I sicofanti italici Riflessioni del giurista blogger Giovanni Cardona sui nuovi sicofanti della giustizia italiana
Un’antica vocazione degli italiani è quella di genuflettersi osannando i poteri considerati “provvidenziali”.
In un ieri passato l’invocazione era per il Duce, supremo reggitore dei destini della Patria Imperiale.
Con la caduta del Fascio, la “ribellione delle masse” si stemperò nell’attesa salvifica di una pletora di partiti, i quali avrebbero determinato le future sorti della fantomatica repubblica parlamentare fondata sul lavoro!
In definitiva tutti i sedimenti di culture confessionali, integralistiche, fideistiche di matrice sia cattolica che marxista, cospiravano a determinare le tendenze irreparabilmente politiche per le future generazioni.
Un effetto di tali guasti è la infatuazione dei municipali (rectius cittadini) per l’opera (sic…) della Magistratura.
Si tratta in fondo di antichi retaggi od eredità inquisitoriali, che inducono larghe fasce di cittadini ad amare di più il pubblico Ministero e il Giudice, anziché la Difesa.
Su questa costituzionalmente insana esaltazione, alimentata giornalmente dai mass-media, si asside il nuovo culto pagano del “potere giudiziario”, considerato dal popolo come il reale detentore del potere temporale titolato da questi simulati papi, che avocano una serie di ingenti poteri, impensabili in passato, alimentati dalle sacrosante inchieste di mafia e tangenti oltreché dall’esorbitante sacrificio, ingiusto, pagato con la vita da alcuni esemplari magistrati.
Ma il potere straordinariamente pervasivo, pregno di effetti di eccezionale gravità invadente le sorti democratiche, è lo scardinamento operato dai giudici attraverso la obbligatorietà dell’azione penale o l’ininterrotta e delegata iniziativa investigativa contro i rappresentanti parlamentari del regime democratico popolare.
Questo scardinamento si è concretizzato in due importanti punti:
– il primo, si è materializzato nella modifica strutturale ed incostituzionale dell’immunità parlamentare, nata come prerogativa storica a tutela dei Parlamenti contro gli attacchi del potere regio, è finita oggi in Italia col soggiacere alla imposizione del nuovo “potere sovrano”, quello giudiziario, il quale con una pressione demolitiva continua ha finito col condizionare le stesse decisioni delle assemblee popolari;
– il secondo, ha preso corpo attraverso l’alterazione costituzionale del rapporto fiduciario tra il potere esecutivo e legislativo e quello Presidenziale.
I Presidenti della Repubblica, massima espressione costituzionale della funzione di controllo e di indirizzo politico, hanno dovuto soggiacere al clima di supremazia del potere giudiziario aggravando la grave asimmetria tra i poteri dello Stato con degli psico-risibili comportamenti che da un lato esortavano alla concordia nei rapporti tra poteri, dall’altro davano la carica a magistrati “giustizieri” od “orologieri”, facendo così mostra di dubbio rigore costituzionale.
Di tale pseudo-rigorismo in questo periodo di grave ed inarrestabile regressione morale, economica e finanziaria ne faremmo certamente a meno, concretando gli elogi agli infaticabili e indefessi magistrati che silentemente prestano la loro retribuita opera, con quelli vergati con inchiostro indelebile dal giurista Piero Calamandrei, il quale affermava come “È arduo codificare l’indipendenza. Occorrono certo la terzietà e l’imparzialità ma occorre anche che terzietà e imparzialità siano assicurate sotto il profilo dell’apparenza… Il giudice ad esempio dovrebbe consumare i suoi pasti in assoluta solitudine.”