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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 21 NOVEMBRE 2024

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Informazione processuale deformata Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sulla pregiudizievole permeabilità mediatica che si radica nella coscienza del giudicante

Informazione processuale deformata Le riflessioni del giurista Giovanni Cardona sulla pregiudizievole permeabilità mediatica che si radica nella coscienza del giudicante
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Un tema importante e difficile che intossica il costume italiano è certamente rappresentato dall’informazione pubblica su fatti destinati a sfociare in un processo penale e sul coinvolgimento speculare del giudice o l’influenza che l’informazione può spiegare anche a livello subliminale sul giudizio.
Il punto di partenza scientifico è rappresentato dal presupposto che ogni individuo ab ovo è esposto a condizionamenti dell’esterno operanti attraverso almeno trentasei stimoli sensoriali noti – molti dei quali riconducibili alla vista e all’udito – che trasmettono all’encefalo dati contemporaneamente ininterrotti.
Pertanto, la sfera percettiva è esposta ininterrottamente a una pletora seriale di continue influenze informative mutanti, che si sedimentano su almeno due livelli percettivi: il primo cosciente e l’altro subliminale, pericoloso quest’ultimo in quanto potenzialmente operante anche durante status di incoscienza del soggetto.
Tant’è vero che, ricercatori asseriscono come le argomentazioni coscienti non sarebbero altro che accomodamenti ad un programma basale sviluppato a livello inconscio, dove i dati percepiti consciamente hanno un ruolo subalterno.
La massiccia esposizione dell’individuo ai dati propinati dai variegati mezzi di comunicazione di massa (radio, televisione, internet), acquisiti attribuendone surrettiziamente un’alta credibilità, vengono accumulati ai due livelli percettivi accennati.
Il giudice, pertanto, al pari degli omologhi esseri pensanti, è assoggettato all’opera di martellamento mediatico ed agli effetti che ne derivano sotto forma di orientamenti della condotta e del giudizio, nonché nella formazione di pregiudizi e convincimenti.
Emblematico fu nel 1961 il caso di Irvin Dowd, ove in sede di riesame i giurati ammisero l’erroneità della decisione di condanna nel giudizio di primo grado, condizionata e formata sulla scorta degli articoli riguardanti il delitto e pubblicati dalle più importanti testate giornalistiche.
Infatti essendo colui che è investito della funzione di giudicare più esposto agli inputs connessi con i fatti da vagliare, sarebbe legittimo condurre appropriati studi onde accertare se l’incidenza decisionale sia condizionata dal martellamento mediatico limitante la capacità del soggetto di percepire a livello conscio l’informazione subliminale.
Quanto è più forte il coinvolgimento emotivo personale indotto dalla opinione pubblica mediatica, tanto più profondamente penetra il messaggio inconscio potendo spiegare ipoteticamente la sua potenziale influenza incisoria sulla imparzialità della decisone.
La presunzione di un giudice non suggestionabile non costituisce un assioma inappurabile, essendo involti anch’essi dalla comune fragilità della natura che spartiscono con ogni altro simile, eletto o peccatore, facendone rivelare la fallacia della imparzialità atarassica nascente per effetto dell’investitura o dell’appartenenza all’ordine giudiziario.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge. (Principio dello Stato di diritto – Costituzione della Repubblica Italiana Art. 101, 1947)