Lo sa Milito che la dignità è anche misericordia? Papa Francesco e la Chiesa che piange
Tra un boccone di stoccafisso grigliato ed un tozzo di pane, il tutto accompagnato da un buon Nero d’Avola, ascolti (non molto attento) uno dei tanti telegiornali: «La Chiesa piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi membri: la sofferenza, la storia e il dolore dei minori che furono abusati sessualmente da sacerdoti. Peccato che ci fa vergognare». Allora, alzi lo sguardo e ti trovi davanti in primo piano Papa Francesco, il quale con una lettera indirizzata proprio ai vescovi “accompagna” la cosiddetta Festa dei Santi Innocenti. Ed allora, tu pensi, che saranno le solite parole di circostanza, quelle dette tra le ipocrisie ecclesiastiche miste a quella oramai famosa ai quali siamo abituati noi occidentali. Ma il discorso inizia a farsi serio quando…una lisca di pesce si incastra tra i denti e tu non riesci a toglierla con lingua ed adoperi le mani, ovvero, la forza per rimuoverla. Si sa le lische dello stoccafisso sono simili a fuscelli di spessore interessante, quasi come travicelli a punta. E proprio mentre un attimo di sollievo ti inebria per l’espulsione della lisca assassina, ascolti: «Persone che avevano la responsabilità della cura di questi bambini hanno distrutto la loro dignità. Deploriamo questo profondamente e chiediamo perdono. Ci uniamo al dolore delle vittime e a nostra volta piangiamo il peccato. Il peccato per quanto è successo, il peccato di omissione di assistenza, il peccato di nascondere e negare, il peccato di abuso di potere». Ma il buon Francesco fa una promessa e stavolta dovrà mantenerla: “Oggi, ricordando il giorno dei Santi Innocenti, voglio che rinnoviamo tutto il nostro impegno affinché queste atrocità non accadano più tra di noi”. Ecco, rinnovare l’impegno e si coglie l’occasione per rinnovare l’indignazione, quella che un vescovo di una diocesi di Oppido-Palmi, non vuole andarsene. Non è un accanimento nei suoi confronti, ma solo un’indignazione ed un rispetto nato dalle tante parole che Papa Francesco ha pronunciato dall’inizio del suo papato.
Questo signore che comunemente si fa chiamare Vescovo, cos’ha fatto? La diciamo dura e cruda? Ma la vogliamo dire così com’è scritto nella carte processuali? Ma proprio tutta? Ecco, ha coperto un parroco che si faceva fare dei pompini (definizione di sesso orale, precisazione per i bacchettoni), da minorenni a pagamento! E questo parroco che porta il nome di Antonello Tropea gli è stata inflitta una penna a quattro anni di reclusione in primo grado.
Cosa diceva il Francesco (Milito) al parroco “malato” di sesso con minorenni? Riportiamo tutto attraverso le parole del Gip Scortecci: “Non ha adottato provvedimenti cautelativi, né di minima verifica delle accuse rivolte all’indagato, assumendo atteggiamenti particolarmente prudenti e conservativi dello status quo, dando pieno credito alla versione negatoria dello stesso accusato”, e non finisce qui perché il Francesco (Milito), consigliava a don Antonello “di evitare di parlare con i Carabinieri di queste cose e, in generale, con nessun appartenente alle forze dell’ordine, poiché questi non si limitano a parlare amichevolmente come stanno facendo loro, ma potrebbero redigere un promemoria che potrebbe far degenerare le cose”. C’è da aggiungere altro? Pare proprio di no!
Poi rifletti e pensi, ma scrivere ancora di questo vescovo non avrebbe più senso perché ogni lettera diventa morta e tutto finisce nel crepuscolo dell’oblio. E le foglie restano salde al suo posto e nessun vento riesce a farli cadere. Ma nell’imbrunire di una sera come tante, tra un discorso e qualche passo di circostanza rientra in gioco quel pensiero dove i silenzi uccidono e l’omertà è disonesta. E rifletti dialogando con Uolter della Mole, persona amica che tra una giravolta ed un piede messo male, ti fa capire che qualche parola andrebbe scritta seppur con la consapevolezza che la polvere insabbierà i ricordi. Ed allora ti chiedi, pensando ad Epicuro che è un altro amico mio e di Uolter della Mole, quando un giorno ci disse: “Ben difficile è restar nascosto per chi commette ingiustizia; impossibile poi aver fiducia di poter continuare a restarlo”. Francesco Milito, ma tu (e perdona il “tu”), quando te ne vai? Perché nella conservazione della proprio dignità, in ognuno di noi, c’è una componente con la quale molto spesso dovremmo fare i conti, si chiama Vergogna!