Risparmio tradito. Anche la Svizzera non più sicura Arrestato un fiduciario di Chiasso. Avrebbe raggirato almeno una decina di clienti italiani creando un buco da 12 milioni
C’erano un tempo le banche svizzere, dove cittadini e società provenienti da ogni
parte del mondo depositavano o investivano i propri denari, frutto sovente di proventi
non leciti, convinti nella serietà, sicurezza e assoluta riservatezza della tipica
gestione elevetica. Ma dopo le aperture delle autorità nazionali resesi necessarie
dalle spinte della comunità internazionale a rendere in qualche modo consultabili
da parte delle istituzioni di altri paesi i registri dei correntisti o clienti –
processo acceleratosi, per la verità, anche a causa della famigerata “Lista Falciani”
– e dopo qualche episodio di frode a danno degli investitori, queste certezze sono
lentemente scemate e la Svizzera sta progressivamente dismettendo i panni di assoluto
paradiso mondiale per conti correnti, depositi ed investimenti. Proprio in questi
giorni, infatti, un nuovo scandalo si è abbattuto sulla piazza finanziaria d’Oltralpe,
questa volta del confinante Canton Ticino. A finire in manette il direttore della
Anirgest, una fiduciaria di Chiasso a cui vari clienti italiani avevano affidato
i propri risparmi. La storia sarebbe sempre la stessa e assomiglierebbe a tante truffe
simili realizzate in Italia o in altri paesi: per anni i clienti sarebbero stati
incentivati ad investire e rassicurati, e sarebbero stati mostrati loro rendiconti
fasulli sui quali figuravano capitali in continua crescita. La realtà sarebbe all’esatto
opposto: per ora si parla di un buco di circa 12 milioni di franchi, frutto di malversazioni
che si sarebbero protratte da tempo. Il fiduciario avrebbe anche ammesso la scomparsa
delle somme investite, ma per il momento non ha spiegato dove siano finite. Impossibile,
quindi, sapere se si tratti del classico “buco tappa buco”, o se i soldi siano
stati invece semplicemente spesi. I clienti danneggiati sarebbero almeno una decina.
L’indagine sarebbe partita proprio da uno di loro, che in febbraio ha sporto denuncia
penale. I reati ipotizzati dal procuratore pubblico Andrea Gianini sarebbero truffa,
riciclaggio, amministrazione infedele e falsità in documenti. Non resta che difendere
i diritti dei clienti, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei
Diritti” i quali hanno comunque diritto ad agire nei confronti della società
d’intermediazione per le responsabilità del proprio dipendente.