“Eliminare le problematiche della pesca nella Sibaritide” Lo dichiara Salvino Santelli
“Lungo la costa ionica della provincia di Cosenza, la marineria di Corigliano è la più significativa. La flotta si compone di 38 motopescherecci, che attraccano lungo una parte del perimetro (banchina) del porto di Corigliano, 6 motobarche e circa 66 barche a remi accostate lungo l’arenile di Schiavonea. La ripartizione del naviglio a motore, attrezzato per i diversi sistemi di pesca (reti da posta fissa, palancari, sciabica o meglio “sciabbachiello” e soprattutto circuizione con lampare, che hanno rappresentato la tradizione della pesca locale sino alla trasformazione del naviglio), ha mostrato negli ultimi due decenni delle variazioni in negativo particolarmente significative. I due segmenti della flotta attuale, artigianale e a strascico, si differenziano, inoltre, per le caratteristiche tecniche e, soprattutto, per le attrezzature”.
È quanto dichiara Salvino Santelli, docente di Scienze e Tecnologie Nautiche, corso Trasporti e Logistica – Conduzione del mezzo navale, presso l’IIS Nicholas Green/Falcone e Borsellino di Corigliano. Profondo conoscitore delle politiche legate al mondo della marineria locale e, più in generale, al settore ittico e portuale, Santelli parte da una disamina dell’attuale situazione per formulare interessanti ipotesi di sviluppo dell’importante comparto economico della pesca nel solco della Città Unica.
“Per l’armamento artigianale le attrezzature sono quasi inesistenti, mentre le unità a strascico hanno attrezzature per la conservazione di prodotti ittici ed attrezzature sussidiarie per la navigazione e la pesca (radar, radiotelefono, ecoscandaglio, loran e G.P.S.). Le specie prevalentemente pescate sono: pesce azzurro, merluzzi, triglie, gamberi rosa, rane pescatrici, polpi, seppie e calamari. L’andamento di quest’attività – dichiara Santelli – è quasi costante durante l’anno e la quasi totalità del pescato è lavorato e confezionato a bordo dei natanti. Il prodotto, una volta sbarcato, segue l’iter produttore – grossista – dettagliante e solo piccoli quantitativi sono venduti direttamente dal pescatore. La flotta peschereccia di Corigliano risulta essere una realtà economica ed occupazionale non trascurabile. Per le operazioni di alaggio, varo e rimessaggio dei natanti si utilizzano cantieri nautici ubicati a diverse miglia dal porto di Corigliano, determinando dei costi molto onerosi per gli armatori. La mancanza di un’adeguata struttura portuale e cantieristica nell’area esaminata è uno dei più grossi problemi che condiziona lo sviluppo e la vita del settore. Si attendono da anni notizie circa l’utilizzazione dei cantieri nautici della Lega Navale Italiana, ubicati a ridosso banchina ovest della seconda darsena. Nell’agosto del 2000, presso il porto di Corigliano, è stato inaugurato il mercato pubblico di produzione, vale a dire una struttura annonaria e di commercializzazione del pescato, in cui viene svolta, ad opera di una società consortile, anche l’attività di vigilanza e di controllo sanitario. Si tratta di una struttura imponente e funzionale, molto bene inserita nel paesaggio dell’area portuale. Per la gestione del mercato – ricorda il docente – è stata costituita un’apposita società consortile a maggioranza pubblica, la “MER.I.S.” (Mercato Ittico Schiavonea), di cui fanno parte il Comune di Corigliano Rossano e le cooperative dei produttori. Si tratta, indubbiamente, di un traguardo notevole per lo sviluppo del settore della pesca, ma è solo un primo, se pur importante, passo in avanti. Le difficoltà che si prospettano per una vita regolare del mercato sono molteplici e se non affrontate con la dovuta efficacia rischiano di rendere vano il lavoro fin qui fatto per modernizzare e legalizzare un settore (attualmente in crisi) di vitale rilievo per l’economia non solo della Sibaritide, ma di tutto l’arco ionico. Il problema più importante è legato proprio al decollo dello stesso mercato ittico, il quale non riesce ancora a diventare un punto di riferimento certo per tutti i pescatori e i commercianti. Il pescato delle piccole imbarcazioni, che viene sbarcato prevalentemente nelle ore notturne, non affluisce al mercato e pertanto sfugge ad ogni controllo. Rimanendo in tema di pesca artigianale, uno dei problemi da risolvere è sicuramente la pesca della “sardella”, il cui divieto imposto dall’Unione Europea ha suscitato molte polemiche in quanto il “novellame” di pesce azzurro costituisce un patrimonio gastronomico secolare in molte regioni italiane che rischia di scomparire. La pesca di questa risorsa era una pesca tradizionale in regioni come Liguria, Toscana, Campania, Marche, Puglia, Calabria, Sicilia, per citare le principali, e veniva effettuata con una piccola rete a circuizione con maglia molto piccola. Oggi la “sardella” viene preparata dalle aziende conserviere con il legale pesce ghiaccio d’importazione dalla Cina, che sicuramente non ha la salubrità e le caratteristiche organolettiche proprie della “sardella” pescata nel Mediterraneo. La Regione Calabria ed il Governo Italiano dovrebbero prendere in seria considerazione questo problema, cercando di far capire, in seno al Consiglio Europeo, che la pesca artigianale della “sardella” non comporta nessun danno alle specie marine cosiddette protette, in quanto si tratta di neonata di sarda e cioè di un pesce che “nasce ricco, ma muore povero”. Quindi ad oggi, a meno che non venga dimostrato scientificamente la sostenibilità sia ambientale che per lo stock sfruttato, e quindi inserita in un piano di gestione (come avviene attualmente per il rossetto in Toscana e Liguria), la pesca della “sardella” non è consentita (Regolamenti CE 1626/94 e 1967/2006). Ciò non toglie che purtroppo, nonostante i divieti e le pesanti sanzioni, venga praticata la pesca di frodo che alimenta un vero e proprio mercato nero”.
“Il cambio di rotta – prosegue Santelli – è necessario ed essenziale per la salvaguardia e lo sviluppo del settore pesca, ed una delle grandi opportunità che il futuro ci riserva è proprio la valorizzazione e diversificazione della pesca artigianale, che deve diventare uno dei fattori attrattivi per lo sviluppo turistico costiero. La pesca ed il suo indotto risultano essere per tradizione, cultura ed economia una cospicua fonte di reddito per tanti calabresi e sibariti in modo specifico. Le giovani generazioni dovrebbero avere un approccio diverso rispetto a tale attività, rendendola redditizia e fruibile a tutti, attraverso la rivalutazione dei metodi di pesca tradizionali e la costituzione di imprese di pesca-turismo, itti-turismo ed acquacoltura. È di questi giorni la buona notizia riferita al mondo della piccola pesca locale, infatti il nuovo consorzio pubblico-privato FLAG – I Borghi Marinari dello Ionio – ha pubblicato, attraverso lo strumento FEAP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), 4 nuove misure (http://www.flagborghidelloionio.it/bandi-e-avvisi/) utili per migliorare la sostenibilità sociale, economica e ambientale dei mari e delle coste, sostenendo i progetti locali, le aziende e le comunità in loco. Per tali ragioni, risulta vantaggioso intraprendere sin da subito un percorso che vada in tale direzione, con un approccio diverso, nuovo, positivo, coinvolgendo tutti gli attori interessati affinché cambi la mentalità e prevalga la speranza e la lungimiranza per una nuova imprenditoria turistica costiera”.