Porto di Gioia Tauro, 2018 la fine di un sogno? Con l’apertura del grande terminal di Vado Ligure rischia di scomparire il Transhipment nello scalo gioiese
di Luigi Longo (Ex direttore impresa portuale “All Services”)
Le prospettive non sono buone al porto di Gioia Tauro dopo il fallimento dell’accordo di Vessel Sharing Agreement (VSA) Maersk Line e Mediterranean Shipping Company (MSC), che ha escluso Gioia Tauro dal servizio AE6/Lion che collega l’Asia con il Nord Europa. Una decisione che spezza le gambe allo scalo gioiese a vantaggio del porto di La Spezia (guarda caso sempre di proprietà del colosso tedesco che guida Gioia Tauro). Per la Battistello e soci non cambia nulla, ma per i calabresi c’è il rischio di mandare a gambe all’aria gran parte del Pil privato.
Va anche ricordato che i numeri penalizzano Gioia Tauro a vantaggio di La Spezia; nel primo trimestre del 2014, infatti, i traffici marittimi a La Spezia sono aumentati del 20%, a Gioia Tauro si è registrato un calo del 9%. Ma quello che preoccupa maggiormente è la crescita del porto di Salerno del 14% (emblematica la vicenda dei treni costruiti a Reggio Calabria e spediti in Giappone non dal porto di Gioia Tauro ma da Salerno). Ma questo è niente: con l’apertura del grande terminal di Vado Ligure nei primi mesi del 2018, il porto ligure sarà in grado di ospitare le Super Post Panamax. Vado Ligure diventerà il primo porto italiano di transhipment soppiantando Gioia Tauro.
Dopo oltre 20 anni dalla nascita del porto di Gioia Tauro, non sono state create le condizioni per creare un margine di sicurezza nella competitività; bisognava realizzare le infrastrutture necessarie per rendere inattaccabile il terminal di Gioia Tauro. Inutile prenderci in giro: il bando per il terminal ferroviario è una pura illusione per tutta la Calabria. Per rendere competitiva Gioia Tauro, il bando doveva essere indetto un paio di anni addietro. Da Vado Ligure per raggiungere i mercati ricchi europei – Francia, Spagna e Germania – bastano solo un paio di ore. Da Gioia Tauro, invece, – ammesso che si faccia il terminal ferroviario – per raggiungere l’alta velocità ci vogliono circa otto ore. Inutile nascondersi: si tratta solo di un sogno irrealizzabile.
Realizzare la rete ferroviaria? Meglio non pensarci! Forse dobbiamo vivere dieci vite per vedere l’opera realizzata. Il fallimento politico sta nell’ aver aspettato 18 anni per programmare il terminal ferroviario e la rete di trasporto su binari. Un ritardo enorme che, in regime di non concorrenza, consentiva a Gioia Tauro di avere un ruolo strategico nei porti di transhipment. Ma con l’entrata nel 2018 di Vado Ligure il sogno di Gioia Tauro crolla. I responsabili? Tutti coloro che hanno aspettato 18 anni per programmare il nulla!
Per Mct Spa? Non cambia nulla. Per la Battistello e soci i calabresi sono solo dei numeri. Adesso metteranno le bandierine sui vecchi e nuovi territori conquistati: Vado Ligure, Salerno, La Spezia, Ravenna e via dicendo…
Trattati a pesci in faccia, con la complicità di gran parte della classe dirigente calabrese. Negli scorsi anni contestare la proprietà e il management del colosso tedesco era impossibile per chiunque. Chi ha osato farlo – in particolare gli imprenditori locali -, nel tentativo di far presente che le cose stavano prendendo una piega non positiva, è stato distrutto, massacrato da una rete capillare fatta di apparati dello Stato, giornalisti, sindacalisti, politici e uomini “tuttofare”.
Il caso della All Services, in questo contesto, è emblematico. Rileggere le carte del comitato portuale di quegli anni certifica l’azione criminale di una certa classe dirigente. Va lodato il coraggio del sindaco di Gioia Tauro Pedà, e del suo assessore Toscano, che hanno chiesto a gran voce la fine del monopolio della Conthschip. La Zes è solo uno specchietto per le allodole per noi fessacchiotti calabresi. Nulla contro la Zes, ma è un progetto irrealizzabile perché va a sconvolgere lo scenario competitivo portuale italiano in prospettiva di tutto il Mediterraneo. Non credendo ai miracoli, lasciamo stare!
Anche per la Zes vale il principio della rete ferroviaria e del terminal. Si annuncia per tenere buoni i calabresi, ma poi nei fatti non si fa nulla di concreto. L’unico piano concreto che ci resta è quello di far partire le zone franche urbane – già esistenti – per farle decollare definitivamente. A questo va aggiunto un piano del Governo nazionale nei confronti dell’ Unione Europea di far pagare i dazi doganali in Calabria.
La stragrande maggioranza dei Teus in arrivo a Gioia Tauro vanno via per altri porti italiani, con un modello che si chiama T1 (transito comunitario). Cioè dazi e iva per i contenitori che provengono da paesi fuori dall’ Europa non vengono pagati nella nostra Regione, ma nei vari porti e interporti del nord Italia. Anche in questo caso, far cambiare opinione a chi ci governa, purtroppo, diventa complicato. I soldi dei teus non entrano in Calabria (come giusto che sia), ma vanno a chi detiene la logistica in Italia. Milioni di euro che potevano entrare nelle casse della nostra martoriata Calabria raggiungono altri lidi.