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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 25 NOVEMBRE 2024

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Viaggio alla scoperta del piccolo centro di Anoia Continua il percorso di Domenico Caruso nei territori della Piana

Viaggio alla scoperta del piccolo centro di Anoia Continua il percorso di Domenico Caruso nei territori della Piana
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di Domenico Caruso

Dal terrazzo della villa di Anoia…
La quiete che regnò nella calura
ora a tratti si spezza.
Dall’aereo balcone della villa
l’ampia valle
si perde nel mare incendiato.
Confuse ancor le piante
non odono la voce della sera,
ma verranno ben presto a ristorarle
la brezza e la rugiada
sotto lo sguardo delle prime stelle…
(Domenico Defelice)

Un po’ di storia
Origini antiche
Le origini di Anoia potrebbero risalire al V-IV sec. a.C., quando gli antichi coloni della Magna Grecia cominciarono a sbarcare sulle coste ioniche dell’odierna Calabria (VII sec.) fondando dei centri economici e culturali.
I locresi, per raggiungere le colonie sul Tirreno, seguivano delle vie interne lungo le quali costituivano degli insediamenti sia civili che religiosi per mantenere il controllo dei territori limitrofi.
La presenza locrese ad Anoia è confermata dal ritrovamento di reperti archeologici.
Anche il nome, secondo il Rohlfs, deriverebbe dal greco e significherebbe “luoghi posti in alto”. Per G. Pensabene (v. Dizionario Etimologico – DES) il toponimo ha una radice latina anche se trasformata. Si tratta dell’antica “Lavinia” intesa come “La vigna” e tradotta nel greco “aloe”.
Periodo feudale
Quando Carlo I d’Angiò affermò la sua supremazia sulla dinastia sveva, ad Anoia si formò una delle spietate “baronie” feudali.
La prima notizia certa risale al 1270, essendo Signore dell’Università di Anoia Ruggero de Nao che nel 1278 la diede come dote di nozze alla figlia Giovanna. Seguirono altri possessori, come il giudice Aldobrandino de Acquarolo da Firenze (1282) e Ludovico Mojuli (1314).
I Caracciolo di Gerace
Fu quindi la volta del Conte Antonio Caracciolo di Gerace (1371) fin al momento in cui, spodestato e privato dei suoi feudi, la baronia rientrò alla Regia Corte (1385).
Quattro anni dopo, al Caracciolo deceduto – che si era riappropriato delle terre confiscate – gli successero il primogenito Giovanni e – nell’ordine – gli altri figli: Giovanbattista (1420), Giorgio (1443) e Tommaso (1446).
Avendo partecipato alla “congiura dei baroni”, Tommaso Caracciolo (marchese di Gerace e conte di Terranova) ebbe confiscati i feudi che passarono prima a Marino Curiale di Sorrento (1458) e poi a diversi altri notabili.
La baronia di Anoia, però, fu chiesta come legittima eredità da Maria Caracciolo (nipote di Tommaso e figlia di Giorgio) che riuscì ad ottenerla nel 1453. I successori furono Giovan Cola Caracciolo, Alfonso Caracciolo (1495), Baldassarre Caracciolo (1517), Antonio Caracciolo d’Aragona (1530) e Carlo Caracciolo (1546).
I Ruffo di Scilla
Nel maggio 1548 la baronia di Anoia pervenne al conte Paolo Ruffo, avendo comprato per 26.000 ducati l’intero feudo di Carlo Caracciolo d’Aragona.
Per i suoi affari il conte richiese ingenti capitali e intrecciò rapporti con i finanziatori genovesi. Così contrasse un mutuo di 8.000 ducati con tale Paride Lomellino il quale prese in affitto la baronia di Anoia, che il Ruffo riscattò all’estinzione del debito (1557). Nel 1561 fece refuta dei suoi beni al figlio Fabrizio (settimo conte di Sinopoli e dal 1578 primo principe di Scilla).
Gli successe (1588) la figlia Maria che, dopo qualche dissesto finanziario, vendette la baronia di Anoia alla figlia Giovanna per 60.600 ducati (1623). Questa, a sua volta, a causa dei debiti contratti e di altre vicende familiari, nel 1638 subì dal Sacro Regio Consiglio il sequestro di gran parte dei suoi feudi calabresi e di due stati siciliani. In precedenza (1636) Giovanna Ruffo alienò, per soli 40.000 ducati, la baronia di Anoia al patrizio genovese Giovanfrancesco Paravagna.
I Paravagna di Genova
Alla morte di questi (1640) successe il figlio Giacomo Paravagna, affidato alla tutela dello zio Ambrogio a motivo della minore età. Il congiunto amministrò i feudi a vantaggio personale e, soltanto dopo difficili vicende, Giacomo ricevette l’eredità (1656) e da re Filippo IV il titolo trasmissibile di Marchese (1664). Morto Giacomo (1696) ai feudi subentrò il figlio Nicolò (2° marchese di Anoia), quindi il figlio Francescantonio Paravagna (1743) ed ancora il figlio di quest’ultimo Nicola (1765), quarto marchese. Essendo feudatario Nicola, si verificò il terribile terremoto del 5 febbraio 1783 che sconvolse la nostra Piana. Anche Anoia subì ingenti danni e 202 vittime.
Nel 1799, con l’ordinamento amministrativo disposto dal generale Championnet per il Napoletano, Anoia venne inclusa nel cantone di Seminara.
Ultimo dei feudatari di Anoia fu Giovanni Paravagna (1801), 5° marchese di Anoia e 3° principe di Maropati, che durò fino all’eversione della feudalità (1806). La suddivisione circoscrizionale disposta dai francesi nel 1807 assegnò Anoia al Governo di Soriano. Con il riordino amministrativo, disposto per Decreto del 4 maggio 1811, il territorio dell’ex baronia venne suddiviso, costituendo gli attuali Comuni di Anoia (con frazione Anoia superiore) e Maropati (con fraz. Tritanti) e gli stessi vennero compresi nel Circondario di Galatro.
Leggende e curiosità
Il risentimento del Santo
Premesso che ad Anoia esisteva un convento del Padri Minimi o Paolotti, si narra che una volta il procuratore della festa di S. Francesco di Paola abbia approfittato del danaro offerto dai fedeli in onore del grande taumaturgo calabrese. Durante la notte il truffatore riposava tranquillamente, dimentico dell’azione scellerata, quando fu svegliato dalla presenza del Santo che cominciò a bastonarlo di… santa ragione. Costretto a rimanere a letto con le ossa rotte, il procuratore ebbe tutto il tempo per meditare il detto popolare: “Rrobba ’i stola hjùhhjala ca vola”. (Quanto sottratto al sacro si dilegua con un soffio).
Feste e ricorrenze principali
Santo Patrono: S. Nicola di Bari (8 dicembre), con Messa, processione e fuochi d’artificio. Ad Anoia Superiore: 1) S. Sebastiano (20 gennaio): alla vigilia si abbatte una quercia che, ridotta in ciocchi, si porta davanti alla chiesa per un grande falò (luminario), attorno al quale i fedeli vi trascorrono la notte consumando patate arrostite, carne e vino; il giorno dopo ai riti religiosi (Messa e processione) si accompagnano sagre, bancarelle e spettacoli pirotecnici. 2) Maria SS. Assunta (15 agosto).
Ad Anoia Inferiore: 1) Madonna del Carmine (2^ domenica di agosto), con il solito copione di manifestazioni civili e religiose. 2) S. Giuseppe (19 marzo): sagra della zeppola. Durante la Settimana Santa si rievoca la Passione e Morte di N.S. Gesù Cristo da parte del Gruppo Teatrale Anoiano.
Detti e proverbi
● “Cu’ avanza ‘u porcu a mitati eni cchjù porcu d’idu e no’ ‘u sapi”. (Chi alleva il maiale in società è più maiale di quello e non lo sa. E’ preferibile star da soli per evitare spiacevoli inconvenienti alla spartizione degli utili). ● “Cu’ mangia prima e paga poi nenti perdi du soi”. (Chi mangia e paga non sperpera danaro, poiché soddisfa il proprio appetito). ● “Cu’ ‘mbivi ‘i notti s’acquista ‘a morti”. (Chi beve di notte si procura la morte. E’ cattiva abitudine bere stando a letto: occorre alzarsi e fare un po’ di moto, essendo la temperatura del corpo più alta rispetto a quella dell’acqua). ● “Dari cu’ dari gurza vacanti”. (Dare con dare borsa vuota. La generosità mette in evidenza la grandezza d’animo, ma non si deve esagerare). ● “Ncissi ‘a gurpi a ‘i gurpicchioli: – Figghj, cu’ sapi quandu ‘i pagu ‘sti gadini? – Ma quandu vai e no’ torni!” (Disse la volpe ai volpacchiotti: «Figli, chissà quando le pagherò queste galline?» «Ma quando vai e non torni!»)
● “’Ntra fòrgia no’ toccari, ‘ntra farmacia no’ adiccari”. (Nella fucina del fabbro non toccare, in farmacia non leccare. Non far nulla se non si è sicuri: nella fucina si può ustionare, le polveri medicinali sono pericolose). ● “Passau ‘u puntu e ‘a misura”. (Ha superato il limite del buon senso: punto e misura).
Canti popolari
In passato le “serenate” rappresentavano un momento delicato per gli innamorati. A volte si pregava un amico a chiedere alla donna amata di manifestare con un cenno il suo consenso: «Aprimi, bella, e aprimi cu’ manu, / cca ‘vanti mi fa mali lu sirinu (la rugiada), / no’ ti cridìri ca sugnu carchi stranu / ca su’ cu’ lu to’ amanti e lu cuginu. // Vinni mu cantu ca fudi mandatu / di unu chi ti voli tantu beni; / m’issi (m’ha detto) mu ti cantu appassionatu, / appassionatu ti cuntu li peni. // Vinni mu cantu e no’ pigghjài licenza; / scusàtimi la mia malacrianza; / se mi diciti “sì”, ‘sta vucca canta, / se mi diciti “no”, sto all’obbedienza».
Personaggi principali
1) Padre Salvatore da Anoia – Visse nel ’600. Fu Ministro provinciale di Calabria Ulteriore dei Frati Osservanti e Guardiano di Terrasanta. 2) Francesco Arcà (1879-1929) – Avvocato; consigliere provinciale eletto nel 1904 e deputato nel 1913; primo deputato socialista calabrese. Pubblicò, fra l’altro: L’esercizio della telefonia nella scienza e nella legislazione italiana; Il monopolio di Stato sui concimi chimici; La legge sul Lavoro; Questioni amministrative; Problemi Meridionali; Calabria vera; La Calabria e il Mediterraneo. 3) Giuseppe Antonio Pasquale (1820-1893) – Medico e ricercatore nel campo botanico; ricoprì il posto di direttore dell’Orto Botanico di Napoli. Fra le pubblicazioni figurano circa 60 opuscoli scientifici. 4) Rocco Arcà (1856-1902) – Avvocato e deputato provinciale. Pubblicò: Della vite e del vino nel Mandamento di Cinquefrondi e Sulle condizioni dell’olivicoltura nel Circondario di Palmi. 5) Giuseppe Buda (1881-1918) – Avvocato e vice-presidente della Deputazione provinciale. 6) Salvatore Gemelli (1939-1988) – Medico e scrittore. Pubblicò, fra l’altro: La Locride, caratteri fisici e paleografici; Storia, tradizioni e leggende a Polsi d’Aspromonte; Così muoiono i vecchi; Gerace, paradiso d’Europa; Gerhard Rohlfs, una vita per l’Italia dei dialetti.
E per finire
“Anoji e Susanoji, / Maròpatri e Tritanti, / ca simu setti tanti / cchjù di li Francisi”.
(Anoia e Anoia Superiore, Maropati e Tritanti, siamo sette volte più dei Francesi).

Bibliografia essenziale del folk:
1 – Pasquale Bellantone, “Cultura popolare calabrese” – Virgiglio Ed., Bracciano – Roma, 2006;
2 – Giuseppe Quaranta, “Dissimu e dicu” – Amm. Comunale di Anoia, 2006.