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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 26 NOVEMBRE 2024

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La solitudine delle anime pure Michele Caccamo commenta la vicenda della gita negata ad un ragazza disabile di Taurianova

La solitudine delle anime pure Michele Caccamo commenta la vicenda della gita negata ad un ragazza disabile di Taurianova
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E accade che d’improvviso si salga sulla nave nera, e poi si finisca anche nelle budella che si rivoltano negli uomini. Specie quando la nostra accuratezza è prossima allo zero; quando le anime pure si presentano di punto vestite e con lunghe code di seta, dinnanzi alla nostra regolarità. E accade che quelle anime le lasciamo cadere, per come si lasciano cadere i discorsi: nell’indifferenza. E accade che poi le riversiamo nella difesa della mente, contagiandole.

Le anime sono senza nome, sono un vuoto nel tempo umano e custodi di nessuno. Sono una nostra essenza apertamente libera. E noi siamo corpi pendenti dall’albero dell’ignoranza. E non abbiamo capito che le nostre azioni estraggono con la carrucola le malignità dall’esistenza, e che siamo un fiume di serpenti e di cannibali affamati.
Era già stato un avviso di Sant’Agostino, in fondo neanche difficile, avere nell’unico sentimento stabile la cura per l’anima: perché il corpo è invaso da ogni furore esterno da ogni autorità umana. E che se non sapremo pulire il nostro pensiero saremo solo fanali di richiamo per la distruzione umana.

Ma noi apparteniamo al foro pestilente del comando, siamo nel nido dei rovi e senza piume dagli angeli. Noi siamo nella protervia dei peggiori umani. E parlo del mio paese. Già per oppressione culturale a Taurianova è da tempo sparita la montagna dell’evoluzione; mai mi sarei aspettato che nella mia terra arrivasse anche la derisione dall’indolenza. E ci sto ragionando sulla vicenda della ragazzina, della madre e delle maestre. Su quanto possa essere fuggente la verità, che alla fine sia da una parte o dall’altra. E ripercorro le logiche, quelle umane e quelle amministrative. E maledico la ragione umana.

E mi perdo nel cuore di lei, nei suoi momenti di tristezza dovuti alla solitudine. E mi chiedo quale regolamento possa impedirle una comunione sociale, una gita scolastica. E non accetto le giustificazioni, non accetto gli alibi. Che vengano dalla scuola o da chi è stato preposto, per delibera regionale, a garanzia dei minori. Non accetto risoluzioni pavide né parole di aggiustamento da tribuni tenuti a freno dalla scala del consenso.
E non accetto le giravolte, da qualsiasi parte avvengano.

Io prendo parte e mi schiero, con la ragazzina. E per lei chiedo scuse pubbliche; per quel suo silenzioso lamento chiedo omaggi che siano di dolcezze, che siano accordi di accoglienza. Che in concreto vi sia una giornata di festa a lei dedicata. E che sia pubblica la partecipazione della maestre e dell’amministrazione e del Garante, d’origine cittadine e oggi regionale, ovvero di chi ha creato con la propria indolenza un’amarezza. E sulla diffusa certezza di una nostra qualsiasi superiorità vorrei ricordare che siamo soltanto dei vermi e, da esseri minimi, quando non li avremo piangeremo gli alberi.