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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

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Uomo cambia sesso? Corte Ue, in pensione a 60 anni come per le donne Il Regno Unito aveva detto no. Una direttiva dell’Unione vieta le discriminazioni fondate sul sesso relativamente alle prestazioni statali, incluse le pensioni di vecchiaia e di fine lavoro

Uomo cambia sesso? Corte Ue, in pensione a 60 anni come per le donne Il Regno Unito aveva detto no. Una direttiva dell’Unione vieta le discriminazioni fondate sul sesso relativamente alle prestazioni statali, incluse le pensioni di vecchiaia e di fine lavoro
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Nel 2008, quando ha compiuto 60 anni quando ormai aveva cambiato sesso nel 1995,
ha presentato domanda per una pensione statale di vecchiaia,ma ha visto respinta
la sua domanda. La causa è finita davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea:
secondo l’ Avvocato Generale Michal Bobek le condizioni poste dal Regno Unito sono
illegittime poichè in contrasto con la direttiva dell’Unione sulla parità di
trattamento tra donne e uomini. Dunque, MB è nata nel 1948, è stata registrata
alla nascita come persona di sesso maschile e nel 1974 ha contratto matrimonio. Nel
1991 ha iniziato a vivere come una donna e nel 1995 si è sottoposta a un intervento
chirurgico di mutamento di sesso. Ciò nonostante, MB non ha richiesto un certificato
completo per il riconoscimento dell’identità sessuale ai sensi della normativa
britannica poiché, all’epoca, un richiedente tale certificato che fosse coniugato
era tenuto a far annullare il proprio matrimonio dal momento che il vincolo matrimoniale
tra persone dello stesso sesso non era ammesso nel diritto del Regno Unito. MB e
sua moglie non volevano che il loro matrimonio fosse annullato.Nel 2008 MB ha compiuto
60 anni, età pensionabile per le donne nate prima del 6 aprile 1950. La stessa ha
presentato domanda per una pensione statale di vecchiaia. La sua domanda è stata
respinta in quanto, non essendo in possesso di un certificato completo di riconoscimento
dell’identità sessuale, la richiedente non poteva essere trattata come una donna
al fine di determinare la sua età pensionabile. MB ha impugnato tale decisione dinanzi
ai giudici nazionali: sostiene che la condizione di non essere coniugati costituisce
una discriminazione contraria al diritto dell’Unione. Una direttiva dell’Unione
vieta le discriminazioni fondate sul sesso relativamente alle prestazioni statali,
incluse le pensioni di vecchiaia e di fine lavoro. La direttiva prevede una deroga
a tale divieto, permettendo agli Stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione
la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e
di fine lavoro. Il Regno Unito ha esercitato tale facoltà: l’età pensionabile
per una donna nata prima del 6 aprile 1950 è di 60 anni e per un uomo nato prima
del 6 dicembre 1953 di 65.Tuttavia, all’epoca in cui MB ha portato il suo caso
dinanzi ai giudici nazionali, il sesso acquisito di una persona transgender non era
riconosciuto al fine di determinare l’età per beneficiare della pensione statale,
se la suddetta persona era e rimaneva parte di un precedente matrimonio. La Supreme
Court del Regno Unito chiede alla Corte di Giustizia se tale posizione sia compatibile
con la direttiva. Nelle conclusioni odierne, l’Avvocato Generale Michal Bobek ritiene
che la condizione, applicabile solo alle persone transgender, di non essere coniugati
per poter accedere a una pensione statale sia contraria alla direttiva. A suo avviso,
si tratta di una discriminazione diretta fondata sul sesso che non è oggettivamente
giustificata. Nel giungere a tale conclusione, l’avvocato generale procede alla
valutazione se le circostanze del caso di specie facciano sorgere una discriminazione
diretta fondata sul sesso. La discriminazione diretta è caratterizzata dalla disparità
di trattamento di un gruppo comparabile di persone a sfavore di un altro gruppo a
causa del loro “caratteristica tutelata” (in questo caso il loro sesso). L’avvocato
generale si riferisce alla giurisprudenza costante della Corte in cui è confermato
che la portata del divieto di discriminazioni fondate sul sesso comprende le discriminazioni
fondate sul mutamento di sesso. Inoltre, l’avvocato generale ritiene che il gruppo
che funge da termine di comparazione rilevante per stabilire le discriminazioni sessuali
nell’ambito del mutamento di sesso dipenda dal contesto della causa. Nella presente
causa, l’avvocato generale considera che l’adeguato gruppo che funge da termine
di paragone sono le donne cisgender, poiché l’aspetto di cui trattasi è l’accesso
alle prestazioni pensionistiche per le persone transgender passate da uomo a donna
rispetto alle donne cisgender. Infine, l’avvocato generale conclude che vi è una
disparità di trattamento in quanto lo stato coniugale non rileva per le persone
cisgender ai fini dell’accesso ad una pensione statale, mentre le persone transgender
sposate sono soggette all’obbligo di annullare il loro matrimonio.Secondo l’avvocato
generale una simile disparità di trattamento fondata sul sesso non può essere giustificata.
La discriminazione diretta fondata sul sesso è ammessa solo nei casi specifici elencati
nella direttiva. La deroga che autorizza gli Stati membri a mantenere diverse età
pensionabili per la concessione della pensione di vecchiaia tra uomini e donne non
ammette una differenza di trattamento tra le persone transgender e quelle persone
la cui identità sessuale non sia il risultato di un mutamento di sesso. Successivamente
l’avvocato generale prosegue analizzando le implicazioni più ampie di questo caso.
Egli sottolinea che le condizioni per il riconoscimento del mutamento di sesso potrebbero
essere la vera problematica della causa in esame, in contrapposizione alle condizioni
di accesso a una pensione statale di vecchiaia. L’avvocato generale riconosce che
spetta agli Stati membri determinare le condizioni alle quali è concesso il riconoscimento
giuridico del mutamento di sesso di una persona. Ciò nonostante, egli non accetta
l’argomento secondo cui ciò consentirebbe di escludere l’esistenza di un trattamento
illegittimo fondato sul fatto che la condizione di non essere coniugati non costituisce
un requisito diretto per l’accesso alla pensione statale di vecchiaia, ma un requisito
per il riconoscimento del cambiamento di sesso, le cui condizioni rientrano nella
competenza degli Stati membri. Egli spiega che, a suo avviso, un simile approccio
renderebbe l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione connesso al divieto
di discriminazione fondata sul sesso totalmente dipendente dalle diverse condizioni
stabilite a livello nazionale, il che, in definitiva, potrebbe comportare discriminazioni
per vie traverse. L’avvocato generale rammenta che gli Stati membri sono tenuti
ad esercitare le loro competenze in modo conforme al diritto dell’Unione e, in
particolare, alle disposizioni relative al principio di non discriminazione. L’avvocato
generale chiarisce che le sue conclusioni, comunque, non implicano che gli Stati
membri siano obbligati a riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
In realtà, ciò che è richiesto agli Stati membri è di rendere l’accesso alla
prestazione di cui trattasi indipendente dalla particolare condizione di non essere
coniugati. Gli Stati membri rimangono liberi di ammettere o non ammettere i matrimoni
tra persone dello stesso sesso. Infine, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello
“Sportello dei Diritti”, l’avvocato generale ribadisce che tale causa non
riguarda il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma piuttosto la combinazione
di una serie di condizioni che creano una situazione piuttosto peculiare. Detta situazione
sorge, in parte, da una deroga ad uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione,
in forza del quale è ammessa una discriminazione fondata sul sesso in relazione
all’accesso alla pensione statale di vecchiaia, che non solo è eccezionale, ma
è destinata anche a scomparire progressivamente attraverso la convergenza nel Regno
Unito dell’età pensionabile per gli uomini e le donne. Di conseguenza, anche la
radice del problema è destinata a sparire. Gli Stati membri rimangono liberi di
ammettere o non ammettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso, precisa l’avvocato
generale Michal Bobek. Ciò che è richiesto, però, è rendere l’accesso alla prestazione
indipendente dalla particolare condizione di essere o meno sposati.