Ecco le intercettazioni su Francesco D’Agostino Il Gip Bennato: "Nessuna intestazione fittizia per l’azienda Stocco & Stocco". Per il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria non vi è collusione con la 'ndrangheta
di LL e LM
L’inquiry antimafia – quale che sia e chiunque siano i soggetti attenzionati e sottoposti ad indagine nel tentativo di fare pulizia intorno alle sfere degli intoccabili, che in forza di mai troppo a fondo esplorate connection fra politica, malaffare e zone grigie di una imprenditoria ritenuta collusa o comunque acquiescente ai postulati delle ‘ndrine – è azione e operazione ineludibile. La Magistratura merita plauso, consenso e incoraggiamento per la forte azione che sta conducendo, e che sta facendo emergere una strutturazione del malaffare organizzata su basi imprenditoriali e sostanzialmente diversa da quella antica, e atavica, e collegata a colletti bianchi e alle cupole del governo di un universo antistatuale: mafia, camorra o ‘ndrangheta non vi è differenza. Ciò detto, abbiamo, per un dovere di oggettività, la necessità di evidenziare che il mondo, ormai dominato dai media, offra in tempo reale notizie che informano sulle operazioni di polizia, gli arresti e qualsiasi altro atto di indagine: esigenza di pubblicità che non deve però far dimenticare la presunzione di innocenza – che deve essere ritenuta sussistente fino a quando non intervenga un giudicato che attesti il contrario. Questo per evidenziare che un “atto dovuto” quale può l’avviso di garanzia – che la norma e il buon gusto imporrebbero venisse inviato in plico chiuso o notificato in maniera riservata – si trasformi spesso in una anticipata sentenza di condanna comminata a mezzo stampa o in una sorta di gogna mediatica fatta di post e commenti sui social che rispecchiano il soggettivo apprezzamento di chi metabolizza una notizia di cronaca giudiziaria. La riservatezza – ancor di più – s’imporrebbe e s’impone quando le attività di indagine investano soggetti che a vario modo abbiano una immagine pubblica: imprenditori e rappresentanti delle istituzioni. Soprattutto quando la posizione nel contesto delle indagini non sia di gravità tale da imporre l’adozione di misure cautelari. Questo riteniamo stia avvenendo per almeno uno di quei soggetti – ricompresi nell’elenco di una indagine antimafia che recentemente ha visto l’esecuzione di alcune ordinanze di custodia cautelare e di moltissimi avvisi di garanzia: il titolare di una azienda che da oltre 20 anni è presente sul mercato, e che ha assunto una posizione leader nella commercializzazione di uno specifico prodotto ittico ad uso alimentare che ha promosso con lungimiranza riversando sul suo paese benefici economici e occasioni di lavoro legate ad eventi promozionali che consentono a tutti gli operatori di lavorare. Vent’anni dopo – parafrasando Alexandre Dumas – solo sulla base di elementi di indagine costituiti da una o più frasi intercettate ad altri soggetti che facevano riferimento a lui o alla sua azienda – l’imprenditore – inutile nasconderne il nome: Francesco D’Agostino fondatore e titolare del brand Stocco & Stocco e Vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria viene sospettato di essere un prestanome. Ci domandiamo, con il dubbio che può avere l’uomo della strada: se fosse stato un prestanome, per quale ragione uno dei soggetti dell’intercettazione (riportata nell’ordinanza) invitava un’altra persona a rivolgersi a D’agostino per avere qualche chilogrammo di stocco – forse – gratis? O forse a prezzo scontato? O forse solo della migliore qualità giacchè servire per un omaggio Questo dato evidenzierebbe semmai solo che D’agostino sia il vero titolare dell’azienda e, lungi dall’essere ritenuto prestanome sembrerebbe di più una parte offesa; ciò in quanto forse costretto a consegnare a titolo di regalo un sia pur modesto quantitativo di stocco: alimento che non è dato sapere se mai sia stato consegnato oppure no. E se anche lo stocco fosse stato donato la cosa non stupirebbe perché di omaggi del suo prodotto e promozione del proprio brand D’Agostino li ha sempre fatti. Da ciò è derivata ora una situazione drammatica perché colpisce non solo un imprenditore ma un uomo delle Istituzioni. Su cosa è basata l’accusa?
Per completezza informativa riproponiamo in maniera fotografica le poche pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dove compare il nome di Francesco d’Agostino, in relazione alle quali il Gip Bennato: scrive: «L’assunto accusatorio non è condivisibile, essendo dalle indagini emersa una immanente accessibilità all’azienda da parte degli indagati, leggibile piuttosto attraverso la contestualizzazione dell’attività aziendale esercitata in territori nei quali, nulla si muove ed alcuna iniziativa si intraprende senza il controllo delle cosche ivi imperanti che, anche nel corso della gestione delle imprese, non lesinano di atteggiarsi a “padroni” della stessa, le cui prestazioni e partecipazione sono gratuitamente dovute, in forza di un genetico compromesso». La circostanza che un indagato desse disposizione di andare ad acquistare o richiedere del prodotto presso la sede di Stocco & Stocco è, invece, la seguente:
Infine il GIP Barbara Bennato così si esprime in relazione alla richiesta di sequestro preventivo dell’azienda:
omissis: “Sicchè, alla luce di quanto detto sinora, appaiono sussistere i presupposti per disporne il sequestro preventivo. Diversamente dicasi per OMISSIS e la ditta STOCCO & STOCCO, OMISSIS (per le quali non sono emersi elementi utili a sostenere l’ipotizzata intestazione fittizia), per le quali, dunque, non ravvisandosi gli estremi per disporne la sottoposizione a vincolo reale, va rigettata la richiesta del P.M.”.
Pertanto – dopo una analisi solo un poco più attenta emerge un quadro processuale certamente diverso di una persona che negli anni e con grandi sacrifici ha costruito una realtà capace di dare lavoro a centinaia di persone. La posizione di D’Agostino – documenti alla mano – appare certo possa chiarirsi nel volgere di pochi giorni consentendo all’imprenditore e al politico un’ennesima occasione per chiarire la legittimità del proprio operato che già in passato era stata acclarata in esito a precedenti attività di indagine. Ribadiamo ai magistrati l’apprezzamento per il loro impegno nella lotta alla ‘ndrangheta ma – altrettanto forte – chiediamo sempre loro prudenza e attenzione massima per evitare errori giudiziari e danni d’immagine che nessuna somma di denaro a titolo di risarcimento potrebbe mai riparare.