Don Antonello: misericordia o omertà ecclesiastica? Io sto…. con i bambini e con chi ama la verità
«In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me». Ed ancora, «Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». Matteo 18,1-5-10
Iniziare con un passo del Vangelo non è mai stato usuale in questa rubrica, da sempre intesa come una sorta di “mangiapreti”, e forse lo è, chissà, sicuramente è stata sempre figlia della ricerca, sia della morale che della verità.
L’arresto di un sacerdote appartenente alla diocesi di Oppido-Palmi, retta da quel vescovo che porta il nome di Milito, è indignazione sì, ma anche riflessione. Perché oggi, a poche ore dall’arresto si scopre (grazie ad un pezzo di Claudio Cordova), che il vescovo che di nome fa sempre Milito, sapesse che il suo pastore era un “frequentatore” della “prostituzione minorile”, reato per il quale è stato arrestato. Antonello Tropea prima ancora di essere un sacerdote è un uomo, con i suoi vizi e le sue perversioni, e come tale va giudicato. Senza condanne sommarie né giustizialismi di sorta, perché le ghigliottine sono strumenti di condanna oramai in netto disuso. Le teste devono restare unite al corpo così da poter capire cosa ruota intorno ad una mente che, in tanti definiscono malata e altri invece criminale. Sì criminale, perché chi tocca i bambini è un criminale, è un essere immondo che non segue gli insegnamenti del “suo” Cristo se è sacerdote, e non è un uomo se non li rispetta e li protegge.
Voltaire, che non le mandava a dire, affermò che “Un ecclesiastico è uno che si sente chiamato a vivere senza lavorare a spese dei disgraziati che lavorano per vivere”, quindi, proviamo ad immaginare cosa penserebbe il filosofo della tolleranza se avesse saputo di questi crimini. E proviamo a capire cosa direbbe della giustizia sommaria fatta in questi giorni sui social, nei media, quando proprio lui scrisse un trattato in cui ci insegnava che, la solidarietà è figlia della tolleranza e della verità.
Verità che il vescovo Milito non può e non deve più “occultare”, come non si può più permettere di nascondere i vizi (e le malattie) di una comunità, quella ecclesiastica rivolgendosi ai suoi fedeli, che pregano e depongono le loro speranze in quel Dio dell’infinito. E qualora ci fossero altre mele marce, li estrometta dalla cesta della misericordia (ma non del perdono, a quello ci penserà la Giustizia italiana).
«Noi preti abbiamo unica ragion di vita: contentar il Signore e mostrargli d’aver capito che ogni anima è un universo di dignità infinita», diceva don Milani. Il fondatore della scuola di Barbiana e del “I care”, del “mi sta a cuore”. Il cuore monsignore quello che lei come tutti gli uomini di buon senso utilizzano per le loro scelte ed i loro errori. Si chieda cosa c’è che non va e lo faccia sapere agli uomini di buona volontà che, pieni di misericordia sapranno ascoltarla. Senza dimenticare che il Papa in un suo memorabile dialogo con Eugenio Scalfari disse che «La corruzione di un fanciullo è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare», oltre a prendere a bastonate i preti pedofili come fece Gesù. Sarebbe ora che quel bastone lo tirassero fuori un po’ tutti!
Quando poi, visti i precedenti e le verità scoperte in questa diocesi, il passo indietro ed il “mea culpa” dovrà farlo il vescovo! Per il resto ci penserà la giustizia (qualsiasi essa sia).