La guerra sconosciuta al confine con la Russia Missione umanitaria e politica di “Cantiere Laboratorio” e “Speranza” in Donbass
Migliaia di morti, migliaia di feriti ed oltre 1 milione di profughi di cui nessuno parla. Non accade lontano da noi, ma in Europa, nell’Ucraina Orientale, al confine con la Russia, nel Donbass, dove le due Repubbliche, di Lugansk e di Donetsk, di etnia e lingua russa, autoproclamatisi indipendenti attraverso un referendum popolare nel maggio 2014, sono da allora oggetto di una vile aggressione militare da parte del governo ucraino, filo-occidentale e mondialista guidato da Pedro Poroshenko con lo scopo di balcanizzare quell’area ed in prospettiva destabilizzare la Russia.
Una coltre di silenzio dei media che contano è calata su queste tragiche vicende e sulla vita di questo popolo che non ha accettato di essere privato della propria lingua, della propria cultura e della propria tradizione e per questo ha imbracciato le armi e si è difeso.
Dal 12 al 19 aprile 2017 il Presidente dell’Associazione “Cantiere Laboratorio”, Vittorio Gigliotti e il Presidente dell’Associazione “Speranza”, Irina Vikhoreva, nativa di Donetsk, si sono recati nelle due repubbliche del Donbass a portare i fondi raccolti tra amici e militanti delle due associazioni, oltre a medicinali di prima necessità. Insieme a loro ha condiviso il viaggio e la permanenza il giornalista e reporter di guerra Sebastiano Caputo. Un gesto di solidarietà e di vicinanza verso quelle popolazioni, in particolar modo verso i bambini.
Il viaggio, organizzato dalle due associazioni ha avuto anche un risvolto politico per gli interessanti incontri che i due responsabili hanno avuto, oltre alla conoscenza diretta di una realtà ben diversa da come ci è stata presentata in Italia dagli organi d’informazione filo-ucraini che considerano il Donbass come una regione occupata da truppe della federazione russa e da bande di terroristi.
La realtà, invece, che ho visto è completamente diversa. Nessun carrarmato russo o militare russo ho visto nelle due Repubbliche. Ho visto invece un popolo straordinario che ha una coscienza civica senza eguali, ancorato ai valori della propria cultura, della propria storia, amante e rispettoso della propria libertà e della propria terra. Un popolo che ha dignità da vendere e che vuole soltanto ricominciare a vivere in pace
Il primo di una serie di incontri avviene il 12 aprile, in Russia, a Rostov, con il Deputato dell’Amministrazione Locale AnatolijKotljarov, appenadopo arrivati all’Aeroporto.
Attraversiamo la frontiera in macchina con il Responsabile dei rapporti con l’Italia Andrea Palmeri che, il giorno successivo ci accompagna a Lugansk, nel villaggio di Krasnodon, a consegnare un amplificatore musicale alla Casa Famiglia dove ci sono molti orfani con il commovente spettacolo fatto per noi dai bambini, seguito da interviste di TV e media locali. Nello stesso giorno, visitiamo la scuola media di MaksimGor’kij con un altro spettacolare benvenuto degli alunni.
A Lugansk veniamo accompagnati all’Università di Taras Shevchenko, maggiore poeta ucraino, segue la visita al Centro di Cultura Italiano di cui Andrea Palmeri è responsabile, con una lezione agli studenti del corso.
Nella Repubblica Popolare di Lugansksarà Andrea ad accompagnarci e guidarci agli appuntamenti ed agli incontri che lo stesso ha predisposto per noi.Lo ha fatto con entusiasmo e generosità e con il quale nasce una stima ed una profonda amicizia.
Il 14 aprile è la voltadella Caserma dei “Lupi della Notte” dei militari motociclisti, dalla storia particolarmente affascinante. Segue la visita al Centro Ricreativo di “Vostock” dove viene donato il secondo amplificatore musicale. Partecipo successivamente alla conferenza stampa insieme al Rappresentante del Governo, il Deputato OlegKoval’ ed Andrea Palmeri, che oltre ad intervenire mi traduce dall’italiano al russo. La partecipazione alla Messa notturna della S.Pasqua nel rito ortodosso, nella Cattedrale di Lugansk, il 15 aprile anticipa la mattina seguente, giorno della S.Pasqua, la mia partenza in pullman.
Un suggestivo percorso fra le steppe, le miniere ed i villaggi distrutti contrasta con l’arrivo nella stupenda città di Donetsk, dai numerosi parchi, ai monumenti, alla pulizia, alla cortesia e gentilezza dei suoi abitanti. La vita si svolge regolarmente, non sembra vero che ad uno schioppo c’è il fronte dove si spara, si combatte e si muore.
Il 17 mattina l’incontro al Caffè “Leggenda” con il Portavoce dell’Esercito della DPR (Repubblica Popolare di Donetsk) DaniilBrezsonov e il corrispondente di guerra dell’Esercito, Mikhail Andronik. Saranno questi due uomini che ci accompagneranno nelle zone del fronte con una straordinaria cortesia e professionalità. Due giovani Ufficiali dal particolare carisma con i quali abbiamo stabilito un rapporto di amicizia e di reciproca stima, con l’augurio di rivederci presto. Nello stesso locale conosciamo il corrispondente dell’Agenzia DONI, Vittorio Nicola Rangeloni, e il corrispondente indipendente degli Stati Uniti, Patrick Lancaster.
Accompagnati dai nostri angeli custodi dell’Esercito, Daniil e Mikhail, giungiamo al Villaggio di Oktjab’skij, nei pressi di quel che resta dell’aeroporto di Donetsk, un cumulo di macerie ed uno scheletro di pilastri a qualche centinaio di metri dalle postazioni ucraine. Nelle vicinanze il semidistrutto Monastero femminile di Iver’ e l’adiacente cimitero di Novoignat’evscoe, sulle cui tombe nel 2014 passavano i carri armati ucraini.
Da lì raggiungiamo il Villaggio di “Spartak”, una volta di 3mila anime, ridotto ora a 69 abitanti oggetto quotidianamente dei “grad” ucraini. Costretti a dormire nei sotterranei-cunicoli delle case bombardate, cucinano a turno in una piccola baracca di legno la cui porta è ornata dai disegni dei bimbi nei momenti di tregua. Ovunque, in quella zona, case distrutte e macerie, compreso il ponte di Putolov, fatto saltare dall’Esercito di Donetsk per impedire ai carri armati ucraini di raggiungere la Città.
Ci spostiamo nella periferia di Donetsk e raggiungiamo un artista unico, un fabbro, Viktor Vladimir Mikhalov che trasforma il materiale bellico ucraino lanciato sul territorio di Donetsk in rose di metallo. Abbiamo concordato con lui una eventuale mostra in Italia delle sue uniche e straordinarie lavorazioni.
Il 18 aprile, sempre al solito caffè, ci incontriamo con il corrispondente di “Life News”, SerghejMacharenko, ed il corrispondente speciale sul Donbass, che mi ha intervistato, Irina Lasckevich, inviata del famoso giornalista ucraino in esilio,AnatolijSharij. Subito dopo risaliamo in macchina con Daniil e Mikhail e ci dirigiamo verso il distretto di Avdeevka, una strada molto pericolosa percorsa ad elevata velocità, nonostante le buche, per il timore di essere localizzati ed essere oggetto dei colpi dell’esercito ucraino posizionato nelle vicinanze. Raggiungiamo il villaggio isolato di Pantelejmonovka, di circa 7mila abitanti, di cui 800 bambini, seguendo il camion dell’esercito che impianta nel Parco della cittadina un piccolo parco giochi. Qui conosciamo, parliamo e ci intratteniamo con il Vice Comandante dell’Esercito della Repubblica Popolare di Donetsk, Eduard Bassurin, un uomo tutto d’un pezzo, personaggio carismatico amato dai suoi soldati. Con tranquillità dice che ha abbastanza uomini e mezzi per difendere al meglio il suo territorio, insieme a lui ci intratteniamo con il capo dell’Amministrazione locale, SvetlanaReumova, dal carattere forte e determinato.
Il 19 aprile attraversiamo le frontiere. Quel che ci colpisce sono i controlli minuziosi dei Servizi della FSB, la loro professionalità e cordialità ed…il loro sorriso nel salutarci.
Si ritorna in Italia con il ricordo di quanto abbiamo visto, della gente che abbiamo conosciuto, delle parole che ci hanno detto, le storie che ci hanno raccontato, le testimonianze crude e dure vissute sulla loro pelle, di quelle migliaia di morti di cui nessuno parla, di una guerra sconosciuta che da noi, per ordini di scuderia politico-giornalistico-economico, non deve essere conosciuta.
A noi che siamo tornati, ed abbiamo visto, il compito ed il dovere morale di “uomini liberi” di raccontarla senza censure e senza menzogne dicendo la verità.