Gioia Tauro, i “renziani” contro Sebi Romeo Scintille all'interno del Partito Democratico
di Domenico Latino
GIOIA TAURO – Alzano il livello della mira i democratici gioiesi di area “renziana”, rimasti secondo copione alla porta di un partito che nel capoluogo pianigiano, a loro dire, sarebbe poco meno che “balcanizzato” da un unico coagulo. Sotto attacco i vertici del PD a più livelli, dal segretario regionale Magorno all’attuale commissario provinciale, Sebi Romeo. A parlare è Beniamino Laganà, già presidente dell’assemblea ai tempi di Alessio sindaco e promotore del Comitato per Callipo alle ultime elezioni regionali, sollevando, carte alla mano, un clamoroso caso di incompatibilità. “Romeo – spiega l’imprenditore gioiese operante nel campo della Sanità – continua a fare il bello e cattivo tempo ma illegittimamente in quanto lo statuto gli vieta di ricoprire certe cariche, per cui tutte le sue iniziative sono nulle”. Il riferimento è all’art.21 comma b secondo cui varie figure istituzionali, e tra queste il consigliere regionale, durante il loro mandato non sono candidabili a diventare segretario. Romeo, capogruppo PD alla Regione, riveste anche i duplici panni di segretario provinciale e commissario del circolo cittadino. “Ancora peggio – precisa Laganà – perché agisce con pieni poteri, ma non è solo un problema di Reggio: ci sono almeno altre due situazioni simili in Calabria”. La staffilata è diretta al suo operato in generale, e, in modo particolare, tende a screditare soprattutto l’ultima assemblea convocata a Gioia, durante la quale è stato nominato un coordinamento di sette “probi” chiamati a guidare il partito fino al prossimo congresso, passando per un tesseramento che indiscrezioni danno per slittato al prossimo autunno. Una bacchettata l’esponente dei renziani la riserva anche a Magorno, “compiacente nel mantenere queste posizioni illegali da statuto” e al presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, leader reggino della stessa corrente “ma che di fatto non interviene per denunciare le evidenti anomale. Lo statuto – aggiunge – è fatto da un’assemblea di iscritti che lo hanno approvato e loro, che sono i guardiani, dovrebbero rispettarlo e farlo applicare”. Aspre critiche anche nei confronti dei due rappresentanti nell’aula del Civico consesso, Francesca Altomonte e Aldo Alessio tacciati di “immobilismo”. A proposito di legittimità, proprio l’ex sindaco antimafia nel corso di un’intervista si era detto finalmente “legittimato” a intervenire sulle grandi questioni del territorio dopo la costituzione del nuovo coordinamento (di cui fa parte). “Lui è già legittimato dal popolo – rimarca Laganà – la città vive un momento di difficoltà – dall’occupazione alla spazzatura, alla viabilità – ma anziché fare opposizione costruttiva rimane in silenzio. Non c’è nulla che giustifichi la staticità loro e del partito”. La discussione si sposta quindi sulla costituenda Città Metropolitana e il ruolo di Gioia: “dovrebbe essere preminente – evidenzia – perché contribuisce con il 40% di gettito regionale ma i partiti, compreso il mio, dovrebbero iniziare a ragionare sulle contromisure e smetterla di fare i servi sciocchi dei reggini”. L’ultimo passaggio lo serba alla Sanità, il suo settore: “Scura ha ragione – sottolinea a sorpresa – anche se tutti se la prendono con lui. I politici locali continuano a inveire solo per difendere interessi particolari di qualche primario anzi, da noi sono quasi tutti facenti funzioni. Il commissario ad acta sta invertendo l’andazzo: bisogna razionalizzare sbloccando però le assunzioni”.