“Caro De Magistris, liberati dall’Italia e dall’italianità” Queste le considerazione del Movimento Territoriale per il Sud
Riceviamo e pubblichiamo:
Egr. Sig. Sindaco,
La Sua vicenda giudiziaria sarebbe rimasta cosa personale, ennesima pagina triste dell’italico sentenzificio infame, se Lei non fosse stato, da Sindaco di Napoli, immagine rappresentata e rappresentante di un popolo che della propria identità è orgoglioso e vittima. A prescindere dalla simpatia politica nei Suoi confronti, che chi scrive non ha mai avuto, le vicende della Sua persona non avrebbero il peso specifico politico che oggi assumono.
La Sentenza che l’ha vista condannato e gli effetti della Legge Severino, norma ai limiti della costituzionalità, sembrano essere l’ennesimo attacco alla città da parte delle iene e degli avvoltoi che, dall’entrata dei “fratelli” piemontesi 153 anni or sono, fanno banchetto della ricchezza e della dignità di un popolo che, intimamente, sub consciamente prima, sempre più consapevolmente poi, non si riconosce già da un po’ nella retorica patriottarda unitaria, congerie di menzogne denunciate già da oltre un secolo da grandi intellettuali, come Gramsci e Salvemini, che sembrerebbero appartenere al suo DNA politico.
I poteri forti, la massoneria, vengono oggi da Lei additati come gli artefici Del complotto ordito in Suo Danno. Ancora una volta il Suo egotismo la rende poco lucido, incapace di vedere ciò che è palese nella Sua continuità storica. L’attacco è a Napoli che, quand’era una delle più rinomate capitali europee, fu preda di coloro che oggi Lei sindaco, addita come nemico. Ma è davvero così difficile ritenere che, se Lei non fosse stato il primo cittadino di Partenope, i fatti avrebbero avuto ben altro epilogo?
Siamo però convinti che non è mai troppo tardi per svegliarsi dal sonno della ragione. Non quella limitata alla fredda razionalità, ma quella dell’identità, quella che unisce con un filo sottile e prezioso la mente all’anima.
L’italianità, sovrastruttura condizionata e condizionante, l’ha tradita sin dall’atto della Sua vittoria elettorale quando, nell’orgasmo festoso arancione, si dichiarò emulo ed erede dei garibaldini, avanguardia degli stupratori della dignità del popolo partenopeo. Ma non è una vittoria nelle urne che trasforma una pezzuola arancione nella bandiera di una vera rivoluzione. Le rivoluzioni, quelle vere, non creano un’identità, ma la celebrano esaltandola. Una rivoluzione senza identità è destinata a evaporare senza lasciare traccia alcuna nella Storia.
L’italianità l’ha tradita nel corso del Suo mandato quando è andato, cappello in mano, a bussare alla porta romana per chiedere e non per pretendere. L’italianità l’ha tradita, ancora, facendo della Sua voce un flebile sussurro ogni qualvolta Napoli è stata ed è offesa, umiliata, derisa dall’Italia e dagli italiani negli ultimi mesi. Non vogliamo addentrarci nella selva dell’ignominia dei governi nazionali. Non è quello che ora importa è il fragore del suo sussurrare quando, in diretta televisiva, con milioni d’italiani incollati alla televisione per una partita di calcio, si tentava di trasformare una vittima in carnefice e i carnefici vittime di chi, napoletano, non poteva che essere che tentacolo della camorra, in uno di quei vergognosi luoghi comuni che troppo spesso colpiscono chi è nato sul suolo di Napoli.
Nessuna presa di posizione nei giorni a seguire quando nei media italioti si faceva a gara nel dispensare nuove pagine di quella sociologia da bancarella secondo la quale Napoli è camorra, degrado ed inciviltà, irrecuperabile cancro nel ventre di una nazione che, senza il sud, sarebbe protagonista sana in Europa. Nessun fiato significativo – perché là bisognava rivendicare a voce alta un’immagine diversa di questa città – quando una madre mille anni luce lontana da ogni stereotipo si è fatta olocausto mediatico per difendere la memoria e l’onore di un figlio e di Napoli.
L’italianità l’ha tradita quando quelle stesse ignobili e infami voci si sono levate a commentare, con malcelato fastidio, la morte di un ragazzino per mano di un servitore dello Stato vomitando Il pregiudizio lombrosiano sintetizzato da un’acefala deputata: “Ci sono due Italie…a nessun cittadino del Nord verrebbe in mente di guidare senza casco, patente o assicurazion… È una questione di mentalità (…) le leggi ci sono, ma a Napoli trasgredirle è la normalità evidentemente”.
Non ci sono due italie, Sig. Sindaco, c’è solo quella che colonizza una Terra spremendone ogni risorsa e usandola per i suoi rifiuti ma Ella non ha saputo dirlo o, peggio, non ne ha avuto la forza ed il coraggio.
Questo è il punto. Forza e coraggio non si hanno senza la consapevolezza. Nessuno riconosce il proprio stato servile se non riesce a vedere le catene che gli cingono il collo. Le spezzi.; solo allora, Napoli sarà la Sua città . Si faccia denuncia viva, non del complotto della menzogna a danno della Sua persona, ma del secolo e mezzo del complotto e della menzogna a danno di Napoli e del suo Popolo.
Si liberi della sua italianità.
Solo così quella pezzuola arancione potrà imporsi alla Storia come stendardo di una vera rivoluzione con al seguito un Popolo riscopertosi Identità capace di Insorgere.
La Voce del Movimento Masaniello
Antonino Condrò