Dismorfofobia: come guarire?
Il dott. Amuso sul disturbo che consiste nella sofferenza legata al pensiero di essere brutti
Dismorfofobia: come guarire?
Il dott. Amuso sul disturbo che consiste nella sofferenza legata al pensiero di essere brutti
Carissimi lettori, dopo una breve pausa silenziosa, dovuta ad impegni congressuali, ritorno a farmi sentire o meglio leggere attraverso la rubrica che porta il mio nome.
Sapete carissimi lettori che nell’edizione appena passata del congresso SIME, il più importante in Italia per la medicina e chirurgia estetica e la medicina anti-aging , la nostra Calabria è stata ben rappresentata: presente nel novero degli espositori con prodotti di alta qualità la Femass SRL di Bovalino RC, nei medici partecipanti alla formazione di lavori scientifici: Dott. T. Pecora di Catanzaro, Dott. A. Callea di Reggio Calabria, nei medici relatori Dott. F. Feroleto De Maria di Vibo Valentia, Dott. D. Amuso di Taurianova RC.
Uno dei principali problemi che il medico e chirurgo estetico deve affrontare, è la valutazione di paziente con problemi dismorfobici.
Oddio!!! Di che nuova malattia si tratta?
La dismorfofobia è un disturbo che consiste nella sofferenza legata al pensiero di essere brutti.
Nel tempo questa paura ha un’evoluzione, e cioè diventa la convinzione di non essere abbastanza belli.
Dalla paura di una cosa si passa all’idea di essere quella cosa.
Chi soffre di questa patologia, solitamente si presenta davanti al medico in questi termini “sono brutto, se fossi bello certamente il problema non ci sarebbe”.
Il comportamento rincorre alternatamente l’idea di migliorarsi o l’idea di correggersi o mascherarsi, ma in tutti e due i casi non c’è mai la soddisfazione per essere sufficientemente belli.
Di fatto di fronte alla dismorfofobia, la persona si percepisce lontana da una situazione di presentabilità estetica, spaventata dal diventare brutta e di invecchiare. La percezione di se di fronte alla patologia, risulta decisamente alterata, nel senso che chi si ritiene brutto finisce solamente per vedere gli altri belli, sempre più belli. Se uno pensa di avere il naso storto, vedrà gli altri nasi sempre più dritti, e tenderà a creare un mito di bellezza, di regolarità, di proporzione, a diventare cioè un esperto e un sostenitore del bello che non è ma a cui si vorrebbe almeno avvicinare.
A volte cambiarsi i connotati sembra l’unico modo per mettersi al sicuro dalla bruttezza, e scongiurarla quando si invecchia, e così i dismorfofobici ricorrono alla chirurgia e alla medicina estetica che però non li soddisfa.
Quando il medico capisce che si trova di fronte ad un paziente dismorfico vi è una forte resistenza , irritazione e disagio nelle spiegazioni che il sanitario dà.
La dismorfofobia rende insoddisfatti del proprio corpo, “bello” o “brutto” che si possa definire, rende storto il proprio naso, che sia storto o diritto, rende troppo grassi, che si sia grassi o magri.
Nelle forme più gravi c’è un’alterazione delle percezioni visive e propriocettive, cioè di come uno si rappresenta il proprio corpo, i propri movimenti, le proprie proporzioni, fino a un vero delirio.
Esistono pazienti che affermano di avere parti del corpo sproporzionate, troppo piccole, troppo grandi, troppo gonfie, e così via, e sostengono questa tesi contro ogni logica di misurazione e di giudizio altrui. In questo stadio cioè non c’è più un senso rispetto a cosa gli altri possono dire: si è brutti, anche se gli altri dicono che non vedono il problema, il corpo è deforme anche se le misure sono normali, e così via.
La dismorfofobia (dal greco dis – morphé, forma distorta e phobos, timore) è uno specifico tipo di fobia che nasce da una visione distorta del proprio aspetto fisico, innescata da un’eccessiva ed ossessiva preoccupazione della propria esteriorità.
Nei soggetti colpiti provoca un forte stress emozionale e non pochi problemi a relazionarsi. Spesso la paura di non piacere e la scarsa autostima portano all’isolamento sociale e ad una profonda chiusura in sè stessi e nelle proprie insicurezze.
Ad esserne maggiormente colpiti gli adolescenti, sia maschi che femmine, in cui è basso il livello di autostima e la sicurezza di sè.
Esistono varie forme e vari livelli di dismorfofobia: l’attenzione del fobico può concentrarsi su una sola parte del corpo, ritenuta brutta e vissuta come un difetto irreparabile, oppure sulla totalità dell’aspetto fisico.
Le parti del corpo su cui più si focalizzano forme di insicurezza ossessive sono il seno, i capelli, le cosce e i fianchi per le donne; pene, testicoli e capelli per gli uomini.
C’è da dire che non è un caso che la dismorfofobia nasca in una società che punta molto sull’aspetto fisico e propone ad adolescenti e non, modelli di bellezza irraggiungibili, spesso anche falsi (visto che molte foto sui giornali sono ritoccate e visto che chirurgia plastica e trucco fanno miracoli).
La bellezza è spesso anche fenomeno di discriminazione, chi appare migliore, chi si presenta seguendo certi clichè, ha più successo nel trovare lavoro, viene spesso trattato meglio e tenuto più in considerazione. A volte esistono delle vere e proprie discriminazioni per i brutti anatroccoli, basti pensare alla community Beautiful People, che nega l’accesso ai non adoni.
È il caso di Danielle Nulty, una donna inglese di 26 anni con un corpo da modella… che però non riesce a godere della bellezza che la natura le ha donato. Perché Danielle ogni volta che si guarda allo specchio vede un mostro deforme.
All’età di quindici anni si convince di aver perso completamente i capelli e vede i suoi occhi rimpicciolirsi sempre di più, e a sedici anni a causa dei complessi fisici che sente di avere smette di avere una vita sociale.
Undici anni da incubo, durante i quali si vedeva con rughe profonde e zampe di gallina che incorniciavano il suo volto.
Ma come ha scoperto di essere affetta da questa patologia? Nel 2006 guardando un documentario sulla dismorfofobia scopre di sentire e provare le stesse cose di cui parlavano i soggetti intervistati. E con le dovute cure è riuscita a vivere una vita normale: oggi lavora ed ha un fidanzato.
I problemi legati alla non-accettazione dei propri difetti sono all’ordine del giorno tra i più giovani, e non solo. Ma il dimorfismo corporeo è una patologia che fa vedere quello che non c’è, isolando in un mondo da incubo chi ne è affetto sempre più legata all’aspetto esteriore. Meno grave, ma comunque con seri effetti sulla psiche, la patologia per gli adulti.