Croazia senza riforme finisce tra le braccia della Troika La Croazia rischia di trascinare il nostro paese se non mette presto mano alle riforme
di Maurizio Compagnone
Da poco si sono spente le candeline dell’entrata in Europa della bimba Croazia.
Il suo ingresso è stata accompagnato da trombe assordanti, è stato fatto credere al popolo, che l’entrata nella UE avrebbe risolto tutti i problemi endemici da cui e afflitta la Croazia.
Ma a 2 anni dal suo ingresso trionfalistico rimane una economia arrancante, nonostante che il governo di Milanovic continui a dire che la recessione in Croazia volge al termine.
Cerchiamo di capire da dove provengono questi toni ottimistici del Primo Ministro Milanovic.
I dati statistici sembrerebbero dargli ragione, cresce la produzione industriale grazie alla delocalizzazione delle imprese italiane, austriache che hanno dato vita a nuovi distretti industriali, la stagione turistica promette bene, le PMI escono da anni di immobilismo.
Secondo l’Agenzia statistica FINA il rendimento netto delle PMI è cresciuto dal 2013 del 139,5%, questo risultato si deve sopratutto all’export che è cresciuto del 9,5% pari a 106 miliardi di Kune.
A leggere questi numeri trionfalistici, sembra che l’economia della Croazia sia florida, ma purtroppo non è così, nel Paese sono in atto intensi conflitti sociali, gran parte della popolazione occupata e inoccupata sopravvive grazie alle rimesse estere, nonostante tutto questo, la classe politica non prende nessun provvedimento per risolvere le disparità sociali.
Mentre la classe politica attende con ansia i fondi europei per rilanciare lo sviluppo, il Governo si culla nell’attesa, senza promuovere i correttivi necessari per ridurre la forchetta che divide le classi sociali del Paese.
La Croazia rientra nel piano di aiuti stabiliti dalla UE per i neo membri, beneficerà fino al 2020 di fondi europei pari a circa 11 Mld di euro.
Gli imprenditori ingolositi dai fondi europei in arrivo, partoriscono progetti bislacchi, sperando nell’approvazione da parte della commissione, più che veri progetti sembrano piani per mettere mano ai fondi, anche i tecnici esperti hanno capito che i progetti presentati non hanno nulla di concreto per lo sviluppo del paese.
Il Primo Ministro continua a ripetere che la disoccupazione è diminuita, ma evita di dire che la maggior parte degli occupati è concentrata nel turismo qundi legata ai 3 mesi estivi, come si può prendere a parametro l’occupazione balneare?
Tra poco più di 1 mese la stessa rimarrà solo un ricordo, un altro fattore legato alla decrescita della disoccupazione è la rinuncia dei giovani a iscriversi alle liste di occupazione, nessuno ci crede più. Quello che dovrebbe preoccupare il Governo Milanovic è l’emigrazione di tanti laureati verso l’Italia, Austria e Germania. La Croazia si sta depauperando dei cervelli per non predisporre un piano di sviluppo. Ma questo sembra che non interessi a Milanovic, lui legge i numeri statistici e da una sua interpretazione di cui si fa forte, prima dell’ingresso in Europa in Croazia i disoccupati erano 316 mila oggi le persone in cerca di lavoro sono 297 mila, circa 20.000 persone in più occupate, questo è il metro di giudizio, una semplice sottrazione, ma approfondire quel dato però non se ne parla, eppure basterebbe analizzare quante persone gli uffici di occupazione hanno avviato nel mercato del lavoro, poi capire quanti di quelli che hanno preferito cancellarsi dalle liste hanno preferito guardare ai paesi europei vicini, cosa impossibile prima dell’entrata in Europa. Solo dopo una attenta analisi di tutti i fattori, si può avere una fotografia organica del fenomeno e capire se c’è stata veramente una diminuzione della disoccupazione. Considerando questi elementi il risultato prende un’altra piega.
Prima dell’ingresso in Europa in Croazia gli occupati erano 1.397.000 che contribuivano alla ricchezza del PIL, nel 2015 gli occupati sono scesi a 1.317.000, ben 80.000 posti di lavoro in meno, quindi riparametrando questi numeri, decade il sillogismo semplicistico del Primo Ministro Milanovic il quale ha incentrato il suo ragionamento sul numero delle persone in cerca di occupazione. Vorrei capire da dove provengono i meriti che Miloanovic riconosce al suo governo, prendiamo per buono quanto da lui detto se veramente cresce l’occupazione, mi deve spiegare come mai diminuiscono le entrate da contributi, qualcosa cosa cozza con il suo ragionamento. Mi auguro che le spiegazioni date dal Primo Ministro Milanovic siano viziate da discalculia, altrimenti dovrebbe rassegnare le sue dimissioni per omissione di altri numeri che portano ad altri risultati ben più preoccupanti. E noi li andiamo a sciorinare questi numeri, il debito pubblico è passato in 2 anni (2013 – 2015) da 266 Mld di Kune a 279 Mld di Kune ovvero dal 80,6%, all’85% del PIL.
La statistica è una scienza, i numeri che vengono fuori dal campione bisogna saperli leggere e non interpretarli come si è prodigato Milanovic, a lui sono bastati 20.000 posti di lavoro in più per affermare che la Croazia sta uscendo dalla recessione. Quei numeri in verità celano una realtà molto più complessa, che non si può illustrare con un grafico semplicistico come quello mostrato da Milanovic, al contrario necessita di una riflessione molto più approfondita. Ai governanti sfugge un particolare che sta covando sotto la cenere e che il governo sembra non accorgersi, crescono le tensioni sociali tra etnie diverse, sono in aumento le violenze razziali, vengono meno i diritti, aumentano i delitti contro il sentimento religioso, tutto questo si è sensibilizzato negli ultimi 2 anni. Non c’è giorno che la polizia non registri crimini per odio razzaile, ma nonostante queste pericolose avvisaglie il governo taglia le risorse destinate ai servizi pubblici e alle istituzioni.
Anche i rappresentanti delle minoranze hanno denunciato quello che succede in Croazia e che il governo insabbia. Le minoranze riunitesi recentemente nell’Istria hanno firmato un protocollo contro l’Intolleranza, si è voluto aprire gli occhi alle Istituzioni, all’Opinione Pubblica e alla classe Politica che affronta con leggerezza un problema che sta esplodendo in tutta la sua virulenza.
Le minoranze hanno illustrato alla Presidente Kolinda Krabar Kitarovic, le loro preoccupazioni per l’espansione di episodi discriminatori nei confronti delle comunità minoritarie. La Croazia in quanto a tutela dei diritti umani deve percorrere ancora un lungo cammino, le Riforme sono li che aspettano di essere approvate.
Nonostante sia Paese membro, i passi fatti nella integrazione sono scarsissimi, ancora oggi riportiamo l’escusione sociale delle minoranze e dei diritti riconosciuti per la propria lingua. La Croazia è una democrazia nazional popolare che ostacola ogni progresso di integrazione. La libertà di Stampa è fortemente minata, sono tollerati organi di stampa che incitano all’odio. Bisogna mettere da parte l’odio tra popoli diversi. E’ ora di finirla con il considerare la Croazia come terra dei croati e che tutte le minoranze presenti sul suo territorio ospiti che devono ubbidienza e invisibilità.
Prima dell’ingresso in Europa in Croazia i nazionalismi sembravano essersi sopiti, le minoranze erano rispettate, oggi con l’entrata in Europa i nazionalismi si sono ripresentati nel modo più spregevole. Tutto mi fa pensare che è stata una manovra decisa dal governo croato per illudere l’Europa che la Croazia aveva le carte in regola per essere Paese membro, finito il buonismo ante adesione, riaffiorano con vigore i mali della società croata. Quello che maggormente poreoccupa è che stanno venendo fuori a pochi mesi dalle elezioni politiche.
La sinistra si mostra debole e divisa e questo rende più facile, anche, per le condizioni economiche del popolo croato, il radicamento di movimenti politici di destra autoritari e nazionalisti. Il popolo croato dovrebbe mostrare a differenza della classe politica, maggiore apertura verso quelle culture cosidette diverse che sono precondizione necessaria per il funzionamento stabile ed efficace di un sistema politico democratico, cosa che gli esponenti politici tentano di arginare. E’ urgente che nel sistema formativo si inserisca l’ “Educazione Civica”, che manca nel sistema scolastico croato, fondamentale per lo sviluppo della cultura politica democratica. Visto che la Sinistra al governo non ha introdotto nessuna riforma che possa auspicare un vero cambiamento democratico, mi auguro che il segnale venga dalla società civile e dai suoi rappresentanti in parlamento.
Sogno anche se qualcuno la definisce utopia, una società multiculturale che rispetta i diritti umani delle minoranze e renda serena la vita dei suoi cittadini. Se non si toglie questo cancro che divora le coscienze, non ci sarà quell’equilibrio necessario che riporti la tranquillità tra la popolazione. Alla Croazia è stato concessa l’adesione con troppa facilità, bisognava approfondire meglio quello che avevano saputo nascondere sotto il tappeto. Il Paese non ha saputo neppure trarre benefici dalla sua appartenenza alla UE, sia sulle questioni economiche che in quelle dei Diritti Umani. Il Paese ha bisogno di importanti trasformazioni, deve uscire dal limbo in cui si è isolata, solo così riesce a superare le divergenze interne che generano conflitti sociali. Se saranno capaci a trasformare i conflitti in nuove opportunità di sviluppo e non di ostacolo, il Paese intraprenderà il cambiamento giusto. La seconda candelina è stata spenta nel silenzio delle istituzioni, c’è poco da festeggiare, le Riforme attendono di essere varate e la Troika dal ritorno di Atene, potrebbe deviare su Zagabria per rammentarglielo.
Maurizio Compagnone
Opinionista de “La Gazzetta italo brasiliana”
Editorialista di AgoraMagazine e Approdonews