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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 28 NOVEMBRE 2024

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“Punta Calamizzi nell’Antichità” E' il tema della conversazione promossa da Anassilaos che si terrà domani, alle 18, a Reggio Calabria

“Punta Calamizzi nell’Antichità” E' il tema della conversazione promossa da Anassilaos che si terrà domani, alle 18, a Reggio Calabria
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di Caterina Sorbara

Punta Calamizzi nell’Antichità: a proposito degli scavi di Piazza Garibaldi” è il tema della conversazione, promossa dall’Associazione Culturale Anassilaos, che il Prof. Daniele Castrizio terrà domani a Reggio Calabria,alle ore 18, allo Show Room Luppino,sito in via del Torrione.

Il tema affrontato dallo studioso, docente presso l’Università di Messina, numismatico e archeologo nonché studioso di antichità reggine, non poteva essere che il recente scoprimento a Piazza Garibaldi di un manufatto che le più recenti affermazioni della Soprintendenza fanno risalire ad epoca romana imperiale ipotizzando un tempio o una tomba.

Senza entrare nel merito di quanto sosterrà il Prof. Castrizio – scrive in una nota Stefano Iorfida – né anticipare il risultato di studi ancora in corso, sembrerebbe quasi scontato  collegare il manufatto all’esistenza di quel promontorio che si inoltrava profondamente nel mare creando due insenature naturali che costituivano, fin dall’antichità, punti di approdo per le navi che si fermavano a Reggio. Sappiamo che il promontorio – di cui esiste un disegno, conservato a Rotterdam,  realizzato dall’artista Pieter Brueghel il Vecchio, che fu a Reggio nell’anno 1552 –  sprofondò nell’anno 1562, come viene raccontato nei testi degli storici del tempo, dal canonico Antonio Tegani allo storico Marcantonio Politi, sicuramente a causa della deviazione del Torrente Calopinace, che scorreva quasi a ridosso dell’attuale Stazione Centrale,    per costruire il Castel Nuovo. Tale deviazione modificò le correnti marine e produsse l’inabissamento di Punta Calamizzi che nell’Antichità, come si diceva, costituiva  un punto di approdo così importante che l’imperatore Caio (Caligola, 37-41 d.C.), secondo la preziosa ed unica testimonianza di Flavio Giuseppe (Antichità Giudaiche, XIX, 205) volle realizzarvi un porto. Seguiamo lo storico “Non eseguì (Caligola) nessuna grande opera…tranne il porto  vicino a Reggio e alla Sicilia che egli progettò per ricevere il naviglio recante il grano proveniente dall’Egitto. Per comune ammissione  fu veramente una grande opera e di grandissima utilità per i naviganti. Tuttavia non fu portata a termine ma lasciata a metà…di qui gli venne la perdita graduale di ogni ambizione per il compimento che, senza dubbio, sarebbe stato assai grande” (trad. Luca Moraldi).  A quel porto è probabile che  approdasse  San Paolo nel suo viaggio verso Roma (61 d.C.). Secondo la tradizione egli  trovò  i Reggini intenti al culto di Diana Fascelide (in un tempio?) e predicò loro la buona novella; a quel porto approdò dieci anni dopo Tito, figlio di Vespasiano, desideroso di smentire, con la sua presenza, le voci che lo volevano usurpatore del potere paterno (Svetonio, Vita di Tito). Nell’anno 14 d.C. poi moriva a Reggio Giulia, figlia di Augusto, uccisa dall’ex marito Tiberio, assurto al potere imperiale. E’ del tutto improbabile che Ella, per tutti gli anni dell’ impero di Tiberio, dal 14 al 37 d.C., abbia avuto una degna sepoltura ma dopo? Sappiamo che Caio (Caligola) – che odiava il predecessore – trasferì a Roma con ogni solennità le ceneri della madre (Agrippina I) e del fratello morti in esilio per ordine di Tiberio. E’ possibile ipotizzare che decidesse di onorare la nonna con l’erezione a Reggio di un monumento sepolcrale?

Abbiamo avanzato ipotesi – scrive Iorfida – che, con ogni probabilità saranno smentite. E’ comunque importante che la scoperta di Piazza Garibaldi abbia indotto noi tutti a rileggere le antiche fonti relative alla storia della città e a compulsare le storie e le cronache più recenti che giacevano sotto cumuli di polvere. Qualunque possa essere  la verità sul prezioso manufatto scoperto a Piazza Garibaldi è comunque positivo che  i Reggini per la prima volta si siano interessati e quasi riappropriati del proprio grande passato.