Il Pd passa all’attacco, assumendosi la responsabilità di avanzare una propria proposta al Capo dello Stato
redazione | Il 08, Mar 2013
Editoriale di Bruno Morgante
Il Pd passa all’attacco, assumendosi la responsabilità di avanzare una propria proposta al Capo dello Stato
Editoriale di Bruno Morgante
Si è tenuta la direzione del PD nella quale Bersani ha avuto l’unanimità sulla sua proposta da presentare al Capo dello Stato per la formazione del Governo.
Per tentare di comprendere gli avvenimenti, data la situazione ingarbugliata, è necessario tenere presente il quadro d’insieme.
I risultati elettorali hanno visto l’alleanza di centro sinistra avere la maggioranza relativa sia alla Camera che al Senato.
Per effetto della legge elettorale, detta “porcellum” proprio per gli effetti diversi che può generare tra Camera e Senato, il centro sinistra ha la maggioranza assoluta alla Camera dove può contare su 340 deputati su 630 per effetto del premio di maggioranza assegnato sulla base dei voti presi a livello nazionale, mentre al Senato ha la maggioranza relativa in quanto i premi di maggioranza vengono calcolati per ogni singola regione.
Il centro sinistra per ottenere la maggioranza al Senato, necessaria per varare un governo che deve avere la fiducia in entrambe le camere, deve allearsi o con Grillo o con Berlusconi, in quanto non raggiunge la maggioranza sommando i suoi senatori con quelli assegnati a Monti.
Il problema non è di semplice soluzione.
Ci troviamo di fronte a tre forze difficilmente comunicanti tra di loro.
Il centro sinistra e il centro destra potrebbero teoricamente dare vita a un governo di larghe intese, sperimentato in molti paesi europei, governo basato su alcuni punti programmatici precisi e condivisi per uscire dall’emergenza.
La difficoltà sta nel fatto che il centro sinistra ritiene Berlusconi inaffidabile, perché abituato, compreso per ultimo l’atteggiamento tenuto con il governo Monti, a comportarsi da responsabile nei momenti in cui l’alleanza è a lui conveniente, salvo rovesciare il tavolo appena i sondaggi o la sua convenienza gli dicono che la bufera è passata, addossando ai suoi avversari tutto quello che di impopolare si è fatto riprendendo il ritornello dei “soliti comunisti che mettono tasse”.
E’ impossibile un’alleanza tra Berlusconi e Grillo non solo sul piano politico, ma anche dei numeri, perché, come si diceva prima, il centro sinistra ha la maggioranza assoluta dei deputati, per cui il pallino è nelle sue mani e lui è il perno di qualsiasi maggioranza.
Rimane l’ipotesi di un’alleanza tra centro sinistra e Grillo, molto difficile, se non impossibile, in quanto Grillo ha manifestato continuamente la propria indisponibilità, essendo il suo un movimento che vuole distruggere gli attuali partiti con cui non ha niente da spartire e che è alternativo all’attuale organizzazione dello stato e all’attuale modello di sviluppo italiano ed europeo.
Né può essere presa in considerazione la provocazione lanciata di un governo minoritario monocolore grillino.
Grillo e i grillini attaccano ed insultano continuamente politici, giornalisti, partiti, sindacati, che vogliono mandare a casa quali rappresentanti della democrazia rappresentativa per dare spazio alla democrazia della rete (democrazia diretta dei cittadini dove alla piazza di Pericle si sostituisce la rete) e per dare vita alla “decrescita felice”, per cui si può essere felici avendo di meno, ma diversamente, in quanto buona parte dei consumi di oggi è superfluo.
Grillo ha ottenuto il 25% dei voti alla camera, risultando la novità e il vero vincitore delle elezioni.
Insieme a un voto di adesione alla sua visione, possiamo dire quasi ideologica, da parte degli adepti della prima ora e al voto di chi fiuta il vento e vuole salire sul carro del vincitore, buona parte dei consensi di Grillo sono venuti dal malcontento popolare dovuto al disagio sociale e ai drammi che si vivono nelle famiglie attanagliate dalla crisi e dal malcontento dei giovani precari e disoccupati.
Con efficacia ha arringato le piazze d’Italia gridando slogan e insulti contro i politici, contro il costo della politica, contro i partiti, promettendo di cacciarli tutti con le mani alzate e di far pagare quanto hanno preso allo stato.
Rispetto a questo scenario la direzione del PD ha approvato all’unanimità, con uno astenuto, di chiedere al Capo dello Stato, a cui la costituzione attribuisce il potere di nominare il Presidente del Consiglio, di conferire a Bersani il mandato per formare il governo sulla base di otto punti, che si possono leggere in un articolo allegato, da sottoporre all’approvazione del parlamento.
Il Presidente Napolitano non potrà non dare l’incarico a Bersani, secondo l’indicazione del centro sinistra.
Se Bersani non dovesse ottenere la fiducia al Senato, come è prevedibile, vista la posizione reiterata di Grillo di negare la fiducia a qualsiasi governo e vista l’indisponibilità dichiarata di Bersani ad un’alleanza con Berlusconi, il Presidente Napolitano dovrebbe procedere a un nuovo incarico per la formazione del Governo, non potendo sciogliere le Camere perché nel semestre precedente la fine del settennato la costituzione prevede che non può sciogliere le camere.
Il centro sinistra otterrebbe comunque tre risultati:
1 – una forte esposizione mediatica sugli otto punti programmatici su cui Bersani sfida Grillo, che racchiudono molti dei temi usati da Grillo durante la campagna elettorale, in modo da rendergli difficile utilizzare gli stessi slogan per raccogliere consensi nell’area del disagio sociale, apparendo non credibile perché poteva concorrere a legiferare su quei problemi e non ha voluto farlo, mentre ha scelto di essere coerente con una linea di opposizione preconcetta sulla base non dei problemi della gente, ma di posizioni ideologiche sulla democrazia diretta e sulla decrescita felice, che utilizza il malcontento solo per mandare in crisi il sistema;
2 – gestire l’ordinaria amministrazione dopo che Bersani avrà rimesso il mandato nelle mani del Capo dello Stato, non avendo ottenuto la fiducia al Senato, dopo averla ottenuta alla Camera dei deputati;
3 – ribadire la propria contrarietà ad alleanze politiche con Berlusconi senza precludere convergenze autonome su governi del presidente o governi di scopo per superare l’impasse in cui si trova il Paese.
Se Napolitano, prendendo atto che Bersani non ha una maggioranza precostituita nei due rami del Parlamento, dovesse impedirgli di presentarsi alle camere e dovesse procedere a un nuovo incarico sarebbe vissuto dal centro sinistra come un atto ostile nei propri confronti e difficilmente potrebbe accettare governi con maggioranze precostituite, che si potranno fare necessariamente insieme al PDL, per cui lo scenario più probabile diventerebbero le elezioni anticipate,che si potrebbero tenere solo dopo l’elezione del nuovo Presidente.
Difficile pensare che nell’attuale situazione di crisi si possa andare avanti con l’ordinaria amministrazione per dei mesi.
Una ipotesi possibile, ma non probabile perché esclusa dallo stesso Napolitano, sarebbero le dimissioni di Napolitano stesso, per cui si dovrebbe procedere prioritariamente all’elezione del nuovo presidente, in questo caso sarebbero sufficienti i voti di Monti e del centro sinistra, che potrebbe subito sciogliere le camere e indire nuove elezioni entro Maggio.
Come si diceva è uno scenario improbabile per cui, ritornando alla prima ipotesi, dopo la rinuncia di Bersani per non avere ricevuto la fiducia al Senato, sarà più facile andare alla formazione di un governo del presidente o di scopo con l’incarico di approvare una nuova legge elettorale, una riduzione dei costi della politica, compreso le indennità dei parlamentari, la diminuzione dei parlamentari, la ricontrattazione con Bruxelles dei vincoli di austerità, per permettere una politica di crescita dell’occupazione e dell’economia.
Dopo si potrà tornare alle urne se le forze politiche non riusciranno a trovare un nuovo accordo politico programmatico.