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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 09 GENNAIO 2025

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Dal Venezuela arriva il via libera all’estradizione di Aldo Micciché

Dal Venezuela arriva il via libera all’estradizione di Aldo Micciché

| Il 05, Ago 2013

Il tribunale supremo di Caracas ha approvato la richiesta di estradizione della Dda di Reggio Calabria avanzata per ottenere il rientro in Italia del Faccendiere di Gioia Tauro Aldo Micciché. Allo stato attuale l’uomo è agli arresti domiciliari in attesa di essere consegnato all’Italia

Dal Venezuela arriva il via libera all’estradizione di Aldo Micciché 

Il tribunale supremo di Caracas ha approvato la richiesta di estradizione della Dda di Reggio Calabria avanzata per ottenere il rientro in Italia del Faccendiere di Gioia Tauro Aldo Micciché. Allo stato attuale l’uomo è agli arresti domiciliari in attesa di essere consegnato all’Italia

 

 

CARACAS – Il Tribunale supremo di Caracas ha dato via libera all’estradizione in Italia «per il delitto di associazione mafiosa» del faccendiere calabrese Aldo Miccichè, arrestato un anno fa a Caracas, dove viveva da molti anni. Miccichè – nato a Maropati (Reggio Calabria), un centro della piana di Gioia Tauro, e con cittadinanza venezuelana acquisita – era stato arrestato il 24 luglio dell’anno scorso in esecuzione di un mandato di cattura per l’estradizione emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria. Ad autorizzare l’estradizione è stata la Sala di Cassazione penale della Corte. A Caracas, Miccichè è agli arresti domiciliari e – precisa la Corte – «vi rimarrà fino al momento della consegna alle autorità italiane». Il Tribunale ha tra l’altro ritenuto di non applicare la normativa che blocca le estradizioni nel caso in cui la condanna della persona accusata prescrive sulla base della legge dello Stato richiedente o concedente. «In questo caso – precisa la Corte – la prescrizione non è infatti avvalorata da alcun elemento. L’estradizione non può essere concessa neppure per quei delitti per i quali gli stati richiedenti prevedono la pena di morte o l’ergastolo». E, puntualizza ancora la sentenza, «la privazione della libertà e prevista per un periodo non superiore ai 30 anni».