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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 01 DICEMBRE 2024

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Il Carnevale ribaltato Quando è il potere a sbeffeggiare il popolo

Il Carnevale ribaltato Quando è il potere a sbeffeggiare il popolo
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Che fine ha fatto la maschera de “u paparasciannu”? Sua maestà Carnilevaru
ubriaco è stato spazzato via dalla tradizione rendese sotto i colpi di una
modernità – anche politica – che non ha più tenuto conto della cultura e
delle usanze locali. La riflessione sul carnevale si rende oggi più che mai
necessaria. Anche quest’anno la città di Rende si appresta a vivere una
festa svuotata di significato e tutta votata alla glorificazione
dell’avanspettacolo fine a sé stesso. Ciò accade mentre l’area urbana si
trova immersa in una discussione asettica sulla sua possibile unificazione
ostacolata a suon di campanilismi e richiami incessanti ad una forma di
“rendesità” (e “cosentinità”) pura. In questo assurdo contesto ideologico,
i dj set, come la sfilata delle auto storiche, nulla hanno a che vedere con
la parte più intima di una ricorrenza che è sempre stata un momento di
rivincita popolare sui poteri di turno. Una rivalsa che prendeva forma
nell’arte e da essa si elevava per ristabilire – in un lasso di tempo
limitato – un ordine ideale che niente aveva a che fare con la dura e
impassibile realtà sociale. Oggi questo concetto si è ribaltato e non è più
il popolo a sbeffeggiare il potere, ma è lo stesso potere che continua a
sbeffeggiare il popolo annebbiando la sua memoria con paillettes e
lustrini.*

*Affermiamo subito che con l’abbandono del centro storico di Rende si è
dato il via all’incessante declino di un’appartenenza territoriale ben
determinata. Il ché, però, non ha ancora del tutto eliminato la memoria e
la voglia di fare di tanti uomini e donne rimasti legati ad una tradizione
culturale specifica e per molti versi unica nel suo genere. Questa
tradizione è quella del Carnevale rendese, quella che nasce, vive e muore
tra i vicoli del borgo antico. Che fa della partecipazione popolare il suo
punto di forza e la sua colorata permanenza nella memoria.*

*Le maschere povere fatte con i “zinzuli” per oltre un secolo hanno
capovolto la quotidianità, conferendo a quei giorni una dimensione onirica
che riempiva strade e piazze di scherzi e figure tra le più disparate.*

*Un posto particolare in questo contesto festoso era occupato dal teatro,
con le sue commedie dell’arte che ammaliavano il popolo prendendo in giro i
padroni del paese. Tra i vari titoli che siamo riusciti a rintracciare,
quello de “U matrimonio svrigugnatu” è sicuramente il più antico e famoso,
e dimostra che la tradizione del carnevale, a Rende, è qualcosa di più
profondo della semplice festa. Il testo anonimo risale infatti al 1846 e la
sua messa in scena accompagna almeno cinque generazioni di rendesi. Solo a
partire dagli anni ’70 del secolo scorso altri autori hanno riportato alla
luce quel tipo di teatro per raccontare quello che accadeva in città, e
fino agli anni ’90 le varie compagnie hanno sempre giocato fra loro nella
realizzazione di spettacoli popolari e di provocazione politico-culturale.*

*Sarà stato per questo che a un certo punto il potere ha deciso di
decretare la fine di questa tradizione? O si sarà trattato piuttosto di
mutate condizioni sociali, e forse anche di prosciugate energie poetiche, a
mettere la parola fine a queste rappresentazioni?*

*Rispondere a questa domanda è difficile. Ma in città sono ancora presenti
e attivi quei nostalgici che son pronti a rimettere tutto in piedi per far
rivivere i fasti di un passato recente ma quanto mai remoto e nonostante la
loro voglia di fare sono stati messi da parte in favore di luci
stroboscopiche e strombazzate per le strade della città nuova.

Domenico Miceli
Consigliere Portavoce M5S al Comune di Rende