 19 della L. 111/2011, nel rispetto della sentenza n.147 di giugno 2012 che ne ha dichiarato l’incostituzionalità, ridimensionando i parametri numerici elevati, adeguandoli alle caratteristiche socio-economiche e culturali delle aree geografiche. E’ impensabile che un dirigente possa assicurare anche la qualità dell’offerta formativa e del successo scolastico e formativo se deve gestire istituzioni con oltre mille alunni suddivisi in sedi e plessi anche distanti decine di chilometri.

3. Riconoscere e valorizzare lo status economico e sociale della dirigenza scolastica. Occorre promuovere una urgente revisione giuridico-normativa che sani al più presto le sperequazioni sofferte ed esplicitate in premessa. I dirigenti scolastici, soggetti qualificati della P.A., meritano dallo Stato lo stesso trattamento, se non superiore, di quello riservato agli altri dirigenti di pari fascia; eliminando ancor prima la sperequazione interna riconoscendo la R.I.A. a tutti i dirigenti scolastici.

4. Prevedere, come per tutti gli altri dirigenti della pubblica amministrazione, dopo la selezione concorsuale, la frequenza della Scuola Superiore per la P.A. anche per i dirigenti scolastici. Il semplice superamento delle prove concorsuali non assicura il possesso delle necessarie competenze che vengono oggi richieste al dirigente scolastico il quale può accedere alle procedure concorsuali con il possesso di una qualsiasi laurea. La frequenza della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione servirà sicuramente allo scopo.

5. Istituire la vice-dirigenza, il c.d. middle management. Anche questa è una delle tante anomalie riservate alla scuola. In tutti gli altri settori del pubblico impiego è prevista la figura della vice dirigenza o di figure intermedie. Nella scuola, a causa anche della impossibilità di delegare funzioni superiori anche ai collaboratori del dirigente, così come ribadito dalla L. 135/2012, la c.d. spending rewiev, vengono a determinarsi vere e proprie situazioni di vuoti di potere non avendo previsto il legislatore alcuna forma di sostituzione del dirigente se non per assenze superiori a due mesi.

6. Stabilizzare la coda dei presidi incaricati. Detto personale, dopo la soppressione dell’istituto dell’incarico di presidenza, da oltre un decennio serve lo Stato senza alcun demerito. Trattasi di poche decine di “servitori dello Stato” che hanno diritto allo stesso trattamento riservato a migliaia di altri presidi incaricati, che , con apposito concorso riservato, sono stati assunti nel ruolo della dirigenza anche con un solo anno di servizio da incaricato.

7. Eliminare il precariato dei docenti. Non vi è alcuna ragione, se non legata a logiche di sfruttamento e di dipendenza, per ricorrere annualmente a decine di migliaia di contratti annuali su posti vacanti. Tale situazione, oltre che danneggiare i diretti interessati, ha conseguenze negative sull’avvio dell’anno scolastico, che i dirigenti non riescono a garantire in modo regolare, e che pregiudica notevolmente la tanto conclamata, anche nelle recenti indicazioni nazionali, continuità.

8. Legare la soluzione del personale al reale possesso delle competenze atteso che ai titoli di studio, spesso acquisiti “sul libero mercato”, non corrispondono le competenze richieste dalla funzione e/o mansione da svolgere. Soltanto nella P.A. si continua ad assumere personale senza alcuna verifica delle competenze.

9. Prevedere forme di coinvolgimento del dirigente nell’assunzione del personale. Il dirigente non può assicurare l’efficienza e l’efficacia del servizio se non ha alcun potere di selezione del personale.

10. Prevedere un valido sistema di valutazione interna ed esterna che valorizzi e premi il merito aumentando anche il potere disciplinare del dirigente . Non è più tollerabile che soggetti a cui è affidato ” lo sviluppo armonico e integrale della persona, all’interno della Costituzione italiana e della tradizione culturale europea” non debbano rispondere di risultati della loro funzione. Parimenti non tollerabile è che, soggetti terzi, debbano e possano intervenire a livello disciplinare. La competenza in materia deve essere riservata esclusivamente al dirigente prevedendo adeguati provvedimenti sanzionatori nei confronti di quanti dovessero abusare di tale potere.

Il presidente nazionale dell’ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE E SINDACALE DIRIGENTI M.I.U.R. Attilio Fratta