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TAURIANOVA (RC), VENERDì 29 NOVEMBRE 2024

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La danza futurista al centro di un incontro tenutosi a Reggio Analizzato il Manifesto di Marinetti

La danza futurista al centro di un incontro tenutosi a Reggio Analizzato il Manifesto di Marinetti
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di Caterina Sorbara

La danza futurista è stata al centro di una conversazione, promossa dall’Associazione Culturale Anassilaos, tenutasi qualche giorno fa a Reggio Calabria, dalla responsabile Danza del Sodalizio reggino, Fatima Ranieri che ha analizzato, alla luce del Manifesto futurista del 1909 e soprattutto del manifesto della Danza futurista scritto l’8 luglio del 1917 dallo stesso Marinetti e pubblicato sul “L’Italia Futurista”, le idee nuove propugnate dal Movimento sulla danza  che, a parere dello stesso  deve poter essere  disarmonica, sgarbata, antigraziosa, asimmetrica, sintetica, dinamica e parolibera, ispirata al ritmo, ai suoni e alle forme di motori, mitragliatrici e  aeroplani. Marinetti – ha affermato la relatrice – auspica un potenziamento ginnico mediante l’imitazione dei movimenti meccanici allo scopo di conseguire l’ideale di un “corpo moltiplicato”. Il ballerino deve infatti “fare una corte assidua ai volanti, alle ruote, agli stantuffi; preparare così la fusione dell’uomo con la macchina, giungere al metallismo della Danza futurista”. La Danza futurista prende dunque a modello il “massimo rendimento di audacia, d’istinto, di resistenza muscolare” che la guerra esemplifica.  Secondo le indicazioni di Marinetti la danzatrice deve emulare le traiettorie paraboliche delle pallottole lanciate dagli shrapnels e “con le vibrazioni di tutto il corpo, le ondulazioni delle anche e i movimenti rotatori delle braccia” rendere “le ondate e il flusso e il riflusso e i moti concentrici degli echi dei golfi, nelle rade e sui pendii delle montagne”. Naturale complemento di unta danza siffatta è la musica dell’orchestra degli “Intonarumori” di Russolo.  La danzatrice marca con i piedi il tum-tum del proiettile che esce dal cannone e, battendo le dita ornate da lunghissimi ditali metallici, fa sentire l’esplosione “argentea, fiera e beata dello shrapnels”. Con sussulti e ondeggiamenti del corpo può anche simulare i tentativi di un aereo che si solleva da terra. A ispirare Marinetti, chiarisce Fatima Ranieri, saranno stati quasi certamente i balletti russi di Diaghilev, anch’essi fondati nel 1909, con la loro danza “geometrica”, il “trionfo della muscolatura” di Nijinsky, la “danza libera” di Isadora Duncan ed infine la Danza “astratta” e “metafisica” inventata dalla sua amica Valentine de Saint-Pointe. Le idee di Marinetti sulla danza seguono anche le innovazioni proposte già alla fine dell’Ottocento  da danzatrici quali Loie Fuller, che faceva muovere bacchette invisibili sotto ampi drappeggi che l’avvolgevano, nel mutare continuo della luce proiettata e sulle forme impresse al suo corpo dal movimento dei veli, ottenendo, così, una ricchissima serie di forme e colori cangianti. A trasformare in pratica la teorizzazione di Marinetti sarà,  agli inizi degli anni Trenta  Giannina Censi, figlia di un musicista amico di Marinetti, allieva dei corsi del Teatro alla Scala di Milano. Nascono così  le acrobazie in cielo col grande pilota Mario De Bernardi, perché nella nuova Danza deve essere riprodotta la vera esperienza del volo acrobatico.  Giannina Censi si trasforma così in  “corpo aereo espressivo”. Danza senza più le scarpette da punta, ma a piedi nudi, accompagnata  da  suoni onomatopeici e modulazioni sonore, che ricreano il motore in volo. La Censi traduce nel proprio corpo danzante le idee del manifesto marinettiano, le sensazioni del volo, le emozioni della velocità, le meraviglie delle macchine, anche quelle da guerra: le braccia ruotano velocemente come eliche e si aprono come le ali di un aeroplano. Per rappresentare l’aeroplano e il dinamismo del volo la Censi inserisce posizioni evocative come l’arabesque e il grand jeté. A metà della rappresentazione è previsto anche che si rompa un’ala dell’aeroplano, la cui velocità inizia così a diminuire sempre più fino alla caduta e la Censi si accascia a terra come il Cigno Morente di A. Pavlova. Nella sua rappresentazione la Censi indossa un costume di raso lucido color alluminio, con cuffia d’aviatrice in testa, ideata da Enrico Prampolini, un costume che le cronache del tempo consideravano discinto. A conclusione dell’incontro, quasi a dimostrare la tecnica futurista della danza, Fatima Ranieri ha danzato su una coreografia da lei stessa realizzata.