Società Massmediologica Riflessioni del giurista blogger Cardona sulla violenza dell’informazione
Proprio il concetto di sintesi è utile per comprendere gli attuali problemi dell’informazione.
Oggi l’informazione deve quasi necessariamente essere estremamente sintetica. Il suo linguaggio segue gli schemi del messaggio radiotelevisivo, a sua volta influenzato dal linguaggio della pubblicità (per definizione “pensiero breve”).
La necessità di sintesi, in correlazione allo scopo proprio della pubblicità (affermare un prodotto) e parallelamente della propaganda (affermare una tesi) portano ad esasperare la aggressività (o se si vuole, la persuasività) del messaggio.
Il sistema dell’informazione anche scritta, negli ultimi anni si è dunque andato “radicalizzando” e caratterizzando con una comunicazione in forma di slogan.
I titoli dei quotidiani sono per definizione “sintetici”, ma se scorriamo la più parte degli articoli della stampa quotidiana e periodica italiana, ci accorgiamo che lo stile non cambia di molto.
I “pezzi”, lungi dall’approfondire i temi con analisi dialettiche, con argomentazioni critiche, con i pro e i contro su ciascuna tesi, finiscono per essere per lo più improntati alla stessa moda pamphlettistica dei titoli, del messaggio televisivo, della “campagna pubblicitaria”.
Ed allora ci dobbiamo oggi domandare come si possa, vigendo questa tecnica di sintesi estrema dell’informazione e di esasperazione del messaggio, pensare di riportare in termini di grande correttezza, equilibrio, deontologia, l’informazione stessa, soprattutto quando riguarda un processo.
Il processo, per di più, è sempre stato un’occasione teatrale. Son passate alla storia opere drammatiche che rappresentano appunto processi: questi sono dunque, di per sé, fatti scenici, spettacolari e rivoluzionari.
Anche le rivoluzioni son sempre state eventi spettacolari e spettacoli in occasione dei quali “oneste signore” sferruzzavano sotto le ghigliottine per veder cadere statue più o meno coronate (gusto macabro del pubblico che si compiace della caduta degli idoli).
Pensare, dunque, che in questo momento storico si possa rimettere mano alla normativa sull’informazione e porre freni a quello che non ho difficoltà a qualificare come malcostume giornalistico, è a mio modo di vedere assolutamente illusorio.
È assolutamente illusorio perché la valanga di informazioni, il diluvio, l’alluvione di informazioni è inarrestabile.
Non so se nasca da una vera richiesta di notizie da parte della cosiddetta opinione pubblica, ma si “sente in giro” questa sensazione di domanda di informazione e per di più di una informazione costruita in un certo modo, cioè di una informazione come detto gridata, strillata, roboante e violenta, informazione che i giornalisti sono pronti, prontissimi a dare sfogando la propria furia a colpi di penna.
Mi sembra veramente di assistere al crollo di una diga, ad una Caporetto. E di fronte alla ritirata, alla disfatta (a “La rivolta dei Santi maledetti” come la definì Malaparte), qualche carabiniere e qualche rigido ufficiale possono anche mettersi ad arrestare qualche disertore e a fucilare qualche fuggitivo, ma fucilare, così a caso qualche capro espiatorio, quando tutti quanti sono in rotta, è atto di assoluta, estrema ingiustizia.
Per questo non si può oggi pensare di por freno al malcostume con interventi repressivi.
Noi siamo, dunque, oggi, di fronte ad una rotta, rotta dei limiti della correttezza, dell’equità, della misura dell’informazione.
Porre oggi in discussione questo tema ci potrà essere utilissimo per delle nuove regole da varare domani, anzi post-domani (… dopo la rivoluzione) ma ritengo assolutamente inutile, per quanto riguarda l’immediato, il breve periodo, tentare di applicare più o meno severamente le regole esistenti o peggio di varare nuove regole.
Che senso concreto ha, in tempo di disfatta, varare un decreto antidisfatta? È operazione tipica della classe politica, oggi allo sbando, che pensa troppo spesso a far solo inutili “leggi manifesto”. Nel breve periodo, dobbiamo dunque abituarci a convivere con una informazione violentemente gridata e con la “ripetitività” dell’informazione stessa.
Il vero giusto è colui che si sente sempre a metà colpevole dei misfatti di tutti. (Khalil Gibran)