Uomini di Legge Le riflessioni dell’avvocato Cardona sul ruolo storicamente costituzionale dell’avvocatura
In un ordinamento democratico è di natura che la Carta Costituzionale – la quale tutela il governato dagli abusi del potere e disegna la mappa della libertà e dei diritti di tutti i soggetti dell’ordinamento – divenga il principale referente del difensore nella sua diuturna opera di tutela dei diritti del cittadino dinanzi alla pretesa punitiva statuale.
In tal senso l’avvocato si pone come garante della Costituzione, nell’esercizio della sua attività professionale.
E’ la funzione precipua e naturale di tutore dei diritti del difeso e rappresentato, a porlo nella condizione sublimante di assurgere a più vasta difesa dei diritti del cittadino, attraverso il richiamo alla applicazione ed al rispetto delle libertà sancite dalla Carta fondamentale.
Ma il raggiungimento dello scopo postula che la Costituzione non solamente sia stata scritta ma sia anche rispettata; che cioè essa non sia tenuta nel novero di una astratta affermazione dei principi, ma costituisca, come affermano sagaci giuristi “diritto vivente”.
Decisa ed incessante è stata l’opera fornita dagli avvocati nei momenti critici, che si sono avvicendati, dalla formulazione alla attuazione fattiva della Carta Costituzionale.
Approvata la Carta fondamentale e compiuto il denso lavoro teorico e sistematico dell’Assemblea Costituente, occorreva formare, attraverso un fine lavoro di bolina, la mentalità dei pratici al rispetto della Costituzione e dei suoi principi fondanti, mediante una interpretazione univoca che emarginasse spunti interpretativi eterodossi.
Non è stato impegno di poco momento.
Si frapposero di primo acchito ostacoli alla stessa istituzione della Corte Costituzionale, contrastando un momento essenziale del sistema, poiché soltanto la Corte avrebbe potuto garantire i principi della rigidità e della supremazia della Cassazione sulla legge ordinaria.
La Corte Costituzionale costituì il baluardo defensionale della Costituente, senza la quale l’opera della stessa sarebbe stata vanificata, poiché il legislatore ordinario avrebbe potuto produrre leggi di dubbia legittimità costituzionale, aprendo il varco al contrasto tra legge ordinaria e Costituzione, con la possibile e sostanziale equiparazione tra le due fonti di diritto.
Su questo punto la lotta dell’avvocatura italiana fu tenace.
Nel 1949, subito dopo l’emanazione del testo costituzionale, l’immenso Piero Calamandrei invocava l’insediamento della Corte e segnalava l’importanza che la classe forense e la sua coscienza avrebbe avuto nell’attivare l’opera di vaglio della legittimità costituzionale: “La Corte Costituzionale sarà quale la sapranno creare gli avvocati. Dipenderà da loro se essa sarà un ingombro ovvero uno strumento vivo di libertà e di progresso democratico. Chi dovrà attuare la Costituzione saranno soprattutto gli avvocati, con il loro senso di legalità acuito soprattutto dal dovere di difesa”.
Concludendo è di tutta evidenza, come le libertà democratiche, costituiscano storiche conquiste dell’avvocatura in favore del cittadino, contrapposto al potere e allo strapotere statuale.