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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 27 NOVEMBRE 2024

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Fedir denuncia illegittimità e soprusi all’Asp di Cosenza "L'atto aziendale viola la legge professionale e il piano nazionale anticorruzione: intervengano Scura ed Oliverio"

Fedir denuncia illegittimità e soprusi all’Asp di Cosenza "L'atto aziendale viola la legge professionale e il piano nazionale anticorruzione: intervengano Scura ed Oliverio"
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“Se per i sindacati dei medici l’Atto aziendale dell’Asp di Cosenza va bocciato per noi di Fedir Sanità, il sindacato che tutela i dirigenti tecnici, gestionali e amministrativi del SSN, è addirittura inconcepibile in alcune sue parti e penalizza la nostra categoria, oltre che violare la legge professionale. Da anni la Fedir denuncia illegittimità e soprusi a garanzia della funzione amministrativa. In barba alla trasparenza e alla concertazione, noi sindacati abbiamo ricevuto fino ad ora solo informazioni. Chiediamo che a questo punto intervengano urgentemente il commissario ad Acta, Massimo Scura, e il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, per ristabilire la normalità”.

Il segretario di Fedir Sanità, Antonio Travia, respinge l’Atto aziendale dell’Asp di Cosenza e chiede l’intervento di Scura e Oliverio. Per quanto riguarda la parte amministrativa la Fedir evidenzia: “viene prevista la collocazione dell’ufficio legale all’interno dell’ufficio struttura complessa “Affari generali”, a sua volta collocato all’interno della Area amministrativa. Orbene, tale collocazione è astrattamente possibile ma solo ove all’interno dell’ufficio legale non vi siano avvocati appartenenti al ruolo professionale iscritti agli albi speciali e quindi abilitati a rappresentare l’Amministrazione in giudizio. Infatti, presupposto indefettibile affinché l’avvocato pubblico dipendente possa essere iscritto all’albo speciale degli avvocati (e quindi possa esercitare la professione) è che lo stesso sia addetto in via esclusiva alle cause ed agli affari dell’ente con esclusione di ogni attività di gestione (rectius amministrativa) e che quindi l’ufficio nel quale sia eventualmente inserito, sia distinto da tutti gli uffici amministrativi e si collochi in diretto rapporto con il vertice aziendale.

A tal proposito, si richiama l’atto aziendale dell’Asp di Vibo Valentia e la corretta allocazione. Questa previsione nasce dalla legge professionale ( art 3 RDL 27 novembre 1933 n.1578 oggi novellato dall’art 23 legge 31 dicembre 2012 n.247) la quale pone come condizione affinchè l’avvocato pubblico dipendente possa essere iscritto all’albo che lo stesso possa esercitare in assoluta autonomia ed indipendenza le funzioni difensive all’interno dell’amministrazione con esclusione di ogni attività di gestione. Una granitica giurisprudenza tanto della Cassazione quanto dei TAR hanno ribadito a chiare lettere che l’ufficio di avvocatura non può essere collocato all’interno di strutture di tipo amministrativo ed hanno annullato gli atti di segno contrario adottati dalle amministrazioni pubbliche. Ove quindi siano presenti in Azienda avvocati di ruolo professionale, gli avvocati dell’ente devono essere collocati in staff alla Direzione Generale. Le linee guida della regione Calabria violano quindi apertamente la legge professionale (art 23 L.247/2012) laddove ipotizzino che l’avvocato di ruolo professionale possa essere collocato in una struttura amministrativa peraltro alle dipendenze di un dirigente apicale di ruolo amministrativo non avvocato e quindi non iscritto all’albo speciale.

Si propone quindi di collocare la funzione Affari Legali in Staff alla direzione Generale, come dalla legge n. 247/2012”. Per quanto riguarda gli incarichi, il sindacato dei dirigenti amministrativi evidenzia inoltre che “nelle norme attuative finali e di rinvio viene prevista la revoca automatica degli incarichi in essere dopo 90 giorni dall’approvazione dell’atto aziendale. Tale norma non è utile e molto pericolosa per l’attuazione della nuova organizzazione. Per poter riassegnare gli incarichi, infatti, occorre prima realizzare una serie di adempimenti (regolamento su affidamento e revoca incarichi, graduazione delle nuove posizioni, regolamento sul risultato e regolamento sulla valutazione) che richiedono l’accordo con le organizzazioni sindacali. E’ dunque prevedibile che questi adempimenti non possano essere conclusi entro 90 giorni. A quel punto ci si troverebbe con incarichi scaduti e nell’impossibilità di assegnarne nuovi. Si propone quindi di eliminare tale previsione (che infatti non ricorre mai negli atti aziendali). Inoltre l’assegnazione dei nuovi incarichi, in ottemperanza alle previsioni dell’art. 24, comma 12, CCNL 3/11/2005, non può eludere la previa ricollocazione dei dirigenti (disposta anche dalle circolari di codesta Regione) e deve obbligatoriamente passare per la contrattazione decentrata per cui si chiede espressamente l’inserimento della clausola di rispetto delle previsioni dell’art.24 del citato CCNL”.

E, infine, ma non per importanza, va evidenziata anche l’anomalia che riguarda la nomina del responsabile della prevenzione della corruzione. “Tale figura – evidenzia il sindacato – è inserito nell’ambito dello staff di direzione con incarico di alta professionalità, in netto contrasto con quanto previsto sia dalla legge n. 190/2012 che nei Piani Nazionali anticorruzione ( I° aggiornamento 2013 e II° aggiornamento 2015) ribadiscono il carattere di assoluta indipendenza del Responsabile, il cui incarico è aggiuntivo rispetto a quello principale. La collocazione di tale figura all’interno dello staff di direzione e l’attribuzione di un incarico di alta professionalità fa venire meno, infatti, quella funzione di imparzialità e di garanzia della legalità che dovrebbe ricoprire tale figura, così come ribadito anche nel recentissimo nuovo Piano nazionale anticorruzione, contenuto nella delibera n. 831 del 3 agosto 2016 agli artt. 5.2 e ss”.