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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 11 DICEMBRE 2024

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‘Ndrangheta in Piemonte, pene per 100 anni Condanne per complessivi 100 anni di carcere nei confronti dei 12 imputati coinvolti nel'operazione "Colpo di Coda" sulla 'ndrangheta in Piemonte. Questa la sentenza del tribunale di Torino

‘Ndrangheta in Piemonte, pene per 100 anni Condanne per complessivi 100 anni di carcere nei confronti dei 12 imputati coinvolti nel'operazione "Colpo di Coda" sulla 'ndrangheta in Piemonte. Questa la sentenza del tribunale di Torino
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TORINO – Colpo alla ‘ndrangheta infiltrata nel tessuto socio-economico del Piemonte. Il tribunale, infatti, ha emesso una sentenza con una condanna a complessivi 100 anni di carcere ai 12 imputati nel processo scaturito dall’operazione “Colpo di Coda”, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte. Altre sei persone erano già state condannate con il giudizio abbreviato mentre in due avevano patteggiato la pena.

Nel dettaglio, il collegio ha inflitto condanne comprese tra i 7 anni e gli 11 anni e 8 mesi di reclusione. I pubblici ministeri Roberto Sparagna, Monica Abbatecola, e Giuseppe Riccaboni contestavano ai 12 imputati l’associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati. Secondo l’accusa erano state create due ‘locali’ di ‘ndrangheta nelle zone di Chivasso (Torino) e Livorno Ferraris (Vercelli). Nell’ottobre 2012 l’operazione aveva portato all’arresto di una ventina di persone.

Andando a vedere i nomi dei condannati si scopre che si tratta di figli e nipoti di quelli che sono considerati dall’accusa i primi affiliati alla ‘ndrangheta condannati in Calabria. Per i pm i nomi dei loro padri o nonni, compaiono in una delle prime sentenze sulla ‘ndrangheta in cui, nel 1934, a Reggio Calabria alcune persone furono condannate per associazione a delinquere (all’epoca non esisteva il reato di associazione mafiosa). La sentenza del ’34 era stata citata nella sua arringa dal pubblico ministero Roberto Sparagna per sottolineare le profonde radici di alcuni imputati nell’ambiente mafioso.

Al termine della lettura del dispositivo alcuni parenti degli imputati in aula hanno urlato “vergogna”.