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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 16 DICEMBRE 2024

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Fatti di cronaca, disfatti di giustizia

Fatti di cronaca, disfatti di giustizia

| Il 03, Feb 2014

Quello che la gente non capisce……e quello che non si osa dire

Fatti di cronaca, disfatti di giustizia

Quello che la gente non capisce……e quello che non si osa dire

 

 

Colloquio con il dr Antonio Giangrande, scrittore e sociologo storico, noto
per i suoi saggi d’inchiesta letti in tutto il mondo e per i suoi articoli
pubblicati in tutta Italia, ma ignorato dai media generalisti foraggiati
dallo Stato.

«Da anni racconto ai posteri ed agli stranieri quello che in Italia non si
osa dire. In tema di Giustizia la gente si spella le mani ad osannare quelli
che certa politica e certa informazione ha santificato: ossia, i magistrati.
Dico questo senza alcun pregiudizio e, anzi, con il rispetto che devo ad
amici e magistrati che stimo ed ai quali questa percezione, che non credo
sia mio esclusivo patrimonio, non rende il giusto merito. Bene. Io, nei miei
testi e nei miei video, parlo di chi, invece da innocente non ha voce.
Racconto le loro storie, affinchè in un’altra vita venga reso a loro quella
giustizia che in questa realtà gli è negata. Un indennizzo o un risarcimento
per quello che gli è stato tolto e mai più gli può essere reso. La dignità
ed ogni diritto. Specialmente se poi le pene sono scontate nei canili umani.
Cosa orrenda se io aborro questa crudeltà e perciò, addirittura, non ho il
mio cane legato alle catene. Ogni città ha le sue storie di ingiustizie da
raccontare che nessuno racconta. La mia missione è farle conoscere, pur
essendo irriconoscenti le vittime. Parlo di loro, vittime d’ingiustizia, ma
parlo anche delle vittime del reato. Parlo soprattutto dell’ambiente sociale
ed istituzionale che tali vicende trattano. Vita morte e miracoli di chi ha
il potere o l’indole di sbagliare e che, con i media omertosi, invece rimane
nell’ombra o luccica di luce riflessa ed immeritata. Sul delitto di Sarah
Scazzi ad Avetrana, il mio paese, ho raccontato quello che in modo
privilegiato ho potuto vedere, ma non è stato raccontato. Ma non solo di
quel delitto mi sono occupato. Nel libro su Perugia mi sono occupato del
delitto di Meredith Kercher. Per esempio.

FIRENZE. 30 gennaio 2014. Ore 22.00 circa. Come volevasi dimostrare. Ogni
volta che un delitto si basa su indizi aleatori che si sottopongono a
contrastanti interpretazioni, i magistrati condannano, pur sussistendo gravi
dubbi che lasciano sgomenti l’opinione pubblica. Condannano non al di là del
ragionevole dubbio e lo fanno per non recare sgarbo ai colleghi dell’accusa.
I sensitivi hanno delle sensazioni e li palesano, spesso non creduti. I
pubblici ministeri, in assenza di prove, anch’essi hanno delle sensazioni.
Solo che loro vengono creduti dai loro colleghi. Sia mai che venga lesa
l’aurea di infallibilità di chi, con un concorso all’italiana, da un giorno
all’altro diventa un dio in terra. Osannato dagli italici coglioni, che pur
invischiati nelle reti dell’ingiustizia, nulla fanno per ribellarsi.

«Grazie a quei giudici coscienziosi e privi di animosità politica che spero
sempre di trovare – ha detto Silvio Berlusconi riferendosi ai suoi guai
giudiziari – gli italiani potranno comprendere appieno la vera e propria
barbarie giudiziaria in cui l’Italia è precipitata. Una degenerazione dei
principali capisaldi del diritto – ha, infine, concluso – che ha riservato a
me e alle persone che mi stimano e mi vogliono bene un’umiliazione e,
soprattutto, un dolore difficilmente immaginabili da parte di chi non vive
l’incubo di accuse tanto ingiuste quanto infondate».

Se lo dice lui che è stato Presidente del Consiglio della Repubblica
Italiana?

Silvio Berlusconi: «Venti anni di guerra contro di me. In Italia giustizia
ingiusta per tutti».

Raffaele Sollecito: «Io sono innocente. Come mi sento? Vorrei che gli altri
si mettessero al mio posto. E’ così…».

Sabrina Misseri: «Io non c’entro niente, sono innocente».

Alberto Stasi: «Io sono innocente».

Queste sono solo alcune delle migliaia di testimonianze riportate nei miei
saggi. Gente innocente condannata. Gente innocente rinchiusa in carcere.
Gente innocente rinchiusa in carcere addirittura in attesa di un giudizio
che arriverà con i tempi italici e rilasciato da magistrati che intanto si
godono le loro ferie trimestrali.

Questo può bastare a dimostrare la mia cognizione di causa?

Quale altro ruolo istituzionale prevede l’impunità di fatto per ogni atto
compiuto nell’esercizio del proprio magistero? Quale altro organo dello
Stato è il giudice di se stesso?

Di questa sorte meschina capitata ai più sfortunati, la maggioranza dei
beoti italici se ne rallegra. Il concetto di Schadenfreude potrebbe anche
venire parafrasato come “compiacimento malevolo”. Il termine deriva da
Schaden (danno) e Freude (gioia). In tedesco il termine ha sempre una
connotazione negativa. Esiste una distinzione tra la “schadenfreude segreta”
(un sentimento privato) e la “schadenfreude aperta” (Hohn). Un articolo del
New York Times del 2002 ha citato una serie di studi scientifici sulla
Schadenfreude, che ha definito come “delizia delle disgrazie altrui”.

Ecco perché Antonio Giangrande è orgoglioso di essere diverso.

In un mondo caposotto (sottosopra od alla rovescia) gli ultimi diventano i
primi ed i primi sono gli ultimi. L’Italia è un Paese caposotto. Io, in
questo mondo alla rovescia, sono l’ultimo e non subisco tacendo, per questo
sono ignorato o perseguitato. I nostri destini in mano ai primi di un mondo
sottosopra. Che cazzo di vita è?

Noi siamo animali. Siamo diversi dalle altre specie solo perché siamo
viziosi e ciò ci aguzza l’ingegno.

Al di là delle questioni soggettive è il sistema giustizia ed i suoi
operatori (Ministri, magistrati, avvocati e personale amministrativo) che
minano la credibilità di un servizio fondamentale di uno Stato di Diritto.

Noi, miseri umani, prima di parlare o sparlare dei nostri simili, facciamo
come dice il nostro amico Raffaele Sollecito: “Vorrei che gli altri si
mettessero al mio posto”. Quindi, facciamolo! Solo allora si vedrà che la
prospettiva di giudizio cambia e di conseguenza si possono cambiare le cose.
Sempre che facciamo in tempo, prima che noi stessi possiamo diventare
oggetto di giudizio. Ricordiamoci che quello che capita agli altri può
capitare a noi, perché gli altri, spesso, siamo proprio noi. Oggi facciamo
ancora in tempo. Basta solo non essere ignavi!»