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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 01 DICEMBRE 2024

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Rischia il carcere chi installa e chiude a chiave un cancello di accesso alla scala condominiale La Cassazione conferma la condanna per esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose ad una donna che in concorso con la madre aveva reso impossibile l’accesso a lastrico solare in comproprietà: leso il possesso della controparte che accedeva per stendere i panni

Rischia il carcere chi installa e chiude a chiave un cancello di accesso alla scala condominiale La Cassazione conferma la condanna per esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose ad una donna che in concorso con la madre aveva reso impossibile l’accesso a lastrico solare in comproprietà: leso il possesso della controparte che accedeva  per stendere i panni
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Una vicenda come tante se ne vedono nei nostri condomini e che per Giovanni D’Agata,
presidente dello “Sportello dei Diritti”, merita di essere resa nota per
le conseguenze cui possono soggiacere coloro che lo ripetono, in quanto è un comportamento
che sovente viene portato alla nostra attenzione. Arriva in Cassazione a seguito
di due condanne in primo e secondo grado il caso di una uomo salentino che assieme
alla madre aveva installato un cancello di ferro e lo aveva chiuso a chiave così
da impedire l’accesso ai vicini al lastrico solare di proprietà comune ove erano
soliti stendere i panni. Per i giudici di legittimità dev’essere confermata la
condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza
sulle cose, colui che tiene questo tipo di condotta. A stabilirlo è la sentenza
40540/17, pubblicata il 6 settembre dalla sesta sezione penale che ha dichiarato
inammissibile il ricorso di un uomo, condannato in concorso con la madre sia dal
Tribunale di Lecce sezione distaccata di Casarano che in secondo dalla Corte di Appello
del capoluogo salentino grado per il reato previsto dall’articolo 392 del codice
penale per aver installato e chiuso a chiave un cancello di ferro di accesso a una
scala in comproprietà e che i vicini usavano come accesso al lastricato per poter
stendere i panni. Secondo la difesa dell’imputato che chiedeva l’annullamento
della sentenza, la condotta realizzava una «violenza manutentiva» per conservare
il suo possesso del bene per cui non era integrato l’elemento materiale del reato.
Di diverso avviso la Suprema Corte che nel rigettare il ricorso sostiene che non
è pertinente al caso in esame il riferimento al concetto di «violenza manutentiva»,
che esclude «l’arbitrarietà dell’esercizio delle proprie ragioni se il soggetto
attua un comportamento violento per mantenere il suo possesso attuale (violenza manutentiva)
o per recuperarlo nell’immediatezza dello spoglio subito (violenza reintegrativa),
perché in entrambi i casi l’ordine giuridico preesistente è conservato e non
turbato». Viene in rilievo relativamente al caso in questione che la sostituzione
di un cancelletto di legno senza chiave con un uno di ferro chiuso a chiave «non
valse a mantenere un indiscusso integrale possesso, ma lese il possesso della controparte».